lunedì 29 aprile 2013
Un attentato di disperazione
ROMA - Ieri una giornata che doveva dare la speranza alla nazione per la costituzione del nuovo governo dopo quasi 70 giorni dal voto, si è trasformata in tragedia. Una tragedia che sembrava figlia di un aspetto psicologico di una persona, invece si è rivelato figlio di una tragedia che si sta consumando in questo paese. Nel mirino dell’uomo c’erano loro, i politici. L’uomo non è riuscito a raggiungerli ed ha sparato ai due carabinieri. Voleva uccidersi, ma non ha calcolato i colpi sparati e non c’è riuscito. Ecco, il racconto è la traduzione di quello che sta succedendo in questo paese. Un paese soffocato dai debiti dello stato e dai debiti personali, conseguenza di una crisi tremenda, tragica, che sta mandando in tilt le menti delle persone. Lo stato ha sbagliato. Bisogna ammetterlo. Il gesto va condannato sempre e comunque, ma va anche detto che la gente è stata abbandonata e pressata dal potere politico che ha ridotto le persone a cavie a disposizione dello stato. Cavie sotto forme di bancomat, pressate dal sistema riscossivo e dalla enorme tassazione fino a giungere a ledere la dignità dell’individuo. Dignità demolita attraverso la mancanza di lavoro. Il sistema è saltato, perché è saltato lo schema che tiene in piedi un paese: la produzione che crea lavoro. Le menti sono diventate fragili, c’è chi riesce a resistere, ma c’è chi non riesce a reagire alla debolezza mentale, fino a giungere a gesti che si trasformano in tragedia. Va condannato tutto quello che crea dolore ad altri individui, ma bisogna fare attenzione a non saper ascoltare chi a quel gesto ci è arrivato, o altri soggetti che possono arrivarci perché si sentono traditi dalle istituzioni. Forse sia il caso che prima di condannare si faccia lo sforzo comune, evitando posizioni ideologiche, per comprendere in pieno quelle che sono le enormi difficoltà che in questo momento distruggono famiglie e imprese, per evitare di dover poi condannare gesti estremi. Ogni gesto è seguito da tanta disperazione. Questa disperazione va ascoltata e seguita con fatti concreti, altrimenti di atti di violenza come quello di ieri a piazza colonna o come quello che mesi scorsi successe a Perugia, si possono ripetere e noi saremo qui a condanne il gesto senza aver però permesso che al gesto non si arrivasse.
Fonte: quotidianoitalia.it
sabato 27 aprile 2013
Prove di accesso: tutte le novità e contraddizioni per le facoltà a numero chiuso
NOVITA’ PER LE PROVE DI ACCESSO - Novità da tempo annunciate entreranno in vigore nelle prove di accesso universitarie per le facoltà a numero chiuso, ovvero Architettura, Medicina, Odontoiatria, Veterinaria, Professioni Sanitarie. Sarà prevista una riduzione del 25% dei quesiti, che passeranno da 80 a 60, verrà operata una drastica riduzione delle domande di “cultura generale” e, per la prima volta, la maturità farà punteggio. Tutto ciò come voluto dalla riforma degli ex- ministri del governo Prodi (2007), Fioroni e Mussi: questa prevedeva di far valere il voto di diploma come bonus nell’accesso ai suddetti corsi a numero limitato. Dopo i continui rinvii del governo Berlusconi, che con il ministro Gelmini non ha mai attuato i cambiamenti previsti dalla riforma, quello di Monti, con Profumo, ha deciso ora di procedere.
Dunque diminuiranno le domande e altrettanto avverrà del tempo per rispondere. Oltre ad accorciarsi, i tempi saranno anche unificati: 90 minuti per tutti, laddove precedentemente il tempo a disposizione variava da facoltà a facoltà (ad esempio, per il test di accesso di Architettura erano previsti 15 minuti in più). Cambierà anche la composizione delle domande, con un ampio ridimensionamento della cultura generale, la quale vedrà la presenza di soli 5quesiti in tutti i test di accesso. Assumerà invece una preponderanza maggiore la logica, cui saranno riservati 25 quesiti su 60. Il resto delle domande, la metà del totale, verterà normalmente sui temi specifici dell’indirizzo prescelto.
CULTURA (TROPPO) GENERALE - Il ridimensionamento delle domande di cultura generale risponde a una precisa esigenza dettata soprattutto, negli anni, da polemiche sorte in più occasioni sui contenuti delle stesse domande sottoposte agli aspiranti universitari: domande spesso estranee non solo ai normali programmi ministeriali della scuola superiore, ma anche ai requisiti necessari per entrare in una determinata facoltà. Spesso oltre i limiti del farsesco. E’ rimasto celebre il caso di una domanda presente nel test di accesso di Medicina dell’Università di Roma la Sapienza, la quale interrogava i candidati sulla grattachecca, ovvero la granita. Una domanda, oltre che fortemente discriminante per chi avesse la sola colpa di non essere romano e di non conoscere questo termine caratteristico, di scarsissima attinenza con la medicina… Questo ridimensionamento lascia speranza sul miglioramento di questa situazione poco coerente.
Inoltre la scelta di considerare come bonus il voto di maturità – che finora veniva preso in esame solo in relazione alla graduatoria per il reintegro, nel corso di studi, di coloro che erano rimasti esclusi da una prima selezione – viene approvata con l’intenzione di favorire gli studenti più meritevoli: un criterio corretto, che però lascia qualche dubbio se si considerano le diversità di standard di giudizio che talvolta caratterizzano la valutazione, a seconda dei diversi istituiti e licei e delle diverse Regioni. Il nuovo provvedimento renderebbe ancora più urgente la questione di un livellamento nazionale scolastico, in questo senso, almeno nei limiti del possibile, per essere veramente efficace.
CORSE CONTRO IL TEMPO - Molte polemiche, però, riguardano alcuni aspetti del decreto, particolarmente i tempi previsti per la preparazione effettiva alla prova di accesso. Anziché a settembre, i test inizieranno a luglio: il 23 per Medicina e Odontoiatria (che saranno accorpati), il 24 per Veterinaria, il 25 per Architettura. Una decisione che, si è spiegato, è stata dettata dalla necessità di adeguarsi agli standard europei, ma che presenta evidenti contraddizioni: come sarà possibile infatti prepararsi alle prove d’accesso così poco tempo dopo gli esami di maturità, o magari persino in contemporanea con gli ultimi orali? Ma non è tutto: pare che nel 2014 i test d’ingresso saranno addirittura anticipati tutti ad aprile, prima ancora degli esami di maturità, nel periodo solitamente critico per la preparazione agli stessi. Con questo stato di cose, la tempistica prevista dal decreto metterà in seria difficoltà, con ogni probabilità, anche il più volenteroso degli studenti.
Fonte: Dailystorm
Dunque diminuiranno le domande e altrettanto avverrà del tempo per rispondere. Oltre ad accorciarsi, i tempi saranno anche unificati: 90 minuti per tutti, laddove precedentemente il tempo a disposizione variava da facoltà a facoltà (ad esempio, per il test di accesso di Architettura erano previsti 15 minuti in più). Cambierà anche la composizione delle domande, con un ampio ridimensionamento della cultura generale, la quale vedrà la presenza di soli 5quesiti in tutti i test di accesso. Assumerà invece una preponderanza maggiore la logica, cui saranno riservati 25 quesiti su 60. Il resto delle domande, la metà del totale, verterà normalmente sui temi specifici dell’indirizzo prescelto.
CULTURA (TROPPO) GENERALE - Il ridimensionamento delle domande di cultura generale risponde a una precisa esigenza dettata soprattutto, negli anni, da polemiche sorte in più occasioni sui contenuti delle stesse domande sottoposte agli aspiranti universitari: domande spesso estranee non solo ai normali programmi ministeriali della scuola superiore, ma anche ai requisiti necessari per entrare in una determinata facoltà. Spesso oltre i limiti del farsesco. E’ rimasto celebre il caso di una domanda presente nel test di accesso di Medicina dell’Università di Roma la Sapienza, la quale interrogava i candidati sulla grattachecca, ovvero la granita. Una domanda, oltre che fortemente discriminante per chi avesse la sola colpa di non essere romano e di non conoscere questo termine caratteristico, di scarsissima attinenza con la medicina… Questo ridimensionamento lascia speranza sul miglioramento di questa situazione poco coerente.
Inoltre la scelta di considerare come bonus il voto di maturità – che finora veniva preso in esame solo in relazione alla graduatoria per il reintegro, nel corso di studi, di coloro che erano rimasti esclusi da una prima selezione – viene approvata con l’intenzione di favorire gli studenti più meritevoli: un criterio corretto, che però lascia qualche dubbio se si considerano le diversità di standard di giudizio che talvolta caratterizzano la valutazione, a seconda dei diversi istituiti e licei e delle diverse Regioni. Il nuovo provvedimento renderebbe ancora più urgente la questione di un livellamento nazionale scolastico, in questo senso, almeno nei limiti del possibile, per essere veramente efficace.
CORSE CONTRO IL TEMPO - Molte polemiche, però, riguardano alcuni aspetti del decreto, particolarmente i tempi previsti per la preparazione effettiva alla prova di accesso. Anziché a settembre, i test inizieranno a luglio: il 23 per Medicina e Odontoiatria (che saranno accorpati), il 24 per Veterinaria, il 25 per Architettura. Una decisione che, si è spiegato, è stata dettata dalla necessità di adeguarsi agli standard europei, ma che presenta evidenti contraddizioni: come sarà possibile infatti prepararsi alle prove d’accesso così poco tempo dopo gli esami di maturità, o magari persino in contemporanea con gli ultimi orali? Ma non è tutto: pare che nel 2014 i test d’ingresso saranno addirittura anticipati tutti ad aprile, prima ancora degli esami di maturità, nel periodo solitamente critico per la preparazione agli stessi. Con questo stato di cose, la tempistica prevista dal decreto metterà in seria difficoltà, con ogni probabilità, anche il più volenteroso degli studenti.
Fonte: Dailystorm
giovedì 25 aprile 2013
25 aprile, la festa della Liberazione
Oggi si festeggia la liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo. Il 25 Aprile è l’anniversario della rivolta armata partigiana e popolare contro le truppe, ormai di occupazione, naziste e i loro fiancheggiatori fascisti della repubblica sociale italiana. Grazie al sangue versato dai partigiani fu possibile dare agli italiani la libertà che era stata negata durante il ventennio di dittatura fascista.
lunedì 22 aprile 2013
Renzi e quell’accordo inevitabile con i “franchi tiratori”
L’ANALISI – Per dare il metro della confusione che regna sovrana nel Partito democratico, basti dire che martedì ci sarà una riunione della direzione per capire chi mandare alle consultazioni con Napolitano. Ad oggi, il pericolo spaccatura è dietro l’angolo. L’unica certezza, infatti, sono quei 101 franchi tiratori che hanno affossato la candidatura di Prodi a presidente della Repubblica sostenuta da Matteo Renzi e dai suoi, un chiaro messaggio al sindaco di Firenze: o si stringono patti interni o non avrà mai il partito. Nel Pd, insomma, si è consumato un vero e proprio congresso. E dietro quel centinaio di voti mancati ci sarebbero sempre loro: i dalemiani, ex popolari ed ex comunisti, insieme ad una componente dei “giovani turchi”. Gli stessi che adesso – sulle macerie della gestione Bersani – potrebbero invece decidere di sostenere proprio Matteo Renzi: il loro potere di veto è chiaro ed è stato misurato nei fatti affossando addirittura la candidatura del fondatore del Partito democratico. Renzi è avvisato.
Proprio il sindaco di Firenze oggi in un’intervista a Repubblica ha spiegato come sia necessario “rifondare” il Pd, sottolineando che “io ci sono. Non sono in cerca di una seggiola. Io in questo partito ci sono e ci resterò con Fassina e Orfini. Bersani ha vinto le primarie ma la sua linea è stata sconfitta. Il partito vuole vincere con una linea diversa? Io ci sono. Vuole cambiare l’Italia? Allora cambiamo il partito per cambiare l’Italia e io ci sono. Rifondiamolo con un riformismo che scalda i cuori, con un’anima”.
I nomi, Renzi, dimostra di conoscerli così come è ben consapevole di essere l’unica alternativa possibile. Ma da quando esiste, il Pd ha sempre mandato alla guida il leader di turno, salvo poi imbrigliarlo tra veti e giochi politici sottobanco. L’alternativa è la scissione dai “padri”, un’ipotesi pericolosa – che dovrà comunque passare prima per il congresso – ma che rischia di essere un salto nel buio rispetto a un elettorato abituato al caro vecchio simbolo “Pd”. O a quel che ne resta.
Fonte: Diritto di critica
Proprio il sindaco di Firenze oggi in un’intervista a Repubblica ha spiegato come sia necessario “rifondare” il Pd, sottolineando che “io ci sono. Non sono in cerca di una seggiola. Io in questo partito ci sono e ci resterò con Fassina e Orfini. Bersani ha vinto le primarie ma la sua linea è stata sconfitta. Il partito vuole vincere con una linea diversa? Io ci sono. Vuole cambiare l’Italia? Allora cambiamo il partito per cambiare l’Italia e io ci sono. Rifondiamolo con un riformismo che scalda i cuori, con un’anima”.
I nomi, Renzi, dimostra di conoscerli così come è ben consapevole di essere l’unica alternativa possibile. Ma da quando esiste, il Pd ha sempre mandato alla guida il leader di turno, salvo poi imbrigliarlo tra veti e giochi politici sottobanco. L’alternativa è la scissione dai “padri”, un’ipotesi pericolosa – che dovrà comunque passare prima per il congresso – ma che rischia di essere un salto nel buio rispetto a un elettorato abituato al caro vecchio simbolo “Pd”. O a quel che ne resta.
Fonte: Diritto di critica
sabato 20 aprile 2013
Giorgio Napolitano rieletto Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano è stato rieletto Presidente della Repubblica. Napolitano, che compirà 88 anni a giugno, ha superato il quorum richiesto nel corso della sesta votazione. Pd, Pdl, Scelta Civica e Lega Nord hanno ridato fiducia al presidente uscente. Un voto che sancisce il prossimo passo: un 'governissimo' per dare all'Italia un governo che agisca su una serie di punti ben precisi per poi andare verso nuove elezioni. E mentre in Parlamento Napolitano veniva proclamato presidente, fuori Montecitorio la tensione è iniziata a salire con grillini e movimenti pro Rodotà scesi in piazza per protestare contro quello che Grillo ha definito un vero e proprio 'colpo di Stato'. E' la prima volta nella storia della Repubblica Italiana che il presidente resta in carica per più dei sette anni previsti dal mandato.
sabato 13 aprile 2013
La Francia approva matrimoni gay e adozioni agli omosessuali
Il Senato francese ha approvato la proposta di legge sul matrimonio omosessuale. Con un giorno di ritardo rispetto all'Uruguay, che ha legalizzato ieri le unioni gay, la controversa proposta del "mariage pour tous" sostenuta con forza dal governo socialista di François Hollande è stata approvata in maggioranza questa mattina.
Il Presidente in persona - sostenuto dall'agguerritissima guardasigilli Christiane Taubira, l'attuale ministro della Giustizia, di cui la legge porta il nome - ha lottato con le unghie e con i denti affinché il progetto venisse approvato all'Assemblée (la Camera dei deputati) nel febbraio scorso, per essere poi sottoposto al Senato della Repubblica.
Il procedimento è stato ritenuto "conforme" dopo una settimana di feroci dibattiti tra opposizione e maggioranza. Hanno votato a favore della legge diversi senatori dell'UMP, il principale partito d'opposizione, e persino dell'UDI, l'Unione dei Democratici indipendenti (centrodestra); va registrata invece l'assenza di alcuni senatori del Partito Socialista.
Il primo articolo, il più importante e controverso, prevede anche la possibilità dell'adozione da parte di una coppia omosessuale che possieda specifici requisiti.
"Quindici anni dopo l'adozione dei Pacs, assaporo questo momento. Partecipo ad un momento storico", ha dichiarato Jean-Pierre Michel, relatore della proposta di legge al Senato.
Fonte: AgoraVox Italia
Il Presidente in persona - sostenuto dall'agguerritissima guardasigilli Christiane Taubira, l'attuale ministro della Giustizia, di cui la legge porta il nome - ha lottato con le unghie e con i denti affinché il progetto venisse approvato all'Assemblée (la Camera dei deputati) nel febbraio scorso, per essere poi sottoposto al Senato della Repubblica.
Il procedimento è stato ritenuto "conforme" dopo una settimana di feroci dibattiti tra opposizione e maggioranza. Hanno votato a favore della legge diversi senatori dell'UMP, il principale partito d'opposizione, e persino dell'UDI, l'Unione dei Democratici indipendenti (centrodestra); va registrata invece l'assenza di alcuni senatori del Partito Socialista.
Il primo articolo, il più importante e controverso, prevede anche la possibilità dell'adozione da parte di una coppia omosessuale che possieda specifici requisiti.
"Quindici anni dopo l'adozione dei Pacs, assaporo questo momento. Partecipo ad un momento storico", ha dichiarato Jean-Pierre Michel, relatore della proposta di legge al Senato.
Fonte: AgoraVox Italia
venerdì 12 aprile 2013
Economia digitale, superano l'Italia anche le Barbados
L’economia digitale boccia il Bel Paese. Secondo il Global Information Technology Report del World Economic Forum, l’Italia è fortemente indietro nella capacità di sfruttare la ‘tecnologia dell’informazione’, nonostante l’economia digitale continui a produrre Pil e posti di lavoro da anni in tutto il mondo.
Il nostro Paese si colloca al cinquantesimo posto in classifica. Sono stati monitorati complessivamente 144 Paesi. Il rapporto si basa su un indice elaborato a partire da 54 parametri: dalla penetrazione di internet alla diffusione degli smartphone alla disponibilità di capitali.
Prima in classifica, la Finlandia, che l’anno scorso aveva conquistato la medaglia di bronzo. Seguono Singapore e Svezia. Ma nella top ten ci sono anche Olanda, Norvegia, Svizzera, Gran Bretagna, Danimarca, Usa e Taiwan.
Precedono l’Italia anche Barbados e Giordania. “In Europa l’indice rivela una profonda divisione tra le economie del Nord e gli altri Paesi che è preoccupante” si legge nel documento. “Non basta migliorare l’accesso alle tecnologie, bisogna creare migliori condizioni per le imprese e l’innovazione”.
Fonte: Young
Il nostro Paese si colloca al cinquantesimo posto in classifica. Sono stati monitorati complessivamente 144 Paesi. Il rapporto si basa su un indice elaborato a partire da 54 parametri: dalla penetrazione di internet alla diffusione degli smartphone alla disponibilità di capitali.
Prima in classifica, la Finlandia, che l’anno scorso aveva conquistato la medaglia di bronzo. Seguono Singapore e Svezia. Ma nella top ten ci sono anche Olanda, Norvegia, Svizzera, Gran Bretagna, Danimarca, Usa e Taiwan.
Precedono l’Italia anche Barbados e Giordania. “In Europa l’indice rivela una profonda divisione tra le economie del Nord e gli altri Paesi che è preoccupante” si legge nel documento. “Non basta migliorare l’accesso alle tecnologie, bisogna creare migliori condizioni per le imprese e l’innovazione”.
Fonte: Young
sabato 6 aprile 2013
Intervista ad Anna, a 4 anni dal terremoto dell'Aquila
Oggi, 6 aprile 2013, ricorre il 4° anno da quella terribile scossa di terremoto delle 3.32 che distrusse L'Aquila, provocando 309 morti. Informare è un dovere intervista Anna, una donna che ha vissuto quel dramma e che vuole raccontare la situazione attuale dell'Aquila, a 4 anni dal terremoto.
Ciao Anna, iniziamo con una domanda semplice. Attualmente com'è la situazione a L'Aquila, a 4 anni dal terremoto?
'La situazione aquilana, a quatto anni dal terremoto, è drammatica, se possibile, ancora più drammatica di quel sei aprile di quattro anni fa. Oggi, tutti o quasi tutti sono concordi nell'affermare che forse potevano essere fatte altre scelte: resta il fatto che il Progetto C.A.S.E. ha prodotto, e continuerà a produrre, effetti irreversibili sia dal punto di vista del futuro aspetto urbanistico della città, sia dal punto di vista di una ricostruzione sociale, a seguito della cesura netta delle relazioni sociali, territoriali e culturali consolidatesi nel corso della millenaria storia della città'.
La ricostruzione come procede?
'La periferia è stata ricostruita soltanto nelle case con danni non pesanti, diciamo che la ricostruzione così detta leggera ha avuto luogo. Le case di periferia gravemente danneggiate dal sisma sono riparate in minima parte. Ma mi preme porre l'accento sulle condizioni nelle quali versa la nostra comunità. Dire disgregata è dire poco. Le 19 new town, costruite ad anello intorno al buco nero della città di una volta, hanno fortemente contribuito alla polverizzazione dei rapporti interpersonali. Abitazioni nate come provvisorie che si stanno trasformando in definitive per quasi 15mila aquilani. Abitazioni totalmente spersonalizzate, nelle quali gli aquilani non hanno potuto portare alcun effetto personale, poiché fornite di tutto dagli appalti della protezione civile di Guido Bertolaso. Nuclei abitativi lontani fra loro parecchie decine di chilometri e tutti lontani dalla città. I bimbi vanno ancora a scuola nei container provvisori, nessun edificio scolastico è stato ancora recuperato, se non quelli immediatamente agibili, dopo il terremoto. Gli aquilani, dopo quattro anni, non hanno alcun luogo deputato alla socializzazione, nessun luogo dove poter svolgere attività comuni. I tristissimi e alienanti centri commerciali hanno sostituito il luogo di incontro per eccellenza: la piazza del Duomo ed il bellissimo corso cittadino'.
Nello specifico, il centro storico della città, uno dei più colpiti dal sisma, ad oggi in che condizioni si trova?
'La città non è stata ricostruita, se per città intendiamo quella vera, cioè il centro storico, il luogo nel quale si svolgeva la vita dell'intera comunità. Il centro storico dell'Aquila è l'emblema del nostro terremoto. Uno dei centri storici più grandi d'Italia, secondo solo ad Arezzo per beni vincolati dalla Sovrintendenza, è, ancora oggi, come lo ha lasciato il terremoto di quella notte. Anzi, è ancora più solo, abbandonato dimenticato. Amministrazioni ed Istituzioni non hanno avuto la volontà di preservarne la memoria. E dopo quattro anni di vite "altre", sradicate, svolte forzatamente altrove, è inevitabile che giaccia sempre più dimenticato. Le promesse sono state tante, troppe, tutte disattese. Sta di fatto che oggi le gru in centro storico sono pochissime, i cantieri pressoché inesistenti, i sotto servizi ancora da approntare, la ricostruzione sbandierata e non ancora iniziata. Tutto questo senza una vera idea della città che dovrà essere. Quel centro storico fa male al cuore e alla vista. E' un buco nero che dovrebbe parlare alle coscienze di chi nella mancata ricostruzione ha responsabilità enormi. I governi in primis, a seguire le istituzioni locali, nella loro insipienza ed inefficacia'.
Un ringraziamento ad Anna Pacifica Colasacco per la disponibilità
mercoledì 3 aprile 2013
Meno informazione equivale a più disoccupazione. Gli italiani meritano di non lavorare?
GLI ITALIANI MERITANO LA DISOCCUPAZIONE? Sia chiaro: il male non si augura a nessuno, men che meno al proprio paese. Ma gli italiani, sempre sulla base della rilevazione del 18 marzo, hanno dimostrato che, da un eventuale governo desiderano per il 24% misure per la crescita (crescita non equivale quasi mai ad economia reale), e per il 14% a misure volte a risanare il buco enorme che abbiamo nella disoccupazione.
Un dato agghiacciante e purtroppo ignorato. La disoccupazione italiana ha infatti superato il 30% e, anche se si dice che un giovane su 3 lavora in Italia (ma al sud la media si alza moltissimo arrivando anche a picchi del 50%), com'è possibile che gli italiani non mettano al primissimo posto la questione lavorativa? E com'è possibile che mettano al primo posto le misure per la crescita?
LE TASSE - Una spiegazione a questo dato agghiacciante che vede un quarto della popolazione preoccupato per le misure di crescita per una percentuale che è quasi il doppio rispetto alle preoccupazioni per le politiche del lavoro. Non importa guardare i cartelli "vendesi" o affittasi" o "cedesi attività" e non importa nemmeno sapere che nei primi due mesi dell'anno sono stati quasi 10 mila i negozi chiusi nel nostro paese e 1000 nella sola Emilia-Romagna. Quel che interessa agli italiani è "crescere". Poiché la crescita è un obiettivo dell'austerità che, a sua volta, ha causato una profonda recessione in Italia come in altri paesi dell'UE, le volontà degli italiani comprate alla disoccupazione italiana diventano improvvisamente un contro-senso. L'unica spiegazione possibile a questi dati è la disinformazione. Gli italiani confondono la crescita con l'occupazione. Ma nel linguaggio economico non sempre crescita equivale ad una crescita proporzionale di posti di lavoro.
Se questa volontà poi si manifesta nel voto stesso e nei consensi, ridisegnando un quadro politico di per sé precario, allora diventa evidente come mai a vincere sono sempre quelli che mettono in ginocchio l'Italia.
Fonte: Young
Un dato agghiacciante e purtroppo ignorato. La disoccupazione italiana ha infatti superato il 30% e, anche se si dice che un giovane su 3 lavora in Italia (ma al sud la media si alza moltissimo arrivando anche a picchi del 50%), com'è possibile che gli italiani non mettano al primissimo posto la questione lavorativa? E com'è possibile che mettano al primo posto le misure per la crescita?
LE TASSE - Una spiegazione a questo dato agghiacciante che vede un quarto della popolazione preoccupato per le misure di crescita per una percentuale che è quasi il doppio rispetto alle preoccupazioni per le politiche del lavoro. Non importa guardare i cartelli "vendesi" o affittasi" o "cedesi attività" e non importa nemmeno sapere che nei primi due mesi dell'anno sono stati quasi 10 mila i negozi chiusi nel nostro paese e 1000 nella sola Emilia-Romagna. Quel che interessa agli italiani è "crescere". Poiché la crescita è un obiettivo dell'austerità che, a sua volta, ha causato una profonda recessione in Italia come in altri paesi dell'UE, le volontà degli italiani comprate alla disoccupazione italiana diventano improvvisamente un contro-senso. L'unica spiegazione possibile a questi dati è la disinformazione. Gli italiani confondono la crescita con l'occupazione. Ma nel linguaggio economico non sempre crescita equivale ad una crescita proporzionale di posti di lavoro.
Se questa volontà poi si manifesta nel voto stesso e nei consensi, ridisegnando un quadro politico di per sé precario, allora diventa evidente come mai a vincere sono sempre quelli che mettono in ginocchio l'Italia.
Fonte: Young
lunedì 1 aprile 2013
Legge elettorale: si torna al Mattarellum? Cos'è e come funziona
Prosegue il dibattito sulla legge elettorale da introdurre nel nostro paese per andare a sostituire quella attualmente in vigore, il famigerato Porcellum; quanto sia reale l’intenzione di un mutamento non è dato sapersi, certo è che continuano a susseguirsi proposte su proposte alcune delle quali piuttosto stravaganti.
Nelle ultime ore è iniziata a circolare l’ipotesi, caldeggiata soprattutto da Beppe Grillo e dal Movimento 5 Stelle, di un ritorno nientemeno che al sistema elettorale vigente in Italia prima del Porcellum, vale a dire il Mattarellum; nomi pittoreschi che ai più non daranno molte indicazioni sul funzionamento reale del sistema di voto e di ripartizione dei seggi. Per questo, dopo aver cercato di spiegare in passato, sul nostro giornale, cos’è il Porcellum e come funziona, tentiamo ora di approfondire il sistema del Mattarellum per comprenderne i meccanismi.
Tutto parte dal referendum abrogativo del 1993 nel quale oltre 11milioni di italiani votarono a favore dell’abrogazione del sistema proporzionale, che era stato in vigore fino ad allora, lasciando campo ad un sistema elettorale misto a prevalenza maggioritario; il Mattarellum per l’appunto, che deve il nome al suo ideatore Sergio Mattarella (ai tempi appartenente alla Democrazia Cristiana).
Tale sistema elettorale è stato in vigore dal 1993 fino al 2001 venendo poi sostituito dal Porcellum, il cui nome nasce dall’autore della legge stessa, ovvero il leghista Roberto Calderoli in veste di ministro delle riforme, il quale non esitò a definire il provvedimento della nuova legge elettorale da lui stesso creata come “una porcata”.
Torniamo al Mattarellum per capire come funziona; questo sistema elettorale è misto in quanto prevede che l’assegnazione dei seggi avvenga per il 75% mediante l'elezione di candidati in collegi uninominali (il territorio nazionale è diviso in 475 collegi per la Camera e 232 per il Senato) ed in base ad un meccanismo maggioritario a turno unico. Vale a dire, viene eletto il candidato che ottiene la maggioranza relativa delle preferenze nel collegio (nessun candidato può presentarsi in più di un collegio).
Il restante 25% dei seggi è assegnato con metodo proporzionale ma con sistemi di valutazione diversi tra Camera e Senato: alla Camera infatti, hanno diritto ad accedere alla suddivisione dei seggi le liste che raggiungono una soglia di sbarramento (che nello specifico è del 4%) ed il calcolo dei seggi spettanti avviene tramite un meccanismo piuttosto farraginoso che è integrato dal cosiddetto metodo dello scorporo, vale a dire una compensazione per i partiti minori che sarebbero altrimenti danneggiati dal sistema uninominale.
Al Senato invece, il meccanismo di divisione dei restanti 82 seggi da assegnare avviene tramite calcolo su base regionale: sostanzialmente in ogni singola regione vengono contati i voti di tutti i candidati perdenti che si collegano ad un gruppo regionale, per poi andare ad assegnare i seggi a coloro i quali hanno ottenuto la miglior percentuale elettorale (anche qui si applica la compensazione dello scorporo).
In sintesi il Mattarellum si caratterizza per essere un sistema elettorale misto, un ibrido basato al 75% su un sistema maggioritario con collegi uninominali, ed al restante 25% su un sistema proporzionale nel quale non si esprimono preferenze. Un sistema elettorale che orienta il sistema politico in un senso fortemente bipolare e che, a differenza dell’attuale sistema elettorale (il Porcellum), consente ai cittadini elettori di scegliere i propri governanti (quantomeno per quel che riguarda la parte maggioritaria, ovvero il 75% dei seggi da attribuire).
Con il referendum del 1993 si volle quindi dare al nostro sistema politico un orientamento prevalentemente uninominale abbandonando il sistema proporzionale che era stato in vigore fino ad allora e che si era attirato molte critiche poiché ritenuto eccessivamente frammentario.
Il Mattarellum venne sostituito nel 2005 dal Porcellum, sistema elettorale tutt’ora in vigore mediante il quale i seggi vengono distribuiti in maniera simile al proporzionale con l’aggiunta di una soglia di sbarramento e del premio di maggioranza; i partiti possono presentarsi singolarmente o in coalizioni indicando, programma, candidato a premier, e lista di candidati per ogni circoscrizione. Nel Porcellum le liste sono bloccate, quindi i cittadini non possono scegliere in autonomia i nomi dei deputati che li rappresentino ma si limitano a votare per alcune liste; scelta dei candidati che, come ormai tutti sanno, viene invece lasciata a monte ai partiti in base alle graduatorie da loro decise.
Fonte: La Vera Cronaca
Nelle ultime ore è iniziata a circolare l’ipotesi, caldeggiata soprattutto da Beppe Grillo e dal Movimento 5 Stelle, di un ritorno nientemeno che al sistema elettorale vigente in Italia prima del Porcellum, vale a dire il Mattarellum; nomi pittoreschi che ai più non daranno molte indicazioni sul funzionamento reale del sistema di voto e di ripartizione dei seggi. Per questo, dopo aver cercato di spiegare in passato, sul nostro giornale, cos’è il Porcellum e come funziona, tentiamo ora di approfondire il sistema del Mattarellum per comprenderne i meccanismi.
Tutto parte dal referendum abrogativo del 1993 nel quale oltre 11milioni di italiani votarono a favore dell’abrogazione del sistema proporzionale, che era stato in vigore fino ad allora, lasciando campo ad un sistema elettorale misto a prevalenza maggioritario; il Mattarellum per l’appunto, che deve il nome al suo ideatore Sergio Mattarella (ai tempi appartenente alla Democrazia Cristiana).
Tale sistema elettorale è stato in vigore dal 1993 fino al 2001 venendo poi sostituito dal Porcellum, il cui nome nasce dall’autore della legge stessa, ovvero il leghista Roberto Calderoli in veste di ministro delle riforme, il quale non esitò a definire il provvedimento della nuova legge elettorale da lui stesso creata come “una porcata”.
Torniamo al Mattarellum per capire come funziona; questo sistema elettorale è misto in quanto prevede che l’assegnazione dei seggi avvenga per il 75% mediante l'elezione di candidati in collegi uninominali (il territorio nazionale è diviso in 475 collegi per la Camera e 232 per il Senato) ed in base ad un meccanismo maggioritario a turno unico. Vale a dire, viene eletto il candidato che ottiene la maggioranza relativa delle preferenze nel collegio (nessun candidato può presentarsi in più di un collegio).
Il restante 25% dei seggi è assegnato con metodo proporzionale ma con sistemi di valutazione diversi tra Camera e Senato: alla Camera infatti, hanno diritto ad accedere alla suddivisione dei seggi le liste che raggiungono una soglia di sbarramento (che nello specifico è del 4%) ed il calcolo dei seggi spettanti avviene tramite un meccanismo piuttosto farraginoso che è integrato dal cosiddetto metodo dello scorporo, vale a dire una compensazione per i partiti minori che sarebbero altrimenti danneggiati dal sistema uninominale.
Al Senato invece, il meccanismo di divisione dei restanti 82 seggi da assegnare avviene tramite calcolo su base regionale: sostanzialmente in ogni singola regione vengono contati i voti di tutti i candidati perdenti che si collegano ad un gruppo regionale, per poi andare ad assegnare i seggi a coloro i quali hanno ottenuto la miglior percentuale elettorale (anche qui si applica la compensazione dello scorporo).
In sintesi il Mattarellum si caratterizza per essere un sistema elettorale misto, un ibrido basato al 75% su un sistema maggioritario con collegi uninominali, ed al restante 25% su un sistema proporzionale nel quale non si esprimono preferenze. Un sistema elettorale che orienta il sistema politico in un senso fortemente bipolare e che, a differenza dell’attuale sistema elettorale (il Porcellum), consente ai cittadini elettori di scegliere i propri governanti (quantomeno per quel che riguarda la parte maggioritaria, ovvero il 75% dei seggi da attribuire).
Con il referendum del 1993 si volle quindi dare al nostro sistema politico un orientamento prevalentemente uninominale abbandonando il sistema proporzionale che era stato in vigore fino ad allora e che si era attirato molte critiche poiché ritenuto eccessivamente frammentario.
Il Mattarellum venne sostituito nel 2005 dal Porcellum, sistema elettorale tutt’ora in vigore mediante il quale i seggi vengono distribuiti in maniera simile al proporzionale con l’aggiunta di una soglia di sbarramento e del premio di maggioranza; i partiti possono presentarsi singolarmente o in coalizioni indicando, programma, candidato a premier, e lista di candidati per ogni circoscrizione. Nel Porcellum le liste sono bloccate, quindi i cittadini non possono scegliere in autonomia i nomi dei deputati che li rappresentino ma si limitano a votare per alcune liste; scelta dei candidati che, come ormai tutti sanno, viene invece lasciata a monte ai partiti in base alle graduatorie da loro decise.
Fonte: La Vera Cronaca
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