Richiedenti asilo e migranti vengono soccorsi dalla guardia costiera nel mar Egeo l’8 novembre del 2015. (Umit Bektas, Reuters/Contrasto)
L’11 novembre è cominciato a Malta un vertice internazionale sull’immigrazione a cui partecipano una sessantina di stati europei e africani, insieme a diverse organizzazioni regionali tra cui l’Unione europea, l’Unione africana, l’Alto commissariato per l’Onu dei rifugiati (Unhcr) e la Comunità economica dei paesi dell’Africa occidentale (Ecowas).
Gli stati europei sono pronti a finanziare i paesi africani con miliardi di euro di aiuti in cambio di procedure più rapide per il rimpatrio dei migranti irregolari, arrivati in Europa negli ultimi mesi. Tuttavia gli stati africani sono riluttanti ad accettare questo tipo di accordi, perché le rimesse dei connazionali, emigrati all’estero sono un fattore importate di sviluppo e ricchezza per molti paesi del continente.
Quest’anno 800mila persone hanno raggiunto l’Europa in cerca di un futuro migliore, circa 150mila persone hanno attraversato il Mediterraneo, di questi circa tremila hanno perso la vita durante la traversata.
Il vertice, che durerà due giorni, era stato convocato a giugno dal Consiglio europeo, nell’ambito dell’approvazione delle nuove linee guida dell’Unione europea sull’immigrazione, dopo un ennesimo tragico naufragio, avvenuto il 16 aprile davanti alle coste libiche. Ecco gli argomenti di cui si discuterà alla Valletta:
- Aiuti. La Commissione europea annuncerà la creazione di un fondo di aiuti per l’Africa che dovrebbe ammontare a 1,8 miliardi di euro. Ma gli stati europei sono reticenti ad approvare un impegno economico simile.
- Espulsioni e rimpatri. L’Europa chiederà ai paesi africani di approvare degli accordi bilaterali per permettere il rimpatrio nei paesi d’origine degli immigrati irregolari, a cui è stato negato asilo in Europa.
- Contrasto del traffico di esseri umani. Si discuterà del contrasto al traffico di esseri umani lungo le rotte migratorie in collaborazione con l’Interpol.
- Indagine sulle cause delle migrazioni. L’Unione europea chiederà ai paesi africani di condurre una ricerca approfondita sulle cause delle migrazioni e delle possibili misure per contenere il fenomeno.
- Canali legali e asilo. Inoltre si cercherà di garantire dei canali legali d’ingresso in Europa, anche attraverso l’istituzione di procedimenti per ottenere asilo nei campi profughi che si trovano lungo le rotte migratorie.
- Risoluzione dei conflitti. Infine gli stati europei s’impegneranno in missioni diplomatiche per risolvere i conflitti in Libia, nel Sahel, nel lago Ciad e nel Corno d’Africa.
I punti critici del dialogo tra paesi africani ed europei sull’immigrazione
- Il doppio standard dell’Unione europea: migranti economici e rifugiati. L’Unione europea vuole sottoscrivere accordi ad hoc con i diversi paesi africani per velocizzare i rimpatri dei migranti irregolari a cui è stato negato l’asilo in Europa. I paesi africani, tuttavia, accusano l’Unione europea di avere adottato un doppio standard per i migranti in arrivo dal Medio Oriente e per quelli africani, in particolare accusano l’Europa di concedere asilo solo ai profughi siriani e di respingere le domande dei migranti di origine africana e subsahariana su base etnica, invocando la definizione di “migrante economico”. I paesi africani sostengono che ci dovrebbero essere dei canali legali d’ingresso in Europa, anche per chi è in fuga dalle carestie provocate dai cambiamenti climatici o dallo sfruttamento intensivo delle terre, per chi scappa dalla povertà o da guerre meno coperte dai mezzi d’informazione come il conflitto nella Repubblica Centrafricana, in Sud Sudan o nel nord della Nigeria.
- Più rimpatri, in cambio della detassazione sulle rimesse. Per i paesi africani l’immigrazione è una risorsa, perché le rimesse degli emigranti rappresentano un’importante entrata per la maggior parte delle economie del continente, ma è anche una forma d’impoverimento, perché i settori più dinamici della società, in particolare i giovani, lasciano il continente. Secondo Quartz ogni anno gli africani della diaspora mandano a casa 30 miliardi di dollari. Un rapporto della Banca mondiale ha mostrato che il volume delle rimesse degli emigranti è superiore agli aiuti donati dalla cooperazione internazionale all’Africa. Inviare i soldi nel proprio paese d’origine però è costoso: secondo alcune stime gli africani pagano per le rimesse il 7 per cento di quello che inviano. Secondo il Financial Times, nel vertice della Valletta l’Unione europea potrebbe approvare delle misure per diminuire i costi delle rimesse, in cambio di maggiori concessioni sul piano delle espulsioni e dei rimpatri da parte delle nazioni africane.
- L’immigrazione come risorsa o come problema. Secondo alcuni analisti, i margini per trovare una strategia condivisa tra Unione europea e Unione africana sono bassi, perché per i paesi africani l’immigrazione è uno strumento di sviluppo e di crescita economica, mentre l’Unione europea considera l’immigrazione un problema da gestire, che ha a che fare soprattutto con il controllo delle sue frontiere esterne. L’Unione africana ha un programma comune sull’immigrazione dal 2006 e ha chiesto all’Unione europea di rivedere le sue politiche di cooperazione con l’Africa, in particolare per quanto riguarda gli accordi commerciali e agricoli che sono stati spesso una causa di impoverimento delle economie africane.
- Un ricatto politico per l’Unione africana. L’Unione europea è il principale donatore di aiuti per l’Africa, per questo la promessa di più fondi per la cooperazione in cambio di accordi per i rimpatri è percepita da molti leader africani come un ricatto che indebolirà la posizione dell’Africa nel suo rapporto con l’Europa. Inoltre in molti temono che se non sarà raggiunto un accordo tra l’Unione europea e l’Unione africana, l’Europa potrebbe cercare degli accordi con i singoli stati africani e rompere il fronte politico comune dell’Unione. Inoltre l’Europa ha deciso di tenere fuori dal vertice della Valletta alcuni leader africani come il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe, che è anche presidente dell’Unione africana, e questa decisione potrebbe creare divisioni e scontento tra i leader africani.
Fonte: Internazionale
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