La borsa di Francoforte, il 24 agosto 2015. Foto di DANIEL ROLAND/AFP/Getty Images)
La settimana scorsa è stata la peggiore degli ultimi quattro anni per le borse di tutto il mondo. Lunedì le cose hanno continuato ad andare molto male: in quasi tutti i mercati si vende, e si vende indipendentemente dal tipo di titolo e industria. In Francia il principale indice di borsa perde circa il 4,40 per cento. Nel Regno Unito il 3,90 per cento. In Germania e Grecia il 3,90 e il 10,50 per cento rispettivamente. Spagna e Italia perdono intorno al 4,5 per cento. L’indice di Bloomberg che raccoglie le 500 maggiori imprese europee, il Bloomberg European 500, sta perdendo il 4,20 per cento. Negli Stati Uniti lo stesso tipo di indice sta perdendo il 2,30 per cento. La borsa di Shanghai, che apre e chiude prima per questioni di fuso orario, ha perso l’8,5 per cento: con quest’ultimo calo si considera sia stato perso tutto quello che aveva guadagnato dall’inizio del 2015.
Il principale indice della borsa di Shanghai è tornato più o meno allo stesso livello dell’inizio dell’anno. È stata cancellata tutta la crescita ottenuta in questa parte del 2015.
Le ragioni del crollo
Le cause di questo crollo – che è stato definito “lunedì nero” dai giornali di mezzo mondo – sono grosso modo le stesse che hanno fatto crollare le borse anche la settimana scorsa.
Il motivo principale è un panico generato dalla situazione cinese: in Cina il mercato finanziario è cresciuto moltissimo fino a giugno, poi ha cominciato a crollare molto rapidamente. Il governo cinese ha adottato diverse misure negli ultimi due mesi per cercare di arginare la caduta, ma non ha avuto successo: ha vietato ad alcuni investitori molto ricchi di vendere le loro azioni, ha incoraggiato i piccoli investitori a prendere soldi in prestito per investire in borsa e ha effettuato una modifica molto importante per quanto riguarda la moneta nazionale, rendendo lo yuan libero di fluttuare secondo il volere degli investitori. Il problema però è che il mercato finanziario cinese è ancora poco sviluppato, considerata la grandezza del paese, le regole vengono cambiate spesso e comunicate male e c’è comunque meno libertà che nei mercati dei paesi occidentali.
Le valute: l’euro e il dollaro
La decisione della Banca nazionale cinese di lasciare libero lo yuan ne ha causato una sua forte svalutazione. Come conseguenza della svalutazione cinese molte altre valute sono scese di valore, soprattutto nei paesi asiatici e in quelli che intrattengono molti rapporti commerciali con la Cina. Se due paesi commerciano e la valuta di uno dei due perde molto valore, è necessario che lo perda anche l’altra per non alterare troppo gli equilibri che rendono proficui gli scambi. L’euro però sembra cavarsela abbastanza bene ed è una delle poche valute che registra un guadagno, in particolare se confrontata con il dollaro.
Bisogna però distinguere l’andamento di una valuta quando è confrontata con tutte le altre o con solo alcune, particolarmente importanti. In questo caso, infatti, se consideriamo il dollaro rispetto a tutte le altre valute, notiamo che si sta rinforzando; se invece lo confrontiamo solo con certe valute importanti come l’euro o lo yen giapponese, che è quello che fa la maggior parte degli investitori, notiamo che il dollaro si sta indebolendo e l’euro rafforzando. Questo dipende in parte dal fatto che le due monete sono per certi aspetti antagoniste e l’euro, fra le due, è considerata una moneta più sicura nei momenti di difficoltà: generalizzando, spesso quando l’euro scende il dollaro sale, e viceversa.
Cosa c’entrano i tassi d’interesse
La questione del dollaro è inoltre legata ai tassi d’interesse: molti investitori si aspettano nel prossimo autunno un rialzo dei tassi d’interesse da parte della FED, la banca nazionale americana. La FED, così come molte altre banche nazionali, ha tenuto i tassi d’interesse molto bassi durante e dopo la crisi economica per facilitare la crescita economica. La governatrice delle FED, Janet Yellen, aveva annunciato un innalzamento dei tassi d’interesse entro la fine del 2015. Vista la difficile situazione dei mercati, però, molti prevedono che la FED torni leggermente sui suoi passi e decida di innalzare i tassi più tardi durante il prossimo anno o comunque in misura minore del previsto. Se gli investitori prevedessero un prossimo innalzamento dei tassi d’interesse negli Stati Uniti, comprerebbero dollari perché questi sarebbero più proficui di altre monete. Poiché un innalzamento si sta facendo meno probabile, alcuni investitori in queste ore stanno decidendo di vendere (o non comprare) dollari e rifugiarsi nell’euro.
Fonte: Il Post
Nessun commento:
Posta un commento