Francesco Peloso
Mark Wilson/Getty Images
«Grazie per l'invito che mi avete fatto a venire qui, nella terra dei liberi, nella casa dei valorosi». Papa Francesco ha iniziato così il suo discorso davanti all'assemblea plenaria del Congresso degli Stati Uniti, che per la prima volta accoglieva un capo della Chiesa di Roma. Bergoglio con il suo discorso, con i suoi modi informali, ha indubbiamente conquistato la politica e l'opinione pubblica d'Oltreoceano al di là dei tanti temi critici posti, delle questioni affrontate che spesso dividono democratici e repubblicani e sono fonte di un serrato dibattito nel Paese. Francesco infatti non ha rinunciato a toccare diversi temi caldi: dalla richiesta di abolire la pena di morte all'accoglienza dei migranti, dai limiti da porre a un sistema economico che “scarta” le persone, alla riduzione degli armamenti.
Ma al di là di tutto questo, che pure ha il suo peso, il fatto nuovo è stato che un Papa originario delle Americhe incontrava i più alti rappresentanti del popolo degli Stati Uniti. Nella visione concreta di questo momento, allora, si poteva cogliere il senso di una svolta, di un cambiamento che riguarda la Chiesa, ma più in generale sembra far parte di un mutamento d'epoca. Se la fine dell'egemonia europea in campo economico e culturale in buona parte era infatti già avvenuta, ora anche il cristianesimo cambia continente, muovendo il suo corso dove la tradizione religiosa, cattolica e protestante, ha ancora linfa vitale nonostante i segnali critici, gli scandali. D'altro canto la Chiesa è cambiata anche negli States dove il numero dei cattolici di origine latinoamericana continua a crescere e parallelamente la vecchia struttura sociale cattolica si sta logorando: così i nuovi arrivati, quei migranti appunto di cui parla sempre il papa, stanno rinnovando anche il cattolicesimo.
Francesco ha chiesto poi ai politici e al popolo degli Stati Uniti, di modificare quello che potremmo definire il loro approccio ai problemi del mondo, mettendo da parte una volta per tutte la logica di una contrapposizione faziosa in cui esistono solo “buoni” e “cattivi”: «C’è una tentazione da cui dobbiamo guardarci – ha affermato Francesco - il semplicistico riduzionismo che vede solo bene o male, o, se preferite, giusti e peccatori». E ancora: «Il mondo contemporaneo – ha aggiunto - con le sue ferite aperte che toccano tanti dei nostri fratelli e sorelle, richiede che affrontiamo ogni forma di polarizzazione che potrebbe dividerlo tra questi due campi. Sappiamo che nel tentativo di essere liberati dal nemico esterno, possiamo essere tentati di alimentare il nemico interno. Imitare l’odio e la violenza dei tiranni e degli assassini è il modo migliore di prendere il loro posto. Questo è qualcosa che voi, come popolo, rifiutate».
Per tale ragione «le sfide che oggi affrontiamo, richiedono un rinnovamento di questo spirito di collaborazione, che ha procurato tanto bene nella storia degli Stati Uniti. La complessità, la gravità e l’urgenza di queste sfide esigono che noi impieghiamo le nostre risorse e i nostri talenti, e che ci decidiamo a sostenerci vicendevolmente, con rispetto per le nostre differenze e per le nostre convinzioni di coscienza». In tal modo papa Francesco ha indicato all'America un cambio di paradigma fondamentale della sua storia: non essere più la superpotenza che amministra senza appello la giustizia nel mondo, ma un grande paese in grado di collaborare con altre nazioni e popoli per affrontare le crisi di quest'epoca.
Francesco ha poi toccato il tema dei migranti, facendo però – e questo è stato davvero un passaggio decisivo del suo intervento – riferimento alla storia americana e alla sua personale vicenda umana: «Noi, gente di questo continente – ha detto - non abbiamo paura degli stranieri, perché molti di noi una volta erano stranieri. Vi dico questo come figlio di immigrati, sapendo che anche tanti di voi sono discendenti di immigrati».. Quindi ha aggiunto: «Tragicamente, i diritti di quelli che erano qui molto prima di noi non sono stati sempre rispettati. Per quei popoli e le loro nazioni, dal cuore della democrazia americana, desidero riaffermare la mia più profonda stima e considerazione».
«Quei primi contatti – ha ricordato il papa riferendosi ai nativi americani - sono stati spesso turbolenti e violenti, ma è difficile giudicare il passato con i criteri del presente. Tuttavia, quando lo straniero in mezzo a noi ci interpella, non dobbiamo ripetere i peccati e gli errori del passato». Il grande dramma migratorio dal sud al nord America, la questione dei profughi in Europa, sono tornati più volte nell'intervento del papa che però, questa volta, ha affrontato il tema a partire dalla stessa nascita dell'America moderna, con le sue sofferenze e con i flussi umani provenienti da ogni parte del mondo che ne hanno caratterizzato in modo indelebile la storia.
Infine non si può tralasciare il richiamo ai “fantastici quattro”, indicati dal papa quali esempi e modelli della storia americana: Abraham Lincoln, Martin Luther King, Dorothy Day e Thomas Merton. Un quartetto certamente non comune, in cui i primi due sono più noti, mentre Day e Merton rappresentano l'espressione di un cattolicesimo fortemente impegnato nel sociale, in favore dei poveri, nelle cause per la giustizia, contro ogni guerra e per i diritti civili. Queste, forse, anche le priorità indicate dal papa ai cattolici americani ai quali pure rivolgerà parole importanti fa un paio di giorni, a Filadelfia, per l'Incontro mondiale delle famiglie.
Fonte: Linkiesta.it
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