Di Arianna Pescini
Nuovi vincoli ambientali e l’obiettivo, da qui a 30 anni, di frenare la cementificazione selvaggia. La legge approvata dalle Commissioni ambiente e agricoltura è in dirittura d’arrivo per l’esame delle Camere, anche se l’ampio potere decisionale del governo ha fatto storcere il naso a chi avrebbe preferito una regolamentazione unica e decisiva ma più “democratica”. In realtà anche le Regioni avranno un ampio margine di manovra, e potranno diversificare i provvedimenti da caso a caso. Il testo finale, che verrà sottoposto prima al parere della Conferenza Unificata Stato-Regioni, terrà conto infatti delle specificità territoriali, e definirà la «riduzione progressiva vincolante di consumo del suolo», ad esclusione però delle opere ed infrastrutture di interesse nazionale o regionale, che non saranno interessate quindi dalla legge. I punti salienti della normativa sono i seguenti:
- Tre anni di blocco Fino all’approvazione dei nuovi Piani Regionali non sarà consentito altro consumo del suolo tranne quello previsto per le opere prioritarie e i lavori inseriti nella programmazione urbanistica. C’è da sottolineare, però, che la cementificazione già in atto non verrà interrotta, quindi l’intervento di contenimento varrà solo per i casi che si presenteranno dopo il varo della legge.
- Ristrutturazione e rigenerazione urbana Saranno le Regioni ad attuare il decreto indicando, entro 180 giorni dall’approvazione della legge, le modalità di rinnovo edilizio dei siti individuati dai Comuni, e incentivando questi ultimi a promuovere la sostenibilità del territorio, attraverso strumenti come piste ciclabili, efficienza energetica, trasporto collettivo, gestione delle acque e riduzione dei deflussi;
- Censimento degli edifici sfitti Le Regioni dovranno anche far redigere ai Comuni un censimento degli «edifici pubblici e privati sfitti, non utilizzati o abbandonati», che costituirà una banca dati per attuare il recupero e il riuso di questi immobili. Ogni anno l’amministrazione riferirà al Prefetto le nuove situazioni di proprietà in stato di degrado o progressivo abbandono ai danni del paesaggio e dell’ambiente;
- Delega al governo per interventi tempestivi sulle aree degradate Entro nove mesi il governo potrà semplificare le procedure per l’attuazione di riqualificazione delle zone più depresse dal punto di vista «urbanistico, socio-economico e ambientale». Previsti quindi gli iter di demolizione, ricostruzione, creazione di aree verdi e pedonali, per un miglioramento della qualità della vita.
- Aree agricole La legge vieta per 5 anni mutamenti di destinazione per le superfici coltivate che hanno beneficiato di aiuti comunitari, e fissa criteri rigidi per la salvaguardia delle zone agricole e delle produzioni, tenendo conto «della sicurezza ambientale, dell’estensione delle coltivazioni e delle caratteristiche dei suoli».
I malumori di Sel Alcuni esponenti delle opposizioni contestano la legge, che ritengono modificata in negativo rispetto agli inizi. In particolare Sel ed ex appartenenti al M5s definiscono il testo come un «un provvedimento che si è tramutato in un rilancio dell’edilizia, piuttosto che in una misura per contenere il consumo del suolo». Sotto accusa anche la delega «in bianco» che di fatto avrà il governo sul tema della rigenerazione urbana.
Un Paese di cemento Dibattito politico a parte, di sicuro il territorio è in stato di emergenza. Secondo recenti dati dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), che stila ogni anno un rapporto sul consumo del suolo, l’Italia è uno dei Paesi europei con il maggiore sfruttamento dei terreni, anche e soprattutto in aree idrogeologicamente delicate o particolari. Basti pensare che nel 2014 la superficie italiana cementificata ha raggiunto il 7 per cento del territorio nazionale (nel 2006 era il 6,4 per cento, nel 1996 il 5,7), ovvero 345 metri quadri per ogni abitante. In Italia vengono “consumati” 7 metri quadrati ogni minuto, l’estensione di 80 campi da calcio al giorno. È la Liguria, tra le Regioni della Penisola, ad avere il tasso maggiore di consumo del suolo effettivo, ovvero quello che emerge considerando la concreta possibilità di degrado di un terreno.
Fonte: Diritto di critica
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