Il nuovo presidente filippino Duterte bacia la bandiera per festeggiare la vittoria. Credit: Romeo Ranoco
Rodrigo Duterte ha vinto le elezioni presidenziali nelle Filippine. I suoi rivali hanno ammesso la sconfitta. Il 71enne ex sindaco di Davao ha ottenuto circa il 40 per cento dei suffraggi, che corrispondono a circa 15 milioni di preferenze, staccando di alcuni milioni di voti i suoi avversari.
La sua campagna era fortemente incentrata sull’ordine pubblico e la sicurezza. Durante i suoi mandati come sindaco di Davao, città nota per l’alto tasso di criminalità, ha messo in atto un pesante giro di vite contro i criminali, tanto da essere soprannominato “il castigatore”.
In molti lo hanno definito “il Donald Trump delle Filippine”, per la somiglianza di idee con il candidato repubblicano statunitense. Durante la campagna elettorale alcune sue affermazioni hanno molto fatto discutere, in particolare quella in cui diceva di voler uccidere centinaia di criminali.
Altri temi caldi della sua campagna elettorale sono stati la lotta alla corruzione dilagante, alla povertà e alla disuguaglianza.
Secondo quanto promesso finora, Duterte metterà in piedi una revisione radicale del sistema politico. I gruppi di attivisti per i diritti umani hanno già avvertito che si potrà ripetere quello che è già successo a Davao, dove squadroni della morte sono stati chiamati a uccidere centinaia di presunti criminali.
L’affluenza alle urne è stata alta: oltre l’80 per cento dei 54 milioni di elettori si è recata a votare. Oltre alle presidenziali si sono tenute le elezioni per 18mila amministratori locali.
“È con umiltà, estrema umiltà, che accetto questo mandato del popolo”, ha dichiarato dopo la vittoria Rodrigo Duterte, ex avvocato, che era diventato sindaco di Davao per la prima volta nel 1988.
Il presidente uscente Benigno Aquino aveva più volte cercato di riunire i candidati, avvertendo che se avesse vinto Duterte, ci sarebbe stato un ritorno alla dittatura, ma nessuno ha accettato di ritirarsi dalla corsa per evitare la dispersione dei voti.
"Ho bisogno del vostro aiuto per fermare il ritorno del terrore nella nostra terra, non posso farlo da solo", aveva detto Aquino in un recente appello agli elettori.
Le operazioni di voto sono state caratterizzate da episodi di violenza. Almeno dieci persone sono morte in una serie di agguati legati alle elezioni in corso, in un arcipelago dove la violenza politica, specie a livello locale tra clan rivali, è un problema cronico.
Tuttavia, le autorità di Manila hanno definito gli attacchi "incidenti isolati", senza effetto sui risultati del voto, che si è svolto in generale in un'atmosfera pacifica.
L'episodio più grave si è verificato a Rosario, una città vicino a Manila nota per essere un'area di faide locali, dove sette persone sono state uccise in un'imboscata a poche ora dall'apertura dei seggi.
Nell'isola meridionale di Mindanao, a Guindulungan un elettore è stato ucciso con un colpo d'arma da fuoco mentre era al seggio, mentre a Cotabato un passante è morto nell'esplosione di una boma a mano lanciata in un mercato dove erano in corso le operazioni di voto.
Fonte: The Post Internazionale
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