martedì 21 luglio 2015

Italiani rapiti in Libia, indaga anche il governo libico

Ancora incertezza sul sequestro di quattro dipendenti della società Bonatti


Anche il governo libico di Tobruk, guidato dal premier Abdullah al Thani, ha annunciato di aver avviato delle indagini per arrivare alle liberazione dei quattro italiani rapiti l’altro ieri a Sebrata, in Libia, mentre dalla Tunisia rientravano nell’impianto gasiero di Mellitah . I nostri connazionali – Gino Pollicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla – lavoravano presso alcuni impianti petroliferi per attività di trasporto, sviluppo e manutenzione per la società Bonatti di Parma. Sono stati sequestrati nei pressi di un compound dell’Eni.

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ITALIANI RAPITI, INDAGINE DEL GOVERNO LIBICO - In una nota diffusa alla stampa libica, il governo libico ha spiegato: «Abbiamo iniziato le operazioni di ricerca e indagine sul caso dei quattro italiani e non rinunceremo a ogni sforzo per proteggere la loro integrità essendo loro impiegati dell’Ente petrolifero nazionale libico». Per il governo di Tobruk «questo episodio è indicativo sullo stato della sicurezza nel paese che è sempre più pericoloso, in particolare nella aree occidentali del paese controllate dalle milizie illegali». Per questo il governo ha chiesto alla comunità internazionale di abolire l’embargo sulla vendita di armi all’esercito e agli stranieri di non viaggiare nelle aree del paese in mano alle milizie.

ITALIANI RAPITI, RICERCHE DELLE FORZE DI SICUREZZA - La notizia del rapimento era stata diffusa nella mattinata di ieri dal ministero dell’Interno italiano con una nota ufficiale, in cui non veniva specificata l’identità delle persone sequestrate. Nel pomeriggio poi i colleghi della Bonatti hanno postato su Facebook l’immagine di uno striscione appeso alla recinzione del loro compound a Wafa, località della Libia dove opera l’azienda, con la scritta: «Freedom for Gino, Salvo, Filippo e Fausto».

Secondo un’agenzia di stampa locale, Afrigate, i nostri connazionali sarebbero stati prelevati precisamente nella località di Zuara, controllata da milizie islamiste che appoggiano il governo di Tripoli, nella zona nord-occidentale del paese.

«Informiamo – ha fatto sapere la Bonatti qualche ora dopo la notizia della scomparsa – che ieri, 19 luglio 2015, si è verificato in Libia nei pressi di Mellitah il rapimento di quattro tecnici italiani dipendenti della nostra società. Al momento siamo in diretto contatto e coordinamento con le Autorità e con l’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri Italiano. Seguiranno eventuali aggiornamenti».

Secondo fonti militari di Tripoli citate da Al Jazeera, invece, i rapitori sarebbero vicini all’Esercito delle Tribù, milizie tribali ostili a quelle di Tripoli. Secondo le stesse fonti, i quattro italiani sarebbero stati rapiti nel villaggio di al-Tawileh e portati verso Sud.

Sono parole di cautela quelle espresse dal nostro ministro degli Esteri. Paolo Gentiloni ha spiegato che è difficile fare ipotesi sugli autori del rapimento e ha dichiarato che la Farnesina sta lavorando con urgenza con l’intelligence. «L’Unità di Crisi è stata immediatamente attivata – ha fatto sapere ieri – per seguire il caso ed è in contatto costante con le famiglie dei connazionali e con la ditta Bonetti».

Maggiori indicazioni sull’identikit dei rapitori sono infine giunte dall’ambasciatore libico in Italia, Ahmed Safar, in un’intervista rilasciata ad Aki-Adnkronos International. Una delle piste più accreditate per gli inquirenti è quella del rapimento con «motivazioni criminali». S’ipotizza che «uno o più trafficanti di esseri umani» abbia agito per «rappresaglia» contro la missione che punta ad individuare «le navi che salpano dalla Libia per l’Europa». «Questi atti criminali vengono di solito risolti pacificamente una volta che i responsabili sono accuratamente identificati». Safar, dunque, esclude che il sequestro sia un messaggio all’Italia per il ruolo svolto nella crisi libica. «È molto improbabile che ci siano motivazioni politiche» dietro il rapimento. «Fino a stamane non ci sono dichiarazioni note» che fanno ipotizzare che i rapitori abbiano un’agenda politica.

L’Onu ha rivendicato il rilascio immediato dei quattro tecnici italiani. Il ministro degli Esterri italiano Gentiloni ha incontrato a Roma l’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia, Bernardino Leon, spiegando – in merito alla situazione nel paese nordafricano – che «le forze libiche che si sottrarranno o boicotteranno l’accordo siglato il 12 luglio scorso avranno una reazione di isolamento da parte della comunità internazionale». Un’intesa che il governo di Tripoli non ha ancora firmato. Per questo, ha continuato Gentiloni, l’impegno dei prossimi giorni «sarà quello di favorire il coinvolgimento ulteriore di forze che non hanno siglato l’accordo, a iniziare dal Gnc, il Congresso nazionale generale, il parlamento di Tripoli). «Il messaggio che diamo è un invito a tutte le parti libiche a unirsi a questo percorso condividendo la sigla di questo accordo e partecipando al successivo negoziato che dovrà definire i contorni di un futuro governo di unità nazionale».

(Foto di copertina: Eni / Ansa)

Fonte: Giornalettismo

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