sabato 24 febbraio 2018

I morti a Ghouta orientale sono più di 500

È il settimo giorno dei bombardamenti del regime di Assad e dei suoi alleati nell'enclave ribelle nella periferia di Damasco, in Siria

Ghouta orientale, fotografata venerdì. (AMMAR SULEIMAN/AFP/Getty Images)

L’Osservatorio siriano per i Diritti Umani – organizzazione non governativa con sede a Londra, considerata vicina ai ribelli e molto citata dai giornali internazionali – ha detto che i morti nei bombardamenti compiuti negli ultimi sette giorni dal regime di Bashar al Assad e dei suoi alleati a Ghouta orientale, un’area nella periferia di Damasco abitata da circa 400mila persone e controllata dai ribelli siriani, sono arrivati a 500. Proprio ieri la Russia aveva bloccato una risoluzione dell’ONU che prevedeva l’imposizione di una tregua di un mese a Ghouta orientale: ci si aspetta che nel pomeriggio di oggi il Consiglio di Sicurezza dell’ONU provi di nuovo a votare la risoluzione.

L’Osservatorio siriano per i Diritti Umani ha detto che 29 civili sono morti nei bombardamenti di sabato, e che in tutto ci sono 129 bambini tra i morti di questa settimana. L’Osservatorio ha detto che i bombardamenti di Ghouta orientale sono stati compiuti dagli aerei dell’esercito siriano fedele ad Assad e da quelli russi, nonostante la Russia abbia negato un coinvolgimento diretto nell’operazione. Si tratta del bilancio più grave nella guerra siriana dall’agosto 2013, quando il regime di Assad bombardò con armi chimiche questa stessa zona.

I video, le immagini e le testimonianze degli ultimi giorni da Ghouta orientale sono molto forti. I bombardamenti, compiuti da aerei siriani e russi, stanno colpendo anche ospedali e altre infrastrutture civili. Gli abitanti di Ghouta sono costretti a nascondersi nei rifugi sotterranei, che però non sempre si dimostrano sicuri, e le strutture mediche rimaste in piedi hanno carenza di personale, di medicine e di attrezzature di vario tipo. Ghouta è infatti circondata dal 2013: per diverso tempo è stato possibile per i ribelli e la popolazione civile far entrare beni di ogni tipo sfruttando dei tunnel sotterranei, ma da quando le forze alleate di Assad hanno preso il controllo sui territori circostanti questo tipo di traffici si è interrotto.

Fonte: Il Post

Potere al Popolo ❤ Venezuela

La leader Viola Carofalo ha detto che un paese in condizioni disperate e con un regime antidemocratico e violento è “un'ispirazione”

Viola Carofalo. (ANSA/GIUSEPPE LAMI)

Viola Carofalo, leader della lista di estrema sinistra Potere al Popolo, candidata alle elezioni politiche del prossimo 4 marzo, ha dato un’intervista al giornale argentino Página/12 nella quale, tra le altre cose, ha detto che il sistema politico del Venezuela – paese in cui la situazione economica è disastrosa e dove il presidente Nicolas Maduro, succeduto nel 2013 a Hugo Chavez, ha instaurato un regime antidemocratico e violento – è un’ispirazione per il suo partito, «al di là del risultato di quell’esperienza». Carofalo ha detto:


L’America Latina è per noi l’ispirazione con la i maiuscola. Al di là di quelle che si possano considerare esperienze più o meno finite o di successo, o che possano avere momenti di stagnazione. Specialmente l’esperienza venezuelana, si può considerare come la nostra ispirazione. In primo luogo la relazione con il potere, cioè l’idea che non esista un aut-aut, una scelta definitiva tra una costruzione dal basso o dall’alto, ma che si possa, dove queste due forme di costruzioni politiche si incontrano, creare quello che noi chiamiamo potere popolare. Cioè rappresentazione e potere territoriale. Credo che il Venezuela, al di là del risultato di quell’esperienza, sia un esempio della prospettiva di questa costruzione. Noi a Napoli abbiamo organizzato molte iniziative di divulgazione del processo venezuelano, non solo perché quello che arriva in Italia delle cose che succedono lì è profondamente distorto, ma perché è il modello di ispirazione per eccellenza. Ovviamente non possiamo rifare la stessa cosa in Italia. Ogni realtà sociale ha le sue specificità, però il modello organizzativo che ci ispira è quello.


A partire dalla scorsa primavera, in Venezuela ci sono state moltissime proteste organizzate contro Maduro, che prima è stato accusato di avere bloccato un referendum che avrebbe potuto mettere fine anticipatamente al suo mandato, e che poi nel corso dell’estate ha istituito un’Assemblea costituente fedele al governo con il compito di riscrivere la costituzione, che ha tolto i poteri al Parlamento controllato dalle opposizioni e i cui poteri erano anche già stati largamente ridotti dal governo nel 2015.

Si calcola che nel corso dell’estate 125 persone siano morte negli scontri tra polizia e manifestanti, e che altre 2 mila siano rimaste ferite. Diversi leader dell’opposizione sono stati uccisi negli scontri o in circostanze poco chiare. Altri sono stati arrestati oppure costretti a fuggire dal paese. La situazione economica venezuelana, poi, è praticamente disperata: l’inflazione è a due cifre, mancano beni di consumo e di prima necessità, c’è poco cibo e quello che si trova al mercato nero ha prezzi altissimi.

Fonte: Il Post

Il presidente del Potenza Calcio Salvatore Caiata, indagato per riciclaggio, è stato escluso dal M5S


Salvatore Caiata, presidente del Potenza Calcio e candidato per il Movimento 5 Stelle alla Camera in Basilicata, è stato escluso dal M5S perché si è scoperto essere indagato a Siena per riciclaggio. Lo ha scritto il leader del M5S Luigi Di Maio su Facebook, specificando che Caiata non aveva informato nessuno nel Movimento dell’indagine a suo carico. Enrico De Martino, legale di Caiata, ha detto all’ANSA che lui e il suo assistito sapevano dell’indagine dal 2016.

La notizia dell’indagine era stata data venerdì mattina da alcuni giornali. Caiata ha 47 anni ed è anche un imprenditore nel settore della ristorazione: La Stampa scrive che «aveva accumulato negli anni la proprietà di vari locali e ristoranti, tre dei quali nella sola Piazza del Campo». Al centro delle verifiche ordinate dai pubblici ministeri ci sarebbero una serie di trasferimenti poco chiari di immobili e capitali per la compravendite di attività commerciali e immobili a Siena e anche altre città italiane. Nell’indagine sarebbero coinvolti anche altri due imprenditori molto noti a Siena: Cataldo Staffieri, manager de La Cascina (grossa cooperativa romana associata alla Compagnia delle Opere e finita anche nella cosiddetta “inchiesta di Mafia Capitale”), e Igor Bidilo, imprenditore kazako.

Fonte: Il Post

mercoledì 21 febbraio 2018

Una terza persona si è dimessa per l’inchiesta di Fanpage sui rifiuti in Campania

È il presidente di una società pubblica che gestisce rifiuti in Campania: nel video girato dall'infiltrato del giornale un suo collaboratore sembra accettare una tangente


Negli ultimi giorni tre persone si sono dimesse dai loro incarichi pubblici in seguito all’inchiesta del giornale online Fanpage sulla gestione dei rifiuti in Campania. L’ultimo è stato Biagio Iacolare, presidente di Sma Campania, società di proprietà della regione che si occupa di risanamento ambientale, e protagonista del terzo video pubblicato da Fanpage in cui si vede un mediatore che dice di parlare per conto di Iacolare ricevere una borsa in cui dice di aver messo 50 mila euro.

Iacolare è il terzo personaggio pubblico a dimettersi in seguito all’inchiesta del giornale online di Napoli. Prima si era dimesso Lorenzo Di Domenico, consigliere di amministrazione della Sma Campania. Domenica si era dimesso Roberto De Luca, assessore al Bilancio del comune di Palermo e figlio del presidente della Campania Vincenzo De Luca, la persona più importante tra quelle finora coinvolte nell’inchiesta.

Il suo avvocato lo ha difeso scrivendo ai giornali che Iacolare «ha incontrato in un’unica occasione una persona a lui presentata come un imprenditore, in grado di offrire condizioni economiche più vantaggiose per lo smaltimento dei fanghi reflui. Come emerge chiaramente dalla visione del filmato, lo Iacolare non ha né chiesto né accettato alcuna somma di denaro». La conversazione mostrata nel filmato «verte unicamente sulla possibilità di applicare un prezzo più conveniente» e solo nel secondo segmento, quello che riporta un colloquio tra l’avvocato Oliviero e il sedicente imprenditore ,«si parla di un accordo economico»: ma «se tale accordo vi è stato, esso è avvenuto all’insaputa dello Iacolare, per cui dovrà essere eventualmente l’avvocato Oliviero a spiegare le circostanze riferibili alla sua condotta», conclude l’avvocato di Iacolare.

Nell’inchiesta del giornale, che dovrebbe comprendere in tutto sette video, Fanpage ha utilizzato come “infiltrato” e agente provocatore un ex camorrista con esperienza nel traffico dei rifiuti e collaboratore di giustizia, Nunzio Perrella. Nell’introduzione all’inchiesta, Perrella racconta che avrebbe voluto usare la sua esperienza per smascherare i politici agli ordini della procura, ma spiega di non avere ottenuto il permesso. Per questa ragione si è accordato con Fanpage e, con l’aiuto dei giornalisti della testata, si è finto per settimane un imprenditore nel settore dei rifiuti riuscendo a organizzare appuntamenti e incontri con numerosi politici della regione, proponendo loro affari e tangenti. Utilizzare “agenti provocatori” per spingere le persone a commettere reati è illegale in Italia, e per questo l’autore dell’inchiesta Sacha Biazzo e il direttore di Fanpage Francesco Piccinini sono indagati.

L’episodio che ha suscitato più clamore fino a oggi è il primo, quello che riguarda Roberto De Luca. Durante l’incontro Perrella finge di voler proporre la propria azienda, «una multinazionale», per lo smaltimento di ecoballe (cilindri di grosse dimensioni in cui si compattano i rifiuti solidi urbani, trattati eliminando le parti non combustibili e le materie organiche) all’estero, e per questo fa organizzare un incontro con De Luca.

Nell’incontro – ripreso da Fanpage con una telecamera nascosta indosso a Perrella – non si parla di tangenti: Perrella però ne parla in un secondo momento, sempre ripreso, con Colletta, un ex candidato alle elezioni comunali di Angri (Salerno) con il centrodestra. Colletta viene presentato a Perrella come «socio in affari di Roberto De Luca» e dal video sembrerebbe alludere al fatto che nella tangente sia compresa una parte per Roberto De Luca. De Luca non dice nulla di compromettente nel video, ma è stato criticato per la facilità con cui ha concesso un incontro a Perella e per il fatto che abbia discusso con lui di rifiuti, una materia che, in quanto assessore al Bilancio, non avrebbe dovuto riguardarlo.

Sulla gestione dei rifiuti in Campania è in corso anche un’inchiesta della procura di Napoli. Tra gli indagati ci sono il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Luciano Passariello, candidato alla Camera alle elezioni del prossimo 4 marzo e accusato di corruzione. Di lui si parlava nel primo video dell’indagine di Fanpage, pubblicato il 16 febbraio. Secondo i giornali risultano coinvolti nelle indagini anche degli imprenditori, un commercialista e alcuni dipendenti della società regionale Sma (la società il cui presidente, Biagio Iacolare, si è dimesso ieri). In totale gli indagati sarebbero una decina di persone. L’indagine è coordinata dal procuratore Giovanni Melillo con il procuratore Giuseppe Borrelli e i pubblici ministeri Ilaria Sasso del Verme, Sergio Amato, Celeste Carrano, Ivana Fulco e il controverso magistrato Henry John Woodcock.

Fonte: Il Post

Massimo Ursino, dirigente di Forza Nuova in Sicilia, è stato aggredito e picchiato a Palermo


Massimo Ursino, segretario provinciale di Forza Nuova in Sicilia, è stato aggredito a Palermo da un gruppo di persone: almeno sei. Intorno alle ore 19 di martedì 20 febbraio Ursino, che stava camminando in via Dante, nel centro della città, è stato fermato, gli sono state legate mani e piedi con del nastro adesivo e poi è stato picchiato. ANSA scrive che gli aggressori «erano vestiti di nero e avevano i volti coperti da sciarpe; tra loro, secondo i testimoni, c’era una ragazza che riprendeva il pestaggio con un telefonino». Sui giornali è stato pubblicato anche un video che mostrerebbe parte del pestaggio. Ursino è stato portato al pronto soccorso: aveva il volto pieno di lividi e una ferita alla testa.

Il leader di Forza Nuova Roberto Fiore, che sabato sarà a Palermo per un comizio che una ventina di movimenti tra cui l’Anpi aveva chiesto di non autorizzare, ha commentato parlando «dell’odio comunista contro Forza Nuova»: «Invito tutti i militanti e tutti gli alleati di Italia agli italiani alla mobilitazione piena per evitare che la violenza comunista unita ai poteri forti soffochi la nostra voce».

Fonte: Il Post

martedì 20 febbraio 2018

L’inchiesta su Virginia Raggi è stata archiviata

Il gip ha accolto la richiesta della procura, che non ha trovato prove della volontà di Raggi di favorire Salvatore Romeo

(ANSA/ALESSANDRO DI MEO)

L’inchiesta sulla sindaca di Roma Virginia Raggi per la nomina di Salvatore Romeo a capo della sua segreteria è stata archiviata dal giudice per le indagini preliminari su richiesta della procura di Roma, che non aveva trovato prove sufficienti per sostenere l’accusa di abuso di ufficio che era stata formulata. Raggi era accusata di aver scelto Romeo come capo della sua segreteria in modo arbitrario, in modo da fargli ottenere uno stipendio molto maggiore di quello che aveva per il suo precedente lavoro al Dipartimento partecipate. Romeo stesso era indagato con l’accusa di concorso in abuso di ufficio, e anche per lui la procura ha chiesto e ottenuto l’archiviazione dell’indagine.

La vicenda della sua nomina era anche collegata alla storia delle polizze assicurative aperte da Romeo a nome di Raggi, di cui si era parlato molto un anno fa: secondo i procuratori, non costituiscono una prova della scorrettezza della nomina. Raggi – che dal 21 giugno sarà a processo con l’accusa di falso per la nomina di Renato Marra alla direzione Turismo del comune di Roma – ha commentato la notizia su Facebook.

Fonte: Il Post

Il caso Embraco, spiegato

Le cose da sapere sulla chiusura di uno stabilimento di compressori per frigoriferi in provincia di Torino e la reazione del governo italiano

Il presidente della regione Piemonte, Sergio Chiamparino, e il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda. Roma, 19 febbraio 2018 (ANSA/GIUSEPPE LAMI)

Stamattina diversi quotidiani hanno aperto le loro prime pagine con la vicenda di Embraco, l’azienda brasiliana del gruppo Whirlpool che ha deciso di licenziare 500 persone nel suo stabilimento a Riva di Chieri (Torino) e di trasferire la produzione di compressori per frigoriferi in Slovacchia. Il caso va avanti da un mese ma ieri è tornato attuale a causa delle dichiarazioni molto battagliere del ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, che ha interrotto le trattative con l’azienda per salvare i posti di lavoro, accusandola di «totale irresponsabilità». Per oggi è previsto un incontro fra Calenda e Margrethe Vestager, la Commissaria europea alla concorrenza, per capire se la decisione di Embraco rispetti le norme europee.

Dall’inizio
Lo stabilimento di Riva di Chieri era stato costruito negli anni Settanta da Fiat Aspera, la divisione di Fiat che produceva frigoriferi. Nel 1985 Fiat vendette il comparto Aspera a Whirpool, la principale multinazionale americana di elettrodomestici, che investì molto e spinse la produzione al massimo. Alla fine degli anni Novanta lo stabilimento impiegava circa 2.500 persone. Nel 2000 Whirpool lo cedette alla sua controllata Embraco, e iniziarono le difficoltà. Repubblica ricorda che la primissima crisi avvenne nel 2004, quando Embraco aprì uno stabilimento in Slovacchia e ridusse il lavoro a Riva di Chieri:


Embraco annuncia 812 esuberi. La Regione stanzia 7,7 milioni e si compra una parte dello stabilimento con l’obiettivo di affittarlo ad altre imprese, il governo mette altri 5 milioni, mentre la Provincia di Torino eroga 500 mila euro per la formazione. In cambio, Embraco investe e fa ripartire la fabbrica. Circa 420 addetti vengono lasciati a casa con la promessa di essere assunti dalle aziende in arrivo nell’area, ma l’operazione non decolla.


Nel 2014 Embraco minacciò di nuovo di lasciare l’Italia. Per farle cambiare idea, la Regione firmò un protocollo di intesa di due milioni di euro, e in cambio Embraco si impegnò a fare nuovi investimenti. Nel frattempo i dipendenti hanno continuato a diminuire, fino ad arrivare ai 537 di oggi.

La nuova crisi è iniziata a novembre del 2017, quando la società aveva annunciato una riduzione della produzione nello stabilimento di Riva di Chieri: un’azione che sembrava indicare la volontà di ridurre in maniera permanente il numero di operai impiegati, e spostare gran parte della produzione in Slovacchia. A gennaio i timori degli operai si sono rivelati fondati: Embraco ha deciso di spostare la produzione in Slovacchia e quasi 500 operai hanno ricevuto una lettera che annunciava il licenziamento collettivo.

Il tavolo del ministero
A quel punto è intervenuto il ministero dello Sviluppo Economico, guidato da Carlo Calenda, che ha aperto un negoziato per trovare una soluzione. Dieci giorni fa il ministero aveva chiesto a Embraco di ritirare i licenziamenti e trasformarli in cassa integrazione, in modo da ridurre almeno in parte il costo degli operai per l’azienda (durante la cassa integrazione parte del loro stipendio viene pagato dallo Stato) e prendere tempo.

Nel frattempo si sarebbero cercate altre soluzioni possibili: per esempio un nuovo accordo per mantenere la produzione in Italia oppure la vendita a una società in grado di mantenere in piedi lo stabilimento e al lavoro i suoi operai. Se Embraco non avesse accettato la proposta di cassa integrazione, aveva detto Calenda, il governo l’avrebbe considerata una «dichiarazione di guerra».

Ieri Embraco ha confermato la sua intenzione di proseguire nei licenziamenti e ha respinto la proposta di cassa integrazione. Al suo posto ha offerto di riassumere gli operai licenziati con contratti part time fino a novembre. Calenda, i sindacati e il presidente del Piemonte, Sergio Chiamparino, hanno tutti dichiarato inaccettabile la proposta e hanno fatto capire che considerano fondamentale mantenere la continuità con i contratti che gli operai hanno oggi. Fare nuovi contratti agli operai, infatti, comporta che retribuzioni e anzianità ripartano da zero, senza tenere conto dei livelli raggiunti.

Calenda sostiene che fra l’offerta di Embraco e la controproposta del ministero non ci siano differenze dal punto di vista economico. La cassa integrazione consente però di «fare un percorso di reindustrializzazione e continuità», come ha detto Calenda: in pratica, mantenere aperta la fabbrica renderebbe più facile la cessione a una nuova azienda. «Anche perché ci sono degli imprenditori interessati», ha ricordato Calenda all’ANSA. Parlando con Radio24, il ministro dello Sviluppo Economico ha detto che Embraco ha rifiutato la proposta per motivi incomprensibili: «la risposta è stata no perché abbiamo già annunciato ai mercati che licenziamo. [Per questo] non li ho voluti incontrare e li ho mandati a casa perché è un modo di fare che è del tutto inaccettabile».

E ora?
I lavoratori di Embraco hanno chiesto aiuto in tutte le direzioni: sono stati ricevuti da Papa Francesco, hanno messo in piedi un presidio a Sanremo durante il Festival e sfilato più volte in corteo. Il loro contratto scadrà il 25 marzo, tre settimane dopo le elezioni politiche.

Non è chiaro cosa Calenda potrà ottenere dall’incontro di oggi con Vestager. L’Unione Europea non ha delle regole molto stringenti sulla concorrenza interna: ha reagito solamente nel 2014 al problema del distacco transnazionale – cioè quello dei lavoratori spesso di origine est europea che vengono “trasferiti” in paesi più ricchi ma sono pagati con gli standard del paese d’origine – ma non pone limiti alla delocalizzazione all’interno dell’Unione, come potrebbe avvenire nel caso di Embraco. La Slovacchia ha ottenuto 20 miliardi di euro da spendere fra il 2014 e il 2020 per stimolare la propria economia, e Calenda teme che il governo slovacco li stia impiegando per mantenere bassissime le tasse sul lavoro, così da invogliare le aziende degli altri paesi europei a investire sul proprio territorio.

Intanto la Guardia di Finanza sta valutando se la decisione possa violare le leggi italiane sugli aiuti di stato, visto che Embraco ne ha ottenuti diversi sin dagli anni Duemila. Venerdì scorso la guardia di Finanza ha fatto un controllo nello stabilimento di Riva di Chieri e fotografato i macchinari acquistati alcuni anni fa con i fondi regionali.

Fonte: Il Post

sabato 10 febbraio 2018

Giorno del ricordo in memoria delle vittime delle Foibe


Oggi, 10 febbraio, si celebra il Giorno del ricordo, una solennità civile nazionale italiana, istituita con la legge 30 marzo 2004 n. 92 in onore delle vittime dei massacri delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Tale legge è stata approvata «al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale». Non possiamo dimenticare un'altra brutta pagina della nostra storia.

Per approfondire: Massacri delle foibe (da Wikipedia)

venerdì 9 febbraio 2018

L’autopsia sul corpo di Pamela Mastropietro non ha dato indicazioni conclusive sulle cause della sua morte


L’autopsia sul corpo di Pamela Mastropietro non ha dato indicazioni conclusive sulle cause della sua morte, dice una nota della procura di Macerata diffusa nel pomeriggio di oggi. Il corpo di Mastropietro era stato trovato lo scorso 31 gennaio smembrato e senza vestiti nelle campagne di Pollenza, vicino a Macerata. Mastropietro, che era originaria di Roma e aveva 18 anni, era nelle Marche dallo scorso ottobre ospite della comunità di recupero Pars di Corridonia per un problema di tossicodipendenza. Nell’ambito delle indagini sulla sua morte sono indagate due persone, una è accusata di concorso in omicidio, occultamento e vilipendio di cadavere, l’altra di concorso in spaccio di droga.

Fonte: Il Post

È stato rinnovato il contratto della scuola

Ci saranno aumenti medi sullo stipendio pari a 85 euro lordi mensili e riguarderà più di un milione di persone

Studenti e un'insegnante dell'Istituto comprensivo di Manzano, in provincia di Udine (ANSA)

Il governo e alcuni sindacati hanno raggiunto un accordo sul rinnovo del contratto della scuola e l’aumento degli stipendi che riguarderà 1 milione e 200 mila persone tra docenti, personale ATA, ricercatori, tecnici e amministrativi. L’accordo è stato firmato, tra gli altri, da Doc Cgil, Cisl e Uil scuola, mentre sono rimasti fuori Snals e Gilda. Come scrivono oggi diversi giornali erano quasi dieci anni che il contratto della scuola non veniva rinnovato.

Gli aumenti stabiliti andranno da un minimo di 81 euro ad un massimo di circa 111. A questa cifra si aggiungerà anche il bonus di 200 milioni di euro per il merito che è stato diviso in due parti. Una prima parte (pari a 100 milioni di euro) andrà direttamente negli stipendi, l’altra parte servirà per valutare i docenti e premiarli di conseguenza.

Come si spiega Orizzonte Scuola, gli aumenti più bassi riguarderanno le maestre e i maestri delle scuole dell’infanzia, della primaria e i docenti diplomati delle medie che hanno una bassa anzianità di servizio. Le cifre più alte riguarderanno i docenti laureati che insegnano alle superiori con più di 35 anni di servizio. L’aumento medio sullo stipendio sarà comunque pari a 85 euro lordi mensili da suddividere in tre annualità.

Gli aumenti coinvolgono anche il personale ATA amministrativo, tecnico e ausiliario. Per i collaboratori scolastici gli aumenti andranno da 80,40 euro, per chi ha fino a 8 anni di servizio, fino a 88,40 euro, per chi ha 35 anni di servizio. Per i coordinatori amministrativi e tecnici andranno dagli 81,20 euro fino a 90,20 euro. I dirigenti scolastici, infine, avranno aumenti da 81,50 euro fino a 105,50.

Dopo la firma, i sindacati hanno fatto sapere che «il contratto segna una svolta significativa sul terreno delle relazioni sindacali, riportando alla contrattazione materie importanti come la formazione e le risorse destinate alla valorizzazione professionale».

Fonte: Il Post

sabato 3 febbraio 2018

Sparatoria a Macerata, sei feriti tutti di nazionalità straniera, arrestato l’autore


Nella mattinata di sabato 3 febbraio una sparatoria ha sconvolto la città di Macerata.

Un uomo, armato di pistola, ha iniziato a sparare dalla sua auto in corsa, nella zona della stazione, in via dei Velini e via Spalato. Dopo alcune ore è stato fermato dalla polizia, dinanzi al Monumento ai Caduti, mentre faceva il saluto romano, con addosso un tricolore.

Secondo le prime informazioni l’uomo si chiama Luca Traini e ha ammesso la responsabilità dell’accaduto.

I feriti sono tutti stranieri, cinque uomini e una donna. Sono stati trasferiti in pronto soccorso, e uno di loro è in condizioni gravi

La zona dove è avvenuta la sparatoria, era la stessa di quella dove si sono svolte le indagini che hanno condotto al ritrovamento delle valigie con il cadavere della giovane Pamela Mastropietro, la 18enne romana uccisa alcuni giorni fa.

La ragazza era scomparsa da un centro di recupero per tossicodipendenti. L’unico indagato per l’omicidio al momento è un nigeriano di 29 anni.

Il sindaco di Macerata, Romano Carancini, aveva invitato tutti i cittadini a rimanere chiusi in casa a causa dell’uomo armato.

Anche dopo che l’allarme è rientrato, nella città blindata e barricata nelle case, vi è ancora un clima di terrore.

L’autore della sparatoria ha 28 anni, frequenta la palestra Robbys di Macerata e, secondo alcune fonti citate dalla Stampa, aveva annunciato più volte: “Vado a sparare ai neri”.

Nel 2017 era candidato alle elezioni comunali di Corridonia, in lista con la Lega Nord. Non prese neanche un voto.

Fonte: The Post Internazionale

venerdì 2 febbraio 2018

Cos’è questa storia dei “braccialetti elettronici” di Amazon?

La versione lunga è che è solo un brevetto, non si sa se sarà realizzato, comunque non servirebbe a controllare i lavoratori; la versione breve è che siamo in campagna elettorale

Una dipendente di Amazon in un deposito a Romeoville, in Illinois, Stati Uniti (Scott Olson/Getty Images)

Nel corso di un incontro a Roma con i volontari della campagna elettorale del PD, giovedì pomeriggio il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha detto – parlando di lavoro – che «è facile declamare sui temi del lavoro, ma la sfida ossessiva per chi governa è di costruire lavoro di qualità e non lavoro con il braccialetto». Se il tema generale del discorso sembra piuttosto chiaro, il riferimento al “lavoro con il braccialetto” non lo sarebbe stato fino a poche ore prima, quando i principali giornali italiani avevano riportato la notizia di un nuovo dispositivo progettato dalla grande società di e-commerce Amazon: un braccialetto elettronico da far indossare ai lavoratori dei suoi magazzini per rendere più efficiente il loro lavoro.

Gentiloni non è stato l’unico politico che ieri ha fatto riferimento al braccialetto elettronico di Amazon. Ne avevano già scritto su Twitter con gli stessi toni anche la presidente della Camera Laura Boldrini e il presidente del Senato Pietro Grasso, entrambi candidati con Liberi e Uguali alle prossime elezioni, e la notizia è stata per diverse ore nelle homepage dei principali siti italiani di news. Il braccialetto elettronico per controllare i lavoratori, tuttavia, non esiste.

Quello di cui si è parlato sui giornali – spesso con toni molto allarmisti e preoccupati – è per ora solo un brevetto, che fu depositato da Amazon due anni fa, nel 2016, e che solo recentemente è stato riconosciuto come valido. Il New York Times ha scritto che Amazon non ha voluto commentare la notizia del brevetto, ma che non ci sono per ora prove che voglia davvero produrre e far indossare ai suoi dipendenti i braccialetti elettronici: e d’altra parte è noto che aziende di quelle dimensioni depositano moltissimi brevetti anche solo per avvantaggiarsi sulla concorrenza, prima ancora di decidere se produrre, usare o meno quei dispositivi. La maggior parte restano solo brevetti.

Anche se i braccialetti fossero prodotti e distribuiti ai lavoratori dei magazzini, comunque, non servirebbero a “controllarli”, come sembrano suggerire i commenti dei politici italiani. Il fraintendimento – forse – è dovuto alla somiglianza dell’idea dei braccialetti elettronici di Amazon con quella dei braccialetti elettronici che vengono usati negli Stati Uniti per controllare i movimenti dei detenuti in libertà provvisoria. Come è spiegato sul brevetto del dispositivo, i braccialetti di Amazon servirebbero solo per aiutare i dipendenti a trovare la giusta merce sugli enormi scaffali dei magazzini della società.

GeekWire, il sito di tecnologia che per primo ha riportato la notizia dei brevetti, ha scritto che i braccialetti si triangolerebbero con dei sensori sugli scaffali dei prodotti in modo da sapere immediatamente se i dipendenti hanno preso il giusto prodotto dalla mensola. I braccialetti servirebbero quindi a misurare la posizione della mano di un dipendente in relazione a uno scaffale, e non a controllarne i movimenti durante l’orario di lavoro. Secondo GeekWire il braccialetto potrebbe anche vibrare per far capire al dipendente che lo indossa se ha preso il prodotto corretto dallo scaffale, una verifica che ora viene fatta successivamente con altri sistemi di controllo automatici.

Amazon è spesso stata criticata per le condizioni di lavoro delle persone impiegate nei suoi magazzini, che hanno raccontato di essere sottoposte a turni molto serrati e ritmi a volte estenuanti. Un ex dipendente di Amazon nel Regno Unito ha detto al New York Times che braccialetti come quelli del brevetto potrebbero far risparmiare tempo ai lavoratori, evitando errori inutili, ma che il rischio è comunque che si traducano in un eccessivo controllo sul loro lavoro.

Fonte: Il Post