Un jet da ricognizione Tornado tedesco. Credit: Ruben Sprich
Nella giornata di venerdì 4 dicembre, il parlamento tedesco ha scelto di supportare la campagna militare internazionale contro l’Isis in Siria con 445 voti a favore, 146 contrari e 7 astenuti, su un totale di 598 parlamentari.
Il piano prevede la fornitura da parte della Germania di aerei da ricognizione Tornado, della fregata Sachsen a supporto della portaerei francese Charles De Gaulle e di 1200 soldati che saranno spediti nella regione.
La Germania non sarà direttamente impegnata nei raid aerei poiché la costituzione tedesca impedisce al Paese di combattere sul suolo straniero.
Prima del voto, diversi parlamentari hanno espresso preoccupazioni in merito alla possibile lunga durata che avrà la missione. Secondo quanto dichiarato da Andre Wuestner, presidente dell’associazione delle forze armate tedesche, “se presa sul serio, la lotta andrà avanti per ben più di 10 anni”.
Il governo tedesco ha giustificato l'appoggio ai raid aerei internazionali dicendo che la Germania sarebbe diventata un obiettivo dell’Isis. Inoltre Berlino vuole dimostrare la propria solidarietà alla Francia dopo gli attacchi di Parigi.
Sarà la più costosa operazione militare attualmente in corso della Germania. Il mandato, infatti, durerà inizialmente un anno e costerà 134 milioni di euro.
L’associazione delle forze armate tedesche ha sconsigliato di partecipare al conflitto se non con degli obiettivi precisi, mentre secondo la presidente del partito dei Verdi, Simone Peter, potrebbero mancare le basi legali per una missione in assenza di una risoluzione delle Nazioni Unite.
La più grande operazione militare della Germania finora è stata quella in Afghanistan, anche se nel corso del tempo l'impegno di Berlino sul territorio afgano si è ridotto e attualmente meno di mille soldati tedeschi sono presenti nel Paese.
La votazione dei parlamentari tedeschi segue quella del parlamento britannico di mercoledì 2 dicembre, dopo la quale le forze britanniche hanno condotto i primi raid aerei in Siria nella giornata di giovedì 3 novembre.
Fonte: The Post Internazionale
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