lunedì 31 agosto 2015

L’Austria rafforza i controlli al confine con l’Ungheria

Controlli alla frontiera a Siegenedorf, in Austria, il 31 agosto 2015. (Peter Nyikos, Epa/Ansa)

Le autorità austriache hanno arrestato cinque presunti trafficanti di esseri umani in un’operazione di pattugliamento del confine con l’Ungheria, rafforzato dopo la scoperta il 27 agosto di un camion con 71 migranti morti, abbandonato sull’autostrada vicino alla frontiera. La polizia austriaca ha trovato più di duecento migranti che viaggiavano all’interno di diversi veicoli durante la notte.

Il 30 agosto l’Austria ha aumentato i controlli alla frontiera, soprattuto verso i mezzi più grandi che possono essere usati dai trafficanti. La ministra dell’interno austriaca Johanna Mikl-Leitner ha detto: “Ci siamo accorti che i trafficanti usano metodi sempre più brutali e stiamo cercando di implementare misure più dure”. Anche le autorità tedesche hanno introdotto controlli alla frontiera con l’Austria.

La polizia austriaca ha fermato anche diversi treni diretti in Austria dall’Ungheria, i treni trasportavano centinaia di migranti verso l’Austria.

Intanto il premier francese Manuel Valls ha confermato che Parigi costruirà un campo per 1.500 migranti a Calais entro il prossimo anno. Al momento 1.500 persone dormono a Calais in condizioni disumane in un accampamento di fortuna, in attesa di attraversale il tunnel che collega la Francia al Regno Unito.

Fonte: Internazionale

domenica 30 agosto 2015

Buone notizie sull’epidemia di ebola

La Sierra Leone ha dimesso il suo ultimo paziente, il numero dei contagi continua a diminuire in tutta l'Africa occidentale

Operatori sanitari in un centro medico di Conakry in Guinea (CELLOU BINANI/AFP/Getty Images)

Negli ultimi mesi la situazione relativa all’epidemia di ebola in Africa è molto migliorata rispetto a un anno fa. Ci sono comunque ancora alcune cautele nel dichiarare ufficialmente l’emergenza finita, ma la diminuzione del numero di pazienti sta permettendo alle strutture sanitarie di occuparsi con maggior cura e attenzione di chi è ancora malato, riducendo ulteriormente i rischi di contagio.

All’inizio della settimana in Sierra Leone è stata festeggiata la dimissione dell’ultima paziente guarita da ebola nel paese, e per la prima volta in più di un anno non ci sono più persone in Sierra Leone in cura per ebola e nessun nuovo caso confermato della malattia. Martedì 25 agosto l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha fatto partire il conteggio dei 42 giorni necessari per dichiarare ufficialmente finita l’epidemia nel paese, dove si era registrato il numero più alto di contagi. Grazie agli sforzi compiuti soprattutto lo scorso anno per affrontare il picco dell’emergenza, la Sierra Leone ha a disposizione un numero ormai sufficiente di posti in ospedale e in altre strutture mediche attrezzate per isolare eventuali nuovi pazienti, evitando che si possano verificare contagi con la facilità con cui erano accaduti nel 2014.


Nel suo ultimo bollettino, l’OMS ha segnalato che nella settimana finita il 23 agosto ci sono stati tre soli nuovi casi di ebola, tutti e tre registrati in Guinea nell’area di Ratoma, che fa parte della capitale Conakry. Un caso riguarda un tassista di 40 anni e sono quindi in corso le ricerche per mettersi in contatto con i suoi clienti, che negli ultimi giorni potrebbero essere stati contagiati. Le autorità sanitarie stanno inoltre monitorando circa 600 persone per assicurarsi che non sviluppino sintomi riconducibili a ebola. In Liberia, invece, nello stesso periodo di riferimento non ci sono stati nuovi casi: gli ultimi pazienti senza più segni di ebola sono stati dimessi a fine luglio.


I dati complessivi sull’epidemia di ebola iniziata lo scorso anno nell’Africa occidentale sono comunque impressionanti. I casi totali di contagio sono stati 28.005 tra confermati, probabili e sospetti, e hanno interessato soprattutto Guinea, Liberia e Sierra Leone. Tra i contagiati sono morte 11.287 persone con una distribuzione più o meno uguale tra uomini e donne. Il paese in cui sono morte più persone a causa di ebola è la Liberia con 4.808, seguita dalla Sierra Leone con 3.952 e dalla Guinea con 2.527. Il maggior numero di contagi è stato registrato in Sierra Leone, con quasi la metà di tutti quelli rilevati durante l’epidemia (13.541). A causa di ebola sono morte anche 8 persone in Nigeria, 6 nel Mali, e una negli Stati Uniti che proveniva dalla Liberia.


Proprio in Liberia la situazione sembrava essere migliore rispetto ad altri paesi dell’Africa occidentale: il paese era stato dichiarato libero da ebola il 9 maggio scorso dall’OMS, al termine dei 42 giorni consecutivi in cui non erano stati registrati nuovi casi. Era poi iniziato un periodo di controllo di tre mesi per assicurarsi che non sfuggissero nuovi contagi ma a fine giugno è stata rilevata la morte di una persona, risultata poi positiva ai test che permettono di identificare la presenza del virus ebola. Le ricerche hanno permesso di identificare cinque persone entrate in contatto con quella malata che hanno a loro volta contratto il virus: una è morta, mentre altre quattro sono state dimesse di recente dopo avere ricevuto assistenza medica per tenere sotto controllo il virus.

A distanza di quasi due anni dai primi casi, i ricercatori sono ancora al lavoro per ricostruire con certezza quale possa essere stato il primo focolaio della malattia che ha poi portato all’epidemia nell’Africa occidentale. Uno dei primi casi certi è stato registrato nel dicembre del 2013 nei pressi di Guéckédou, tra le foreste della Guinea poco distante dal confine con Liberia e Sierra Leone. Le persone che erano venute in contatto con quella malata hanno permesso al virus di diffondersi in altre aree rurali, dove era difficile tenere sotto controllo il contagio. A marzo del 2014 i casi in Liberia erano almeno 8 e in Sierra Leone 6. Si iniziò a parlare di emergenza a giugno dello scorso anno quando furono stimate almeno 759 infezioni e la morte di oltre 450 persone in tutta l’Africa occidentale. Il picco fu raggiunto nei mesi seguenti, portando al più grande contagio nella storia di ebola.

Il virus ebbe una rapida diffusione anche a causa della scarsa preparazione delle autorità sanitarie locali sia dal punto di vista delle strutture per l’accoglienza, sia sulla possibilità di intervenire nei villaggi dove si verificavano i primi contagi. Come spiegano sull’Economist, per motivi economici molti paesi dell’Africa occidentale non spendono grandi risorse per la sanità: fatte le proporzioni dovute al potere di acquisto, la Sierra Leone spende meno di 300 dollari a persona per la sanità, la Spagna dieci volte tanto. Negli Stati Uniti ci sono 245 medici ogni 100mila pazienti, in Guinea ce ne sono 10. Questa condizione ha avuto un impatto sensibile sullo stesso personale sanitario, che in molti casi non aveva strumenti e protezione adatti per curare i pazienti senza essere contagiato. Dall’inizio dell’epidemia, si stima che siano rimasti contagiati almeno 881 operatori sanitari e che 512 di questi siano morti.

Nelle prossime settimane l’OMS si coordinerà con i governi di Liberia, Guinea e Sierra Leone per continuare a monitorare la situazione: nel complesso è oggettivamente migliorata rispetto a un anno fa, ma saranno necessari ancora molti mesi per dichiarare finita del tutto l’emergenza legata a ebola, come ha dimostrato il caso della Liberia.

Ebola fu identificato per la prima volta nella Repubblica Democratica del Congo nel 1976. Il virus causa febbre, vomito, disturbi intestinali con forte disidratazione ed emorragie interne, che possono causare la morte. Non esiste un vaccino per evitare di ammalarsi, né una cura efficace con farmaci per ridurre al minimo gli effetti del virus. Di solito quando viene diagnosticata la malattia si viene ricoverati e messi in isolamento, per evitare il contagio di altre persone. Dopodiché vengono avviate terapie per ridurre il più possibile la febbre, mantenere idratati i pazienti e tenere sotto controllo il decorso della malattia. Chi guarisce lo deve principalmente al proprio sistema immunitario, che riesce a superare l’infezione e a rendere innocuo il virus, come avviene dopo qualche giorno per un’influenza. In sostanza, molto della guarigione dipende dalle condizioni di salute generali di ogni individuo, dall’età (più si è giovani meglio è) e da numerose altre variabili a livello genetico: come per le altre malattie virali.

Fonte: Il Post

sabato 29 agosto 2015

Ora basta!


Ogni giorno mi sveglio e leggo solo cronaca che non vorrei mai leggere. In un tir abbandonato lungo un'autostrada austriaca vicino al confine con la Slovacchia e l'Ungheria, hanno trovato più di settanta corpi senza vita, tra cui donne e bambini. Oggi altri due barconi carichi di migranti sono affondati nel Mediterraneo, al largo delle coste libiche con oltre 200 morti.

Sono numeri che girano da mesi e mentre l'Europa e l'Italia alzano muri, vite umane si spezzano durante i viaggi della speranza. La speranza, questo termine che spesso si usa, ma pochi realmente conoscono il vero significato. Viviamo in un’epoca di egoisti e falsi buonisti, senza pietà verso la povera gente e adulatrice dei potenti, veri carnefici del mondo.

Sono stanco di leggere commenti che fanno vomitare dai fans di Salvini e Casapound, parlano sempre d'invasione, ma d'altronde quando uno ha la pancia piena e non vive in paesi dove si muore, non può capire nulla.

Tutti vogliono un cambiamento, ma come sarà mai possibile se uno non inizia a cambiare prima dentro di se? 

Prima dei beni materiali vengono le persone, essere migrante non è un reato, anzi dovrei essere libero di vivere in tutto il mondo in qualsiasi luogo. I confini sono stati inventati dagli uomini, ma la natura non li riconosce e se non si ha rispetto verso gli altri e il pianeta stesso, sicuramente presto ci estingueremo.

L'odio porterà alla distruzione del mondo e non si può pretendere diversamente, ora fermiamoci un po' a riflettere e diciamo basta a tutte le forme di discriminazione.

Vincenzo Cavaliere

Fonte: Web sul blog

Sono almeno 70 i migranti trovati senza vita in un camion in Austria

Si tratta di migranti siriani che erano diretti verso il nord Europa. Tre uomini bulgari, accusati di essere i conducenti del mezzo, sarebbero stati fermati in Ungheria

Uomini della polizia austriaca ispezionano il camion in cui sono stati trovati i corpi di 70 persone. Credit: Heinz-Peter Bader

I migranti ritrovati senza vita all'interno di un camion frigorifero giovedì 27 agosto in Austria, lungo il confine con l'Ungheria, sarebbero almeno 70, tra cui otto donne e quattro bambini.

Il camion era parcheggiato nella corsia d'emergenza dell'autostrada A4 che collega le città austriache di Neusiedl e di Parndorf, nella regione del Burgenland, nell'est del Paese.

Secondo quanto riporta la polizia locale, le vittime erano migranti siriani in viaggio dall'Ungheria verso il nord Europa. I loro corpi sono stati rinvenuti in stato di decomposizione.

Nella giornata di giovedì 27 agosto il numero delle persone trovate senza vita a bordo del camion era ancora incerto ed era stato dichiarato che si trattava di almeno 20 migranti. Oggi, venerdì 28 agosto, la polizia austriaca ha confermato che i morti sarebbero almeno 70.

Il capo della polizia locale ha affermato che il veicolo sarebbe entrato in territorio austriaco, attraverso il confine ungherese di Hegyeshalom, con al proprio interno i corpi già senza vita. Le persone, contenute nel vano frigorifero del camion, sarebbero morte almeno un giorno e mezzo prima del loro ritrovamento.

La polizia austriaca ha ispezionato il mezzo nella mattinata di giovedì 27 agosto verso le ore 11, dopo che quest'ultimo era stato precedentemente segnalato in sosta sulla corsia di emergenza dell'autostrada lo stesso giorno. Tre uomini di nazionalità bulgara sarebbero stati arrestati in Ungheria perché sospettati di essere i conducenti del veicolo.

Sul camion era presente il marchio di un'azienda slovacca, che ha tuttavia affermato di non essere più proprietaria del mezzo, registrato con una targa ungherese. La polizia austriaca sostiene che il camion sia partito mercoledì mattina da un'area a sudest della capitale ungherese Budapest.

Fonte: The Post Internazionale

venerdì 28 agosto 2015

Migranti, Angela Merkel cambia direzione

La Germania e la cancelliera Merkel aprono al tema profughi: vitto e alloggio in terra tedesca e Convenzione di Dublino sospesa.


Questa volta, così pare, l’Italia e tutti i Paesi che fungono come approdo per i disperati fuggiaschi provenienti dal sud del mondo, avranno finalmente manforte e aiuto nella gestione dell’emergenza migranti. Il premier italiano, Renzi, ha accolto la notizia con favore ma anche con una certa critica: infatti, ha detto che l’intervento del Governo tedesco – pur accolto con soddisfazione – è legato a un fatto contingente. Ovvero, secondo il suo punto di vista, l’intervento tedesco è legato al fatto che vede i tedeschi toccati direttamente dalle problematiche dei profughi. Comunque, come recita un adagio sempre in voga, meglio tardi che mai.

Fino a qualche tempo fa, verosimilmente, la Cancelliera non voleva intervenire perché pensava – insieme ai suoi parlamentari –, che il tema fuggiaschi fosse di pertinenza dei paesi presi d’assalto direttamente dagli esuli. Insomma, la signora Merkel era convinta che ogni Nazione, per ragioni geografiche, culturali, etc., abbia dalla sua dei pro e dei contro. L’Italia, all’interno di questa visione del mondo, sarebbe penalizzata dal fatto di essere un ponte naturale sul quale i fuggiaschi avviano le loro speranze e i loro passi diretti verso i paesi nordici. Quindi, e secondo quest’ottica, non avrebbe colpa nessuno se geograficamente lo stivale italico è quello che è. Ovviamente, se questa tesi ha qualche chance per somigliare alla realtà dei fatti, deve essere successo qualcosa se il Governo tedesco ha rivalutato la concezione precedente.

Infatti, qualcosa è successo; ed è qualcosa legato ai numeri. Berlino si è allarmata perché la portata dell’esodo che confluisce direttamente in terra tedesca è ormai bisognosa di essere monitorata e gestita in maniera precisa. Le persone indigenti provenienti dal mare ostile non sono più parte – perlomeno, non solo – dei telegiornali che parlano degli sbarchi nella ‘lontana’ Sicilia, nella ‘distante’ Italia o, comunque, nei Paesi mediterranei: quelli che chiedono aiuto, ora, bussano alle porte nibelunghe. Sulla Germania si stanno riversando migliaia di persone che pensano di potercela fare : al fenomeno ‘normale’ degli immigrati in cammino verso i paesi nordici, bisogna sommare anche quello irregolare e nascosto (per la quale non esiste una stima ufficiale), e i ricongiungimenti famigliari. Purtroppo, il contatto tra i nativi e i nuovi arrivati, non è all’insegna, per diverse ragioni, della mera cordialità: già alla fine del 2014 sono esplose manifestazioni d’intolleranza contro questi ultimi, sentimento sostenuto con vigore dall’estrema destra tedesca. Questo stato di cose, in Germania, ha portato un moto di malcontento verso il Governo che intendeva, in città container e nelle periferie urbane, accogliere i migranti.

Nel fine settimana scorso, a Heidenau, in Sassonia, sono successi dei tafferugli e scontri importanti con le forze dell’ordine. La ragione: l’insediamento dei profughi nell’ostello del paese era inviso a un centinaio di estremisti di destra (appoggiati da cittadini locali). A Nauen, situata nel Brandeburgo, è andata pure peggio: un centro profughi, durante la notte, è andato in fiamme. E’ una situazione che non giova alla signora Merkel che, in questo frangente delicato, deve tenere a bada un attacco mediatico e politico, che ha bisogno di uno scudo convincente per resistere ai fendenti che i suoi detrattori agitano sulla sua figura.

Fonte: Blasting News Italia

Trovati duecento cadaveri al largo della Libia

Uno dei corpi recuperati dalla guardia costiera libica davanti alle coste di Zuwara, in Libia, il 27 agosto. (Mohamed Ben Khalifa, Ap/Ansa)

Circa duecento cadaveri di migranti sono stati individuati dalla guardia costiera libica davanti alle coste di Zuwara il 27 agosto, dove ieri due imbarcazioni sono naufragate. Non è possibile verificare con fonti indipendenti i numeri delle operazioni di soccorso della guardia costiera libica. Cosa sappiamo finora:

  • Il 27 agosto due imbarcazioni hanno lanciato una richiesta di aiuto al largo di Zuwara, in Libia. Una aveva a bordo circa 50 persone, mentre la seconda che è affondato molto dopo, portava 400 passeggeri.
  • Secondo la guardia costiera libica, i corpi di 40 persone sono stati trovati all’interno della stiva di un barcone che si è arenato su una spiaggia, mentre circa 160 corpi galleggiavano in mare.
  • I corpi “sembrano di migranti provenienti dall’Africa subsahariana, dal Pakistan, dalla Siria, dal Marocco e dal Bangladesh”, afferma un responsabile della sicurezza libica.
  • Sono state tratte in salvo duecento persone, secondo la guardia costiera libica. Ma questa notizia non è stata confermata.
  • Secondo la Reuters, cento corpi sono stati portati all’ospedale di Zuwara, mentre 147 persone sono state portate nel carcere per migranti irregolari di Sabratha, vicino a Tripoli.
  • Quest’anno 2.400 persone sono morte mentre provavano ad attraversare il Mediterraneo.

Fonte: Internazionale

giovedì 27 agosto 2015

Cosa ha deciso il governo su Roma

Il sindaco Ignazio Marino resta al suo posto ma il prefetto Franco Gabrielli avrà più poteri in vista del Giubileo; il municipio di Ostia sarà sciolto per infiltrazioni mafiose

FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images

Durante il Consiglio dei ministri convocato oggi giovedì 27 agosto (il primo dopo la pausa estiva) si è parlato della situazione di Roma, che si è fatta sempre più complicata a partire dall’inchiesta “Mafia Capitale” e dopo altri recenti episodi che hanno causato molta indignazione e contribuito a rendere più fragile la posizione del sindaco Ignazio Marino. Tra le altre cose, sono state prese misure straordinarie per la gestione del Giubileo, che di conseguenza avranno un effetto diretto sulla gestione dell’amministrazione di Roma.

Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha presentato la sua relazione indicando diversi punti per affrontare la situazione. Non si prevede né che Marino venga rimosso né che il comune di Roma sia sciolto per mafia. Saranno però messi sotto osservazione almeno tre dipartimenti del comune, i più coinvolti nell’inchiesta (casa, affari sociali e ambiente), e ci saranno nuovi regolamenti per l’affidamento di lavori e servizi. È previsto anche un controllo sulla divisione che si occupa degli acquisti del comune, nonché una revisione di molti contratti ancora esistenti e ritenuti sospetti. Nell’iniziativa rientra anche l’AMA, l’azienda che si occupa della gestione dei rifiuti. Il Consiglio dei ministri ha invece deciso lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del X Municipio, quello di Ostia.

Un’altra questione di cui si è parlato è quella del Giubileo straordinario, che avrà inizio il prossimo 8 dicembre. Se non si può parlare di commissariamento vero e proprio del comune, ci sarà comunque uno spostamento di deleghe e competenze dal Comune alla prefettura, con il diretto coinvolgimento del prefetto Franco Gabrielli: un meccanismo simile a quello adottato negli ultimi mesi di preparazione di EXPO 2015 a Milano con un controllo dell’Autorità anticorruzione. Gabrielli è stato nominato coordinatore del governo per l’organizzazione e la gestione del Giubileo, ma di fatto avrà responsabilità anche per quanto riguarda l’amministrazione dello stesso comune, occupandosi tra le altre cose di accoglienza e trasporti. Alfano ha spiegato: «noi siamo a buon punto grazie al Dipartimento di pubblica sicurezza, che pianifica e organizza con la consueta efficacia l’evento».

Fonte: Il Post

Omicidio in diretta, abbiamo il diritto di vedere senza sentirci colpevoli

Quel che possiamo fare è cercare di essere onesti con noi stessi e con chi ci legge, offrendo ogni strumento possibile per comprendere e interpretare

Francesco Cancellato


La notizia, più o meno, è questa: ieri a Roanoke, in Virginia, sono morti la giornalista Alison Parker e il suo cameraman Adam Ward, per mano di un loro ex collega di nome Vester Lee Flanagan, mentre stavano lavorando. Alison e Adam, sono due delle 8512 persone morte nel solo 2015, nei soli Stati Uniti d'America, per colpi d'arma da fuoco.

Fosse stata questa, la notizia, forse non ci avrebbero aperto giornali e telegiornali in America, figurarsi in Italia. Il problema è che la notizia era un’altra: che a Roanoke, in Virginia, Alison Parker e Adam Ward sono morti durante una diretta televisiva. Che lui stava filmando lei che stava intervistando una persona. Che sentono dei colpi d'arma da fuoco. Che la faccia di Alison diventa una maschera di terrore. Che l'inquadratura si accascia, e con lei Adam. Che quella sequenza sembra un film, o un videogioco.

Nemmeno questo dettaglio - la diretta tv - sarebbe tuttavia bastato a far diventare un piccolo caso di cronaca nera locale in un argomento di discussione su scala globale, se non ci fossero stati i social network. È attraverso Facebook e Twitter che i media americani hanno cominciato a diffondere i video dell'episodio. Ed è attraverso gli stessi canali che Vester Lee Flanagan ha cominciato a postare video in soggettiva del suo gesto. È così, soprattutto, che volenti o nolenti abbiamo finito per occuparcene, come giornalisti e come utenti che bazzicano quello strano ipermondo che si chiama internet.

Partiamo dai media. C'è chi quei video non l'ha mostrato al proprio pubblico, soprattutto grandi e autorevoli media come The New York Times, The Guardian, Le Monde. C'è chi come Vox.com (o anche come Linkiesta, in una breaking news, ndr) ha mostrato solamente il primo dei due video, quello della diretta televisiva, dandogli più o meno risalto nel contesto della notizia. Chi come i più grandi e autorevoli giornali di casa nostra, Corriere della Sera, Repubblica, e la Stampa ha pubblicato tutto.

La discussione sul ruolo dei media nel trattare contenuti scabrosi è nata in funzione di tali scelte divergenti. Corriere, Repubblica e Stampa, come spesso accade, sono stati un ottimo bersaglio. L'accusa principe - riassunta, per semplicità, prendendo a prestito la definizione che ne ha dato il blogger Massimo Mantellini - è quella di “giornalismo degli squali”, «quelli che hanno scelto di frugare dentro il calderone dei contenuti in rete trasformandolo nella propria attività principale». Dall'altra parte, invece, «i guardiani dell’informazione, quelli che credono che sia giusto ed economicamente conveniente offrire ai lettori un punto di vista organico, un filtro, un’interpretazione». E che, quindi, non hanno pubblicato la sparatoria di Roanoke, rinunciando a qualche clic in più.

Da questa vicenda, a uscirne bene, è chi non ha pubblicato il video. Ci ha guadagnato in reputazione, probabilmente anche in clic, e adesso può pontificare su chi invece ha preso la decisione opposta. Cinicamente, si trova anche nella condizione di poter tranquillamente trattare la notizia - lo ripetiamo: che senza video sarebbe stata di rilevanza globale - senza essersi sporcato le mani. Se può farlo - come lo stanno facendo ora il Guardian e il New York Times - è perché altri se le sono sporcate. Perché i loro lettori, quei video, li hanno visti altrove.

Eccoci al punto. Sbaglia chi dice che i due video non aggiungono nulla alla notizia. Quei video sono la notizia. Sono il punto cruciale della sua comprensione. Perché «sono estremamente disturbanti - come dice Vox.com nel suo articolo - ma mostrano anche la realtà della violenza da armi da fuoco». Perché, aggiungiamo noi, senza vederli, non si può cogliere né il potenziale ipnotico della morte in diretta, né tantomeno si può comprendere il potere di amplificazione esponenziale dei social media, la loro capacità di imporre l'agenda, a colpi di clic, like e retweet, a chi dovrebbe avere le mani sul timone dell'informazione.

Non è compito nostro dire se sia bene o male. Non crediamo di essere guardiani dell'informazione, figurarci se pensiamo di esserlo della morale. Quel che possiamo fare è cercare di essere onesti con noi stessi e con chi ci legge, offrendo ogni strumento possibile per comprendere e interpretare la realtà. Anche il più disturbante, se necessario. Con buona pace degli stomachi deboli, delle mani pulite e dei ditini alzati.

Fonte: Linkiesta.it

mercoledì 26 agosto 2015

Due giornalisti americani uccisi in diretta tv

Un uomo ha aperto il fuoco durante una diretta televisiva uccidendo due reporter americani di un canale locale dello stato del Viriginia WDBJ7

Una scena dell'attacco in cui sono morti i due giornalisti

Un uomo armato ha aperto il fuoco durante una diretta televisiva nello stato americano del Virginia, causando la morte di due reporter.

La giornalista americana Alison Parker, di 24 anni, e il cameraman Adam Ward, di 27, sono rimasti uccisi nella sparatoria.

Il governatore della Virginia Terry McAuliffe ha detto a un'emittente radiofonica locale che il presunto attentatore sarebbe un ex impiegato del canale televisivo dove lavoravano i due giornalisti, aggiungendo che non si tratta di un caso di terrorismo.

Il presunto attentatore sarebbe stato identificato dalla polizia come Vester Lee Flanagan II, un "uomo nero dalla pelle chiara" di 41 anni. Flanagan è alto 1 metro e 90, e pesa circa 113 chilogrammi. Il sospetto sarebbe alla guida di una Mustang grigia del 2009.

LE PRIME RICOSTRUZIONI

La giornalista Parker stava intervistando Vicki Gardner, capo della Camera di commercio della regione di Smith Mountain Lake. Gardner è rimasta ferita gravemente e al momento si trova in sala operatoria.

La diretta televisiva era in onda su WDBJ7, un canale locale del piccolo villaggio di Moneta, nei pressi di Smith Mountain Lake, in Virginia. L'attacco è stata parzialmente trasmesso in diretta ed è avvenuto alle 6:45 di mattina ora locale, nel centro commerciale di Bridgewater Plaza, il più grande della regione.

L'attentatore è ancora in fuga, ma 40 poliziotti sono sulle tracce dell'uomo. Le scuole di Moneta sono state chiuse per precauzione.

CHI ERANO I DUE GIORNALISTI

La giornalista Parker aveva iniziato a collaborare con la stazione come tirocinante, dopo essersi laureata alla James Madison University nel 2012. Da maggio stava lavorando come inviata per il notiziario mattutino. Era fidanzata con un suo collega, Chris Hurst.

Adam Ward era un fotoreporter e lavorava con il canale televisivo WDBJ7 dal 2011. Era fidanzato con Melissa Ott, che lavorava per la stessa emittente.

Il general manager di WDBJ7, Jeff Marks, ha raccontato l'episodio ai reporter locali: "Qualcuno con una pistola, probabilmente un uomo, li ha aggrediti e ha sparato diversi colpi, sei o sette. Abbiamo sentito delle urla, e poi più nulla, perché la telecamera è caduta a terra".

Per precauzione, anche nella città di New York sono state inviate delle pattuglie di agenti presso le sedi di diverse emittenti televisive.



(Nella foto qui sotto: i due giornalisti rimasti uccisi nella sparatoria in diretta televisiva, rispettivamente Alison Parker e Adam Ward)


Fonte: The Post Internazionale

martedì 25 agosto 2015

I funerali di Casamonica si potevano evitare?

I sacerdoti coinvolti ripetono: «Il funerale non si nega a nessuno». Ma non è proprio così, il codice di Diritto Canonico parla chiaro


I funerali di Vittorio Casamonica si potevano evitare? Alla domanda fanno spallucce i sacerdoti coinvolti, quelli della chiesa di San Giovanni Bosco dove è stato celebrato il funerale, e quello di San Girolamo Emiliano, parrocchia di appartenenza del boss della famiglia che, nel patto di Mafia Capitale, aveva libertà di movimento a Roma Sud. “Si condanna il peccato, non il peccatore”, ha ripetuto oggi a Sky Tg 24 il sacerdote della piccola parrocchia di via Bellico Calpurnio: “Bisogna avere la misericordia di Gesù sulla croce”; “non faccio parte delle forze dell’ordine, non devo certo arrestare i Casamonica”, aveva detto, in precedenza, il sacerdote del quartiere Don Bosco, nella basilica del quale si sono tenute le sontuose esequie: “Lo rifarei”.

I FUNERALI DEI CASAMONICA SI POTEVANO EVITARE? Il sacerdote della basilica al Tuscolano, riportavano le cronache all’indomani dell’evento, si era premurato di chiedere, genericamente, una cerimonia poco vistosa, e non si era preso alcuna responsabilità per quanto accaduto sulla piazza antistante la basilica. D’altronde, si sente dire, il funerale è un sacramento per la religione cattolica, e non può essere negato ad un fedele cattolico che lo chieda; ma in realtà, nei giorni scorsi, sacerdoti ed esperti hanno precisato quanto questa ricostruzione sia lontana dalla realtà e sopratutto dal Diritto Canonico. Uno dei primi a porre il problema è stato don Dino Pirri, uno dei volti della Tv della Cei Sat 2000.
In effetti, come spiega lo stesso Pirri in una successiva intervista alla Stampa, i motivi per evitare il funerale pubblico e regolare erano moltissimi. Il principale è quello riportato dal vaticanista del Fatto Quotidiano online, Francesco Grana.
Dunque il diritto canonico vieta, pone un’esplicita proibizione sul funerale cattolico ai “peccatori manifesti”, quali chiaramente sono i mafiosi che, ha ricordato Giacomo Galeazzi sulla Stampa, sono stati recentemente scomunicati in maniera ufficiale da Papa Francesco in persona.

LEGGI ANCHE: Funerali Casamonica, per Roma le regole di una città di mafia

COSA DICE IL DIRITTO CANONICO - Ribadisce il concetto il sacerdote antimafia Don Pino de Masi, che collabora con Libera nella piana di Gioia Tauro: “Noi dobbiamo iniziare a seguire il codice del diritto canonico che vieta le esequie ai peccatori che non diedero alcun segno di pentimento”.

E rincara ulteriormente oggi l’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, ricordando che le modalità di celebrazione del funerale dei Casamonica siano state molto simili a quelle di tante altre famiglie mafiose nel sud italia.

Attraverso un’impresa di pompe funebri, il clan aveva prenotato il funerale con il viceparroco alla Chiesa Madre. Ho fatto in tempo a saperlo e a a proibirlo. Ho autorizzato le esequie solo per gli stretti familiari nella cappella del cimitero. La famiglia protestò e mi minacciò. Le forze dell’ordine hanno sorvegliato la situazione. È inammissibile celebrare un mafioso come fosse un eroe

Quindi il sacerdote poteva, e in un certo senso doveva, negare la celebrazione sacramentale del rito. Come ha scelto di fare per Piergiorgio Welby, che in quella stessa chiesa aveva chiesto la cerimonia funebre, vedendosela negata.

LA VIA DI MEZZO - C’era una via di mezzo fra il negare il funerale e il celebrarlo in maniera regolare? Sì, c’era, e si può prendere ad esempio il caso – che fece altrettanto scalpore – del funerale di Erich Priebke, il boia delle Fosse Ardeatine, sospeso per motivi di ordine pubblico dopo i tafferugli fra gli esponenti dei centri sociali e quelli di estrema destra. In quel caso, la congregazione dei preti lefevbriani che aveva accettato di officiare le esequie del “capitano” aveva organizzato, su richiesta del procuratore del defunto e della famiglia, una cerimonia molto privata in una cappella a disposizione della congregazione: forse il parroco o il vescovo potevano almeno provare a consigliare una soluzione del genere? Le parole del vescovo siciliano suggeriscono ulteriormente che l’autorità episcopale poteva autorizzare soltanto una cerimonia in minore, se fosse stata debitamente informata; ma non è chiaro nemmeno se e quanto in Vicariato fossero informati di quanto stava avvenendo a Roma Sud.

Fonte: Giornalettismo

Attentato in Nigeria, una ragazza si è fatta esplodere uccidendo altre cinque persone


Un ragazza di 14 anni si è fatta saltare in aria stamattina vicino alla stazione degli autobus di Damaturu, nel nordest della Nigeria, cuore dell’insurrezione armata jihadista di Boko haram. “Alle 7.40 circa, una giovane donna di circa 14 anni ha detonato un ordigno esplosivo nella stazione centrale degli autobus. Sei persone sono morte compresa l’attentatrice”, ha detto un portavoce della polizia citato dalla Reuters.

I testimoni hanno raccontato che la giovane avrebbe tentato di entrare nella stazione degli autobus ma, respinta dalle guardie per non essersi lasciata perquisire, si è fatta saltare in aria, uccidendo se stessa e altre cinque persone a bordo di un taxi in transito. La polizia ha riferito di un secondo attacco dieci minuti dopo poco lontano, nel quale l’attentatore si è suicidato senza uccidere nessun altro, con un passante leggermente ferito.

Fonte: Internazionale

Immigrazione: Europa incapace di trovare una soluzione condivisa

Fronte comune di Francia e Germania contro Italia e Grecia, mentre l'Ungheria ha quasi terminato il muro anti-immigrati.


L'Europa, di fatto, non riesce a trovare mai una soluzione condivisa sui problemi importanti. A testimoniarlo l'ennesima bagare tra Stati membri sull'urgente questione dell'immigrazione. La cancelliera tedesca, Merkel, e il presidente francese, Hollande, si sono riuniti ieri a Berlino in un vertice bilaterale, al termine del quale, durante la conferenza stampa, non hanno fatto altro che attaccare Italia e Grecia, in quanto troppo lente nell'attivazione dei centri di registrazione.

I due leader, inoltre, hanno ribadito con forza che il riconoscimento deve avvenire nel Paese dove gli immigrati sbarcano. E se Francia e Germania, in sostanza, scaricano il peso maggiore sugli italiani e i greci, la Gran Bretagna, attraverso il vice ministro per l'Immigrazione, James Brokenshire, fa sapere che attiverà qualsiasi misura, possibile e immaginabile, affinché un immigrato clandestino non possa trovare: un lavoro, un affitto e un auto nel Regno Unito.

Ancora più radicale ed estrema la soluzione anti-immigrazione attuata in Ungheria. Per volere del primo ministro, Viktor Orban, si sta ultimando lungo il confine con la Serbia un muro per impedire fisicamente il passaggio degli immigrati provenienti dal Medio Oriente e dall'Africa.

... e in Italia?
Le cose in Italia vanno davvero male. In sostanza, il Bel paese sta diventando una zona franca dove gli immigrati credono di poter fare qualsiasi cosa. Pretendono, si lamentano e protestano per le condizioni dei centri di prima accoglienza, creando spesso disagio e disordine pubblico, come dimostrano alcuni recenti episodi. Nel centro di accoglienza di Chiaromonte, paesino in provincia di Potenza, è scoppiata una rivolta che ha turbato talmente la cittadinanza che ha spinto il sindaco, Valentina Viola, a chiedere al prefetto di poter chiudere il centro.

Ieri mattina, viale Fulvio Testi, alle porte di Milano, è stato invaso da una folta schiera di immigrati che protestavano per le condizioni del centro di accoglienza di Bresso. Oltre a protestare chiedevano: 'documenti e lavoro'. Episodi che dovrebbero far riflettere i politici perché va bene l'accoglienza, ma bisogna salvaguardare, in ogni caso, l'ordine pubblico. Dunque, per una volta i politici italiani dovrebbero avere il coraggio di usare il 'pugno di ferro', perché il compito di chi sta al Governo è quello di risolvere le questioni pratiche e non alimentare odi e isterismi, o false speranze negli immigrati.

Fonte: Blasting News Italia

Crac Cina: per l’Europa è una grande opportunità

Il crollo della borsa di Shanghai trascina a picco le borse europee. Ma non tutto il male vien per nuocere, nel Vecchio Continente. Ecco perché

Francesco Cancellato


«La confusione sotto il cielo è grande, la situazione è ottima». Forse qualcuno potrebbe rispolverare Mao Tse Tung e le massime del Libretto rosso, dopo il lunedì nero delle borse mondiali, innescato dal crollo di quella di Shanghai: meno -4,61% Tokyo, meno 5,96% Milano, meno 5,35% Parigi, meno 4,7% Francoforte, meno 4,67% Londra. Più che indici, un bollettino di guerra. Investitori e analisti sono in preda al panico ed è difficile dar torto pure a loro. Il loro grande timore? Che il crac delle borse cinesi sia figlio di una brusca frenata della sua manifattura. Non a caso, dal petrolio al rame, il “lunedì nero” è stato nerissimo per gli indici delle materie prime. Allo stesso modo, le cassandre prevedono un futuro altrettanto fosco per chi, come i Paesi europei, hanno fatto della Cina e del suo sterminato mercato interno il loro El Dorado.Fine della finestra di speranza, quindi? Fine del venticello di ottimismo che - si diceva solo qualche mese fa - avrebbe dovuto spingere in alto Pil e prezzi europei, dopo anni di stagnazione? Forse. O forse no. Perché per quanto possa sembrare paradossale, infatti, ognuno dei rischi sottesi al crac cinese nasconde, per l'Europa, una potenziale opportunità. L'incubo di un nuovo 2008, in altre parole, potrebbe tramutarsi nella concretizzazione del sogno di ripresa, che accompagna il Vecchio Continente da almeno cinque anni. 

Partiamo dal crollo della Borsa di Shanghai. Per quanto nei giorni scorsi non lo sia stato, nei prossimi mesi potrebbe rivelarsi un toccasana. Perché questo crac “pulisce” i mercati finanziari cinesi dai piccoli investitori mal informati e inclini al panico che lo hanno invaso negli anni scorsi. Prima buona notizia, insomma: il sistema finanziario cinese era e resterà un problema, nei prossimi anni, ma perlomeno il governo cinese ha preso di petto la situazione. Miracoli del capitalismo di Stato.Nel frattempo, però, gli investitori hanno bisogno di mercati sicuri e affidabili. E quelli europei lo sono, oggi, molto più di quelli dell'estremo oriente. Tutta la liquidità che è stata bruciata a Shanghai, insomma, potrebbe essere reinvestita in Europa, già nelle prossime settimane. Alcuni investitori e analisti ne sono convinti: il rimbalzo, nel Vecchio Continente, sarà più accentuato che altrove. Ancora di più quando la Federal Reserve americana, deciderà di alzare, finalmente, i tassi d'interesse.

Certo - obiettano i pessimisti -, servirà a poco con una domanda interna cinese che rimane asfittica e una nuova invasione di prodotti cinesi a basso costo. La realtà, probabilmente, è che nessuno di questi due rischi dovrebbe concretizzarsi. Bisognerà aspettare la presentazione del prossimo piano quinquennale cinese, che avverrà il prossimo ottobre, ma vi sono pochi dubbi che in esso vi saranno sia stimoli ai consumi, sia investimenti per un salto tecnologico della produzione cinese. Il loro futuro produttivo è fatto di automazione e qualità, non (solo) di lavoro a basso costo competizione sul prezzo. Buon per noi? Non necessariamente. Competere con la Cina, per la Germania, per la Francia, per l'Italia, per tutte le manifatture d'Europa è e sarà sempre più nell'ordine delle cose. Farlo puntando solo sull'export - con buona pace dei tedeschi - rischia di rivelarsi velleitario. Oggi, insomma, chi punta a rilanciare la domanda interna del Vecchio Continente, magari allentando i vincoli dell'austerità per ridurre le imposte - ogni riferimento a Presidenti del Consiglio di casa nostra non è casuale - ha una freccia in più al suo arco: la grande confusione sotto al cielo di questi giorni, Da Mao a Matteo, il passo è più breve di quel che si direbbe.

Fonte: Linkiesta.it

lunedì 24 agosto 2015

Il crollo delle borse in tutto il mondo

I mercati finanziari stanno andando molto male ovunque, l'euro è l'unica cosa che sembra andare bene

La borsa di Francoforte, il 24 agosto 2015. Foto di DANIEL ROLAND/AFP/Getty Images)

La settimana scorsa è stata la peggiore degli ultimi quattro anni per le borse di tutto il mondo. Lunedì le cose hanno continuato ad andare molto male: in quasi tutti i mercati si vende, e si vende indipendentemente dal tipo di titolo e industria. In Francia il principale indice di borsa perde circa il 4,40 per cento. Nel Regno Unito il 3,90 per cento. In Germania e Grecia il 3,90 e il 10,50 per cento rispettivamente. Spagna e Italia perdono intorno al 4,5 per cento. L’indice di Bloomberg che raccoglie le 500 maggiori imprese europee, il Bloomberg European 500, sta perdendo il 4,20 per cento. Negli Stati Uniti lo stesso tipo di indice sta perdendo il 2,30 per cento. La borsa di Shanghai, che apre e chiude prima per questioni di fuso orario, ha perso l’8,5 per cento: con quest’ultimo calo si considera sia stato perso tutto quello che aveva guadagnato dall’inizio del 2015.

Il principale indice della borsa di Shanghai è tornato più o meno allo stesso livello dell’inizio dell’anno. È stata cancellata tutta la crescita ottenuta in questa parte del 2015.

Le ragioni del crollo
Le cause di questo crollo – che è stato definito “lunedì nero” dai giornali di mezzo mondo – sono grosso modo le stesse che hanno fatto crollare le borse anche la settimana scorsa.

Il motivo principale è un panico generato dalla situazione cinese: in Cina il mercato finanziario è cresciuto moltissimo fino a giugno, poi ha cominciato a crollare molto rapidamente. Il governo cinese ha adottato diverse misure negli ultimi due mesi per cercare di arginare la caduta, ma non ha avuto successo: ha vietato ad alcuni investitori molto ricchi di vendere le loro azioni, ha incoraggiato i piccoli investitori a prendere soldi in prestito per investire in borsa e ha effettuato una modifica molto importante per quanto riguarda la moneta nazionale, rendendo lo yuan libero di fluttuare secondo il volere degli investitori. Il problema però è che il mercato finanziario cinese è ancora poco sviluppato, considerata la grandezza del paese, le regole vengono cambiate spesso e comunicate male e c’è comunque meno libertà che nei mercati dei paesi occidentali.

Le valute: l’euro e il dollaro
La decisione della Banca nazionale cinese di lasciare libero lo yuan ne ha causato una sua forte svalutazione. Come conseguenza della svalutazione cinese molte altre valute sono scese di valore, soprattutto nei paesi asiatici e in quelli che intrattengono molti rapporti commerciali con la Cina. Se due paesi commerciano e la valuta di uno dei due perde molto valore, è necessario che lo perda anche l’altra per non alterare troppo gli equilibri che rendono proficui gli scambi. L’euro però sembra cavarsela abbastanza bene ed è una delle poche valute che registra un guadagno, in particolare se confrontata con il dollaro.

Bisogna però distinguere l’andamento di una valuta quando è confrontata con tutte le altre o con solo alcune, particolarmente importanti. In questo caso, infatti, se consideriamo il dollaro rispetto a tutte le altre valute, notiamo che si sta rinforzando; se invece lo confrontiamo solo con certe valute importanti come l’euro o lo yen giapponese, che è quello che fa la maggior parte degli investitori, notiamo che il dollaro si sta indebolendo e l’euro rafforzando. Questo dipende in parte dal fatto che le due monete sono per certi aspetti antagoniste e l’euro, fra le due, è considerata una moneta più sicura nei momenti di difficoltà: generalizzando, spesso quando l’euro scende il dollaro sale, e viceversa.

Cosa c’entrano i tassi d’interesse
La questione del dollaro è inoltre legata ai tassi d’interesse: molti investitori si aspettano nel prossimo autunno un rialzo dei tassi d’interesse da parte della FED, la banca nazionale americana. La FED, così come molte altre banche nazionali, ha tenuto i tassi d’interesse molto bassi durante e dopo la crisi economica per facilitare la crescita economica. La governatrice delle FED, Janet Yellen, aveva annunciato un innalzamento dei tassi d’interesse entro la fine del 2015. Vista la difficile situazione dei mercati, però, molti prevedono che la FED torni leggermente sui suoi passi e decida di innalzare i tassi più tardi durante il prossimo anno o comunque in misura minore del previsto. Se gli investitori prevedessero un prossimo innalzamento dei tassi d’interesse negli Stati Uniti, comprerebbero dollari perché questi sarebbero più proficui di altre monete. Poiché un innalzamento si sta facendo meno probabile, alcuni investitori in queste ore stanno decidendo di vendere (o non comprare) dollari e rifugiarsi nell’euro.

Fonte: Il Post

L'Isis distrugge un tempio di duemila anni fa a Palmyra

I militanti dell'Isis hanno completamente distrutto l'antico tempio di Baalshamin, una delle opere più importanti del sito archeologico di Palmyra

Il tempio di Baalshamin, a Palmyra. Il monumento risale a circa duemila anni fa.

I militanti dell’Isis hanno distrutto l'antico tempio di Baalshamin nel sito archeologico di Palmyra, nella Siria centrale. Maamoin Abdelkarim, direttore dell'antiquariato e dei musei in Siria, ha detto che il monumento è stato demolito il 23 agosto. Tuttavia, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani il tempio sarebbe stato distrutto lo scorso luglio.

“L’Isis ha fatto saltare in aria il tempio di Baalshamin con una grande quantità di esplosivi, causando gravi danni: l'area centrale è stata demolita e le colonne sono crollate", ha detto Abdulkarim all'agenzia giornalistica Agence France-Presse.

Il tempio di Baalshamin risaliva a circa 2.000 anni fa ed era uno dei monumenti più importanti del sito di Palmyra, patrimonio dell’umanità dall’Unesco noto con il nome di Perla nel deserto. Era dedicato a Baalshamin, dio semitico dei temporali e della pioggia. Il tempio si trovava a poche decine di metri dal teatro romano dell’antica città siriana, dove i miliziani dell’Isis hanno condotto diverse esecuzioni pubbliche.

Lo scorso 20 maggio l’Isis ha preso il controllo della città di Tadmur, dove sorge Palmyra. Il 18 agosto i militanti hanno decapitato in pubblico Khaled al Asaad, archeologo che per oltre 50 anni ha curato il sito archeologico.

Fonte: The Post Internazionale

Nuovi scontri a Taiz nello Yemen, almeno 14 civili uccisi

Tra i resti delle automobili bombardate dalle milizie sciite houthi a Taiz nello Yemen, il 23 agosto 2015. (Abdulnasser Alseddik, Ap/Ansa)

Quattordici civili, tra cui donne e bambini, sono rimasti uccisi nei bombardamenti dei ribelli sciiti houthi su un quartiere residenziale di Taiz nel sudovest dello Yemen. Lo hanno riferito fonti mediche locali, aggiungendo che i corpi delle vittime, tra cui sette donne e quattro bambine, sono già stati trasferiti all’obitorio del principale ospedale cittadino. Diversi feriti sono ricoverati nella stessa struttura.

L’attacco con razzi provenienti da una base militare degli houthi, che controllano il nord della città yemenita, ha raggiunto un quartiere centrale e intensamente popolato. In marzo le milizie sciite avevano cominciato la loro avanzata dentro Taiz, che è la terza città più grande del paese ed è molto importante dal punto di vista strategico perché si trova a metà strada tra la capitale Sanaa e Aden.

A resistere contro gli houthi ci sono una serie di forze, tra cui milizie separatiste, clan tribali, jihadisti sunniti e l’esercito fedele al governo di Abd Rabbo Mansur Hadi sostenuto dall’Arabia Saudita: tutti insieme controllerebbero ancora i due terzi della città, compresi il palazzo presidenziale e una delle residenze dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh, alleato con i ribelli.

I combattimenti proseguono ormai da settimane e diverse organizzazioni non governative hanno riferito che venerdì decine di persone, in stragrande maggioranza civili, sono rimaste uccise nei raid aerei condotti dalla coalizione guidata dai sauditi e a causa dei combattimenti sul terreno.

Fonte: Internazionale

domenica 23 agosto 2015

Migranti, migliaia pronti a sfondare il confine tra Grecia e Macedonia

La frontiera tra Grecia e Macedonia potrebbe presto essere presa d'assalto da migliaia di migranti.


La polizia macedone in questi giorni è stata accusata di aver respinto anche con la forza un gran numero di migranti, in maggioranza profughi siriani, dopo aver chiuso il suo confine meridionale con la Grecia ed aver dichiarato lo stato di emergenza nazionale. Il percorso che vorrebbero fare i migranti sarebbe quello di attraversare la Macedonia e la Serbia per così raggiungere il nord Europa passando per l'Ungheria. Venerdì la polizia macedone aveva previsto di far passare qualche centinaio di migranti in concomitanza della partenza di un treno verso la Serbia, ma alcuni migranti hanno tentato di forzare il blocco delle forze dell'ordine macedoni e di conseguenza si sono creati scontri e tumulti con feriti tra i migranti a causa dell'utilizzo di lacrimogeni, scudi e manganelli da parte dei poliziotti macedoni.

Sempre più emergenza
L'agenzia dei rifugiati dell'ONU ha espresso preoccupazione per migliaia di rifugiati "vulnerabili" come donne e bambini attualmente ammassati nel nord della Grecia e che si trovano in pessime condizioni fisiche e mentali, la stessa Grecia ha visto arrivare sulle proprie coste quasi 160.000 persone dal mese di gennaio di quest'anno ad oggi e l'ONU stima che solo nel mese di luglio ci sono stati circa 50.000 arrivi. Il Ministro degli esteri macedone Nikola Poposki in conferenza stampa a respinto le accuse, rivolte alle forze dell'ordine, di aver forzato la mano nei confronti dei migranti, ha inoltre dichiarato che la situazione è notevolmente peggiorata e che il flusso di migranti in Macedonia è di circa 3.000 persone al giorno, situazione insostenibile per un Paese che conta solo 2 milioni di abitanti e che non è in grado di gestire da solo questa emergenza, i migranti giunti in Macedonia vengono registrati ed hanno 72 ore di tempo per decidere se chiedere asilo politico oppure proseguire il loro viaggio verso nord.

La situazione geopolitica
La Macedonia e la vicina Serbia non fanno parte della comunità economica europea, tuttavia l'Ungheria a nord della Serbia fa parte dell'area di Schengen, questo significa che una volta in Ungheria le persone possono viaggiare in gran parte dell'Europa (escluso Gran Bretagna ed Irlanda) senza dover esibire i documenti alle frontiere delle varie nazioni, una rotta che rappresenta un nuovo business per i trafficanti di esseri umani.

Fonte: Blasting News Italia

sabato 22 agosto 2015

Reati, i numeri che Alfano dimentica

«L’Italia è un posto sicuro»: al Viminale Angelino Alfano esulta per la diminuzione dei delitti, ma l’attività di contrasto è scesa del 25%

Luca Rinaldi

Il ministro dell’Interno Angelino Alfano (JEAN-CHRISTOPHE VERHAEGEN/AFP/Getty Images)

I numeri, sono numeri, è vero, ma la statistica è anche celebre per gli usi che se ne può fare a seconda delle tesi più disparate. Non a caso tra gli appassionati di confronti e correlazioni è visitassimo un sito in grado di generare correlazione spurie che fanno molto sorridere. Una delle ultime elaborate mostra come all’aumentare dello stanziamento del governo degli Stati Uniti d’America per la ricerca su scienza, tecnologia e spazio, aumentino anche i suicidi per strangolamento, soffocamento e impiccagione. Oppure ancora, gli annegamenti crescono negli anni in cui l’attore Nicolas Cage appare in un film.

Veniamo a noi. Italia, Viminale, anno di grazia 2015. A Ferragosto si tiene la consueta conferenza stampa in cui il ministro diffonde i dati su delitti, reati, criminalità, immigrazione e materie che sono di competenza del ministero dell’Interno. C’è soddisfazione guardando il report diffuso dal Viminale perché in un anno i reati commessi in Italia hanno segnato un importante -13,1 per cento. Tra i crimini principali, rapine e furti sono scesi rispettivamente del 12,1% e 5,6 per cento. «Si tratta di dati importanti - ha detto Angelino Alfano - che testimoniano come l’Italia stia migliorando sempre più nella prevenzione e nel contrasto alla criminalità organizzata e comune. Benché i dati siano positivi, noi non ci accontentiamo e diciamo che l’aumento delle pene legato a questi reati rappresenta una scelta giusta. Chi commette un reato e viene condannato deve scontare la pena fino in fondo. Così si garantisce la sicurezza dei cittadini». Insomma, sempre per citare il ministro, l’Italia è «un posto dove vivere».


Scorrendo il report consegnato alla stampa c’è da crederci: meno 14% gli omicidi volontari, meno 16% le lesioni dolose, meno 23% le violenze sessuali, meno 14% le rapine, meno 10% i furti, meno 20% le ricettazioni, meno 15% le frodi informatiche, meno 35% i reati di sfruttamento e di pornografia minorile. Stessa tendenza per denunce e arresti, calate del 25,2 per cento. C’è ottimismo e l’inversione di tendenza sembra quella di un’Italia meno criminale. Come si diceva, però, i numeri, per quanto certi, possono prendere direzioni differenti a seconda di che ne fa uso.

Non è invece emerso un altro dato importante durante la conferenza: al calo dei delitti si affianca anche la riduzione di attività di contrasto alla criminalità. Un dettaglio che nel report consegnato alla stampa non è entrato, ma che si può desumere dalle tabelle elaborate dal ministero stesso, e che La Repubblica ha messo successivamente in campo. Insomma, c’è un calo dei delitti, ma allo stesso tempo c’è anche un calo dei delitti scoperti e che restano dunque impuniti. I delitti scoperti sono quelli di cui le forze dell’ordine vengono a conoscenza senza una denuncia da parte dei cittadini. Dall’agosto 2013 al luglio 2014 sono stati 380.373 i delitti scoperti dalle Forze dell’Ordine, mentre l’anno successivo poco meno di 289.000: un calo del 24,1 per cento. Vale la pena ricordare che i sindacati di polizia lamentano un taglio di circa 4 miliardi di euro negli ultimi cinque anni per le attività di contrasto al crimine.

L’unico dato a crescere tra i delitti è quello delle estorsioni, che marcano un incremento del 3,3 per cento. Bisogna però ricordare che nel biennio 2013/2014 c’era stata una crescita ben maggiore, del 19,3 per cento. Più in generale, i delitti scoperti e denunciati dalle Forze dell’Ordine avevano segnato in precedenza un aumento: +1,8% nel 2012/2013 e +0,4% nel 2013/2014. D’altronde quel -25% segnato alla voce delle attività di contrasto al crimine non poteva passare inosservato, soprattutto se più alto della riduzione dei delitti commessi, che si è attestata, come si è detto al 13 per cento.

Fonte: Linkiesta.it

La sparatoria a bordo del treno Amsterdam-Parigi

Un uomo armato di kalashnikov è stato fermato da due militari americani che si sono accorti di quanto stava per accadere: secondo il premier belga si è trattato di un attentato terroristico


Un uomo armato di kalashnikov ha aperto il fuoco bordo di un treno dell’alta velocità che viaggiava da Amsterdam diretto a Parigi. La sparatoria sarebbe avvenuta in territorio belga, ma il treno è stato poi fermato nella stazione di Arras, a Pas-de-Calais, nel nord della Francia. Tre persone sono state ferite, mentre l’uomo è stato fermato da alcuni passeggeri e successivamente arrestato.
SPARATORIA SUL TRENO AD ALTA VELOCITÀ - Secondo quanto si apprende il fatto sarebbe avvenuto poco dopo le 17 di venerdì pomeriggio. L’uomo, un nordafricano di 26 anni, è stato fermato da tre cittadini americani – tra cui due militari – che si trovavano a bordo del treno, e che si sarebbero accorti di quanto stava per succedere. Entrambi sarebbero rimasti feriti in modo piuttosto grave. Il terzo ferito è proprio l’aggressore, che era salito sul treno alla stazione di Bruxelles.

IL PREMIER BELGA: «ATTENTATO TERRORISTICO» - Le indagini sull’uomo hanno rivelato che era noto ai servizi segreti francesi per essere essere vicino alle idee jihadiste e che aveva vissuto un anno in Spagna, paese da dove era partita la segnalazione dell’antiterrorismo. Nei bagagli dell’uomo sono state ritrovate diverse armi. Secondo il primo ministro belga, Charles Michel, si è trattato di un attentato e la strage è stata evitata soltanto grazie all’intervento dei tre americani. Cazeneuve, ministro dell’Interno francese, ha invece invitato alla prudenza, ricordando che «le indagini sono in corso». I due militari sono stati ringraziati da Obama e dal premier francese Manuel Valls.

(Photocredit copertina: Rolf Vennenbernd/dpa – Foto da archivio ANSA)

Fonte: Giornalettismo

Ucciso il numero due dell'Isis

Uno degli esponenti più importanti dello Stato Islamico è rimasto ucciso durante un'operazione militare americana condotta con un drone. La Casa Bianca conferma

Abu Bakr al-Baghdadi, l'uomo che sarebbe a capo dell'Isis. Credit: Reuters

Fadhil Ahmad al-Hayali, uno dei principali leader dell'Isis, è rimasto ucciso in un attacco compiuto con un drone dalle forze militari degli Stati Uniti martedì 18 agosto.

A confermarlo con un comunicato è stato l'ufficio stampa della Casa Bianca.

Al-Hayali, anche conosciuto con il nome di Hajji Mutazz, era considerato l'uomo di maggior importanza tra le fila dello Stato Islamico dopo il leader Abu Bakr al-Baghdadi.

Secondo quanto annunciato dall'amministrazione statunitense, al-Hayali sarebbe morto all'interno dell'auto in cui viaggiava nei pressi di Mosul, nel nord dell'Iraq.

Nella stessa operazione sarebbe rimasto ucciso anche un altro membro dello Stato Islamico, conosciuto come Abu Abdullah.

Hayali, secondo la Casa Bianca, era la figura all'interno dell'Isis che coordinava il traffico d'armi, di veicoli e di uomini fra la Siria e l'Iraq.

Gli Stati Uniti sostengono che la sua morte potrebbe ora rallentare le operazioni logistiche tra i due Paesi. Al-Hayali aveva anche una forte influenza sulla gestione delle finanze e dei media.

Nel maggio del 2015 era rimasto ucciso un altro uomo di rilievo dello Stato Islamico, Abdul Rahman Mustafa Mohammed, per mano dell'esercito iracheno in una moschea di Tal Afar, in Iraq.

Fonte: The Post Internazionale

venerdì 21 agosto 2015

Il funerale molto appariscente di Vittorio Casamonica a Roma

Una storia che farà riparlare dell'influenza e del potere della criminalità organizzata nella capitale


Giovedì 20 agosto si è svolto a Roma il funerale di Vittorio Casamonica, nella chiesa di San Giovanni Bosco nella periferia sud della città, vicino via Tuscolana. Vittorio Casamonica aveva 65 anni ed era un membro della famiglia Casamonica, molto ricca e molto nota a Roma per essere stata coinvolta in diversi casi di criminalità organizzata. Il funerale è stato molto appariscente: c’era una carrozza nera trainata da sei cavalli neri, sui muri della chiesa c’erano alcuni manifesti che ritraevano Vittorio Casamonica e lo definivano “re di Roma” e hanno partecipato molte persone. Prima della cerimonia una banda ha suonato la colonna sonora del film Il Padrino; dopo un elicottero ha lanciato sulla folla dei petali di rose.



La famiglia Casamonica è di origine Sinti e si è stabilita a Roma a partire dagli anni Settanta: secondo la Direzione investigativa antimafia guidano l’organizzazione criminale più forte e radicata nel Lazio. Le inchieste in cui sono stati coinvolti i Casamonica negli ultimi anni hanno riguardato reati come lo spaccio, la corruzione e l’usura. La zona a cui sono sempre stati ritenuti collegati è quella della periferia di Roma sud: Anagnina, Subaugusta, Romanina. I Casamonica sono stati coinvolti nell’inchiesta denominata dalla stampa “Mafia Capitale“, che da mesi fa discutere dell’influenza della criminalità organizzata a Roma e dei suoi rapporti con la politica; Vittorio Casamonica è stato anche accusato di diversi sequestri di persona negli anni Ottanta ma non è mai stato condannato.

Il funerale ha causato molta indignazione ed è finito sulla prima pagina di quasi tutti i quotidiani nazionali venerdì. Il prete della chiesa di San Giovanni Bosco, intervistato da Sky Tg 24, ha detto che non ha avuto alcuna indicazione dalla curia e che quindi ha celebrato il funerale perché è il suo mestiere «Non spettava a me bloccare il funerale, a parte che come facevo?». La stessa chiesa si era rifiutata di celebrare il funerale di Piero Welby. Il pilota dell’elicottero da cui sono stati lanciati i petali ha perso la licenza, scrive il Corriere, mentre Repubblica dice sia stato fermato perché non aveva avuto l’autorizzazione per il lancio dei petali.

Fonte: Il Post

L’ala radicale di Syriza forma un nuovo partito

Il deputato di Syriza Panagiotis Lafazanis al parlamento il 14 agosto del 2015. (Yannis Liakos, Ap/Ansa)

I ribelli di Syriza, il partito al governo in Grecia, hanno formato un nuovo gruppo parlamentare, Leiki Anotita (Unità popolare), e si preparano a fondare un nuovo partito in vista del voto anticipato chiesto da Alexis Tsipras che si terrà probabilmente a fine settembre. Il premier, che con Syriza ha vinto le elezioni il 25 gennaio, si è dimesso ieri proprio dopo aver perso la sua maggioranza in parlamento a causa della defezione di una trentina di deputati di Syriza, contrari alle misure di austerità che il governo ha accettato per ricevere un nuovo prestito dai creditori.

Nel nuovo gruppo sono confluiti 25 deputati. Lo guida Panagiotis Lafazanis, che è stato ministro dell’energia prima che Tsipras lo escludesse dal governo per la sua contrarietà al terzo piano di salvataggio. 

Nella lista del nuovo gruppo, non compaiono però l’ex ministro delle finanze Yanis Vaorufakis – che si era dimesso all’indomani del referendum con cui i greci hanno respinto il precedente accordo con Bruxelles – e la presidente della camera Zoe Konstantopulou, apertamente critica con le ultime decisioni del governo sul debito. Lafazanis, Varoufakis e Konstantopulou hanno guidato la fronda dei 47 deputati di Syriza – quasi un terzo sui 149 che si siedono alla camera – che si sono opposti al pacchetto di riforme nella votazione del 14 agosto.

Le defezioni degli oppositori di Tsipras

L’ala più radicale del partito, cioè la corrente chiamata Piattaforma di sinistra, si è ribellata a quella che Lafazanis ha definito “dittatura dell’eurozona”. Secondo questi parlamentari, il loro leader Tsipras ha tradito le promesse fatte in campagna elettorale di difendere il paese da ulteriori misure di austerità.

Syriza governa insieme alla destra nazionalista e ortodossa dei Greci indipendenti (Anel, nella sigla in greco). L’alleanza è stata stretta dopo il voto di gennaio, per arrivare ad una maggioranza assoluta nel parlamento che potesse sostenere un esecutivo. Anel e Syriza, cioè, non sono coalizzati e si presenteranno separati alle prossime consultazioni.

Consenso popolare del premier

La decisione del premier Tsipras, scrive il Guardian, sembra una mossa per mettere a tacere i ribelli e raccogliere nuova legittimità dal popolo greco. Quasi fosse un nuovo referendum sulla sua scelta di avviare il piano di austerità, che prevede tagli alla previdenza sociale, l’aumento delle tasse e la creazione di un fondo di garanzia con beni statali da privatizzare.

I più recenti sondaggi danno Syriza al 33-34 per cento. È il primo partito in Grecia, ma non avrebbe abbastanza voti per governare da solo.

Fonte: Internazionale

Leggi anche: Alexis Tsipras si è dimesso

giovedì 20 agosto 2015

Mafia Capitale, Maxiprocesso il 5 novembre 2015

Alla sbarra 59 persone incriminate nel processo Mafia Capitale. Da Buzzi a Carminati, tutti i nomi coinvolti nell'inchiesta.


La parola Maxi processo ci porta indietro di trent'anni a Palermo quando grazie alle istruttorie di Falcone e Borsellino furono messi in carcere o condannati in contumacia centinaia e centinaia di membri appartenenti a Cosa Nostra. Il 5 di novembre un altro Maxi processo avrà luogo stavolta a Roma grazie al rinvio a giudizio di 34 persone che sono coinvolte in Mafia Capitale. Questo, in realtà, è un secondo procedimento che va ad unificarsi alla prima operazione (Terra di Mezzo) di dicembre che portò in carcere Massimo Carminati e Salvatore Buzzi (che ha anche fatto allusioni al calciatore della Roma Francesco Totti) ritenuti dagli inquirenti come i vertici dell'organizzazione criminale. Proprio loro due saranno gli imputati principali del processo insieme ad altre 57 persone tra cui Luca Gramazio, capogruppo forzista in Regione e Mirco Coratti ex presidente del Consiglio Comunale di Roma in quota PD. Verranno giudicati, tra gli altri, anche i consiglieri comunali Massimo Caprari e Giovanni Tredicine, Andrea Tassone (ex presidente del Municipio di Ostia) e Guido Magrini responsabile delle Politiche Sociali della Regione.

Le accuse e le prime testimonianze
L'accusa a cui dovranno rispondere gli imputati è associazione a delinquere di stampo mafioso, corruzione, turbativa d'asta, estorsione, riciclaggio e usura. Dopo la prima fase del dicembre dello scorso anno, i Pubblici Ministeri diretti da Pignatone hanno iniziato una seconda tranche di indagini che ha raggiunto l'acme con gli arresti dello scorso 4 giugno a seguito di scoperte sugli affari illeciti nel ramo dell'accoglienza. Salvatore Buzzi, vero "focus" del processo anche per le sue dichiarazioni che tirano in ballo Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, viene descritto come un vero e proprio punto di riferimento per tutte quelle cooperative che si sono assicurate tramite collusione e corruzione una serie lunghissima di appalti e finanziamenti della Regione, delle municipalizzate e del Comune. Ma le indagini non si sono di certo fermante: da alcune settimane anche Luca Odevaine che gestiva il mondo dell'immigrazione ha deciso di rispondere alle domande degli inquirenti, gli stessi che invece non sono minimamente convinti delle testimonianze di Buzzi sull'utilizzo del denaro che vi veniva concesso e sui suoi rapporti con l'ex sindaco capitolino Alemanno.

Fonte: Blasting News Italia