(ANSA/ GUIDO MONTANI)
Michele Serra ha scritto sul numero di Repubblica di venerdì 27 maggio un editoriale in cui spiega come dovrebbe essere accolto il ritorno in Italia di Salvatore Girone, il fuciliere di marina accusato dal 2012 dell’omicidio di due pescatori indiani assieme al suo collega Massimiliano Latorre e da allora trattenuto agli arresti in India in attesa della risoluzione di una complicata vicenda giudiziaria. Serra spiega che bisogna essere contenti per il suo ritorno, e “discretamente affettuosi” nei suoi confronti, senza però trattarlo da eroe o da reduce di guerra: secondo Serra, i due fucilieri sono “due lavoratori travolti da un destino sanguinoso, per giunta sanguinoso a carico d’altri”, e quindi andrebbero evitate “fanfare” e “la pomposa ufficialità istituzionale purtroppo intuibile da alcune dichiarazioni governative”.
Il marinaio Salvatore Girone ritorna in Italia, raggiungendo il suo compagno di sventura Massimiliano Latorre già rimpatriato per ragioni di salute. È una bella notizia e un indubbio successo del governo italiano, specie del ministro degli Esteri Gentiloni.
Ma il modo con il quale Girone sarà accolto non è un dettaglio; e anzi potrà dirci parecchio sulle persone che ci governano e più in generale sull’equilibrio psicologico del nostro Paese, della nostra comunità politica e della nostra comunità mediatica. Girone e Latorre non sono eroi e non sono prigionieri di guerra. Sono militari italiani imputati dalle autorità indiane di avere, per un tragico equivoco, ucciso due pescatori scambiandoli per pirati. E’ successo nel corso del loro difficile compito di sorveglianza di una nave commerciale.
Fonte: Il Post
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