di Jerome Massiani, Lavoce.info
(GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)
Tratto da Lavoce.info
L’Expo 2015 ha chiuso i battenti, con ampia soddisfazione dei molti che l’hanno visitata, una macchina organizzativa funzionante e un target di visitatori apparentemente raggiunto. Il lavoro svolto con dedizione dall’équipe di Expo ha consentito all’Italia di evitare la figuraccia che diversi avevano temuto.
Cosa possiamo dire invece dei benefici economici? Già in fase di candidatura avevo espresso su queste pagine i miei dubbi sulle aspettative che si erano delineate. Le previsioni prospettavano, infatti, importanti ricadute in termini di spesa dei visitatori: 3,5 miliardi destinati ad attivare da 4 (Certet 2010) a 4,3 miliardi di valore aggiunto (Sda 2013); un contributo al Pil complessivo per l’Italia da 10 (Sda) a 30 miliardi (Certet).
Pur mettendo da parte qui le critiche metodologiche formulate in altre sedi, possiamo ora valutare le stime di previsione alla luce di alcuni risultati preliminari di un nostro studio, basato su una raccolta dati realizzata tra i visitatori di Expo.
Biglietteria
Per quanto riguarda la biglietteria, l’attenzione si è focalizzata sul superamento della soglia dei 20 milioni. Tuttavia, oltre alla discussa trasparenza dei dati, si è assistito a uno slittamento fra obiettivo in termini di visitatori e quello in termini di visite (da 24 a 29 milioni nel dossier di registrazione). E l’obiettivo delle presenze ha sostituito quello del ricavo, con numerosi sconti. Le previsioni erano di ricavi per 520 milioni di euro con 29 milioni di visite (prezzo 2015, p. 364 del dossier di candidatura), con tariffa piena a 42 euro e “prezzo medio di 18 euro” (cap. 13) – ipotesi sostanzialmente confermata nel dossier di registrazione (p. 417) nonostante le mutate condizioni economiche.
La variabile chiave per sapere se gli obiettivi sono stati raggiunti sarà dunque il ticket medio – di cui finora si è poco discusso.
Spese dei visitatori
Più importante della biglietteria è però la spesa addizionale dei visitatori. La Lombardia è probabilmente quella che ha guadagnato di più da Expo, perché ha attivato flussi delle altre regioni. Ma per l’Italia nel suo complesso? Su questo punto, si possono esprimere varie perplessità. In primis, la proporzione di stranieri è stata inferiore a quella prevista. Risultati preliminari indicano un 16 per cento di stranieri (soprattutto francesi e svizzeri) contro previsioni tra il 20 e il 30 per cento, secondo un’indagine Eurisko del 2013. I non-europei, cinesi o altri, raggiungono quote insignificanti. L’Expo ha per lo più captato domanda nazionale o addirittura regionale (38 per cento di lombardi) e non i flussi internazionali. Ancor più importante è il fatto che, nei benefici, deve essere contabilizzata solo la componente addizionale della domanda, ovvero chi non sarebbe venuto in Italia senza l’Expo (o chi ha prolungato il suo viaggio in Italia per la manifestazione).
Esistono diversi metodi utilizzati in ambito internazionale per valutare tali fenomeni. Sulla loro base, il nostro studio mostra che solo il 50,5 per cento delle presenze straniere (e l’1 per cento di quelle italiane) appaiono addizionali. Mentre la spesa addizionale sarebbe di 960 milioni di euro per gli stranieri e di non più di 30 milioni per gli italiani, per un totale stimabile in circa 1 miliardo, con effetti indiretti e indotti fino a 1,36 miliardi di valore aggiunto, contro i 4 pronosticati. Ai risultati ridotti rispetto alle aspettative della spesa privata, si aggiungono poi interrogativi sugli effetti rispetto alla spesa pubblica, che pure dovranno essere approfonditi.
Il beneficio economico dei visitatori dell’Expo si riassumerebbe dunque negli 1,3 miliardi di valore aggiunto generati dalla spesa turistica addizionale. Potrebbe apparire come un buon risultato, ma si tratta di un impatto lordo da confrontare con il costo sostenuto e un bilancio economico realistico sfida le facili interpretazioni. Già la nozione di costo dell’evento non è univoca: non ci sono infatti solo i costi d’organizzazione, si possono considerare anche gli investimenti per il sito o per le opere connesse; oppure, come purtroppo si fa raramente, aggiungere tutti i costi nascosti di tali eventi, come sicurezza, esenzioni fiscali concesse per l’evento e altri ancora.
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Fonte: Linkiesta.it
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