L’ANALISI – Per dare il metro della confusione che regna sovrana nel Partito democratico, basti dire che martedì ci sarà una riunione della direzione per capire chi mandare alle consultazioni con Napolitano. Ad oggi, il pericolo spaccatura è dietro l’angolo. L’unica certezza, infatti, sono quei 101 franchi tiratori che hanno affossato la candidatura di Prodi a presidente della Repubblica sostenuta da Matteo Renzi e dai suoi, un chiaro messaggio al sindaco di Firenze: o si stringono patti interni o non avrà mai il partito. Nel Pd, insomma, si è consumato un vero e proprio congresso. E dietro quel centinaio di voti mancati ci sarebbero sempre loro: i dalemiani, ex popolari ed ex comunisti, insieme ad una componente dei “giovani turchi”. Gli stessi che adesso – sulle macerie della gestione Bersani – potrebbero invece decidere di sostenere proprio Matteo Renzi: il loro potere di veto è chiaro ed è stato misurato nei fatti affossando addirittura la candidatura del fondatore del Partito democratico. Renzi è avvisato.
Proprio il sindaco di Firenze oggi in un’intervista a Repubblica ha spiegato come sia necessario “rifondare” il Pd, sottolineando che “io ci sono. Non sono in cerca di una seggiola. Io in questo partito ci sono e ci resterò con Fassina e Orfini. Bersani ha vinto le primarie ma la sua linea è stata sconfitta. Il partito vuole vincere con una linea diversa? Io ci sono. Vuole cambiare l’Italia? Allora cambiamo il partito per cambiare l’Italia e io ci sono. Rifondiamolo con un riformismo che scalda i cuori, con un’anima”.
I nomi, Renzi, dimostra di conoscerli così come è ben consapevole di essere l’unica alternativa possibile. Ma da quando esiste, il Pd ha sempre mandato alla guida il leader di turno, salvo poi imbrigliarlo tra veti e giochi politici sottobanco. L’alternativa è la scissione dai “padri”, un’ipotesi pericolosa – che dovrà comunque passare prima per il congresso – ma che rischia di essere un salto nel buio rispetto a un elettorato abituato al caro vecchio simbolo “Pd”. O a quel che ne resta.
Fonte: Diritto di critica
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