L'aula del Senato. ANSA / GIUSEPPE LAMI
Martedì 13 ottobre il Senato ha approvato la riforma del Senato, il cosiddetto “ddl Boschi”. Si trattava della “prima lettura”, cioè della prima votazione che devono fare Camera e Senato sulle leggi costituzionali. La riforma è stata approvata dal Senato con 178 voti favorevoli, 17 contrari e 7 astenuti; chi si opponeva alla riforma ha preferito non partecipare al voto. Oltre alla riforma del Senato, di cui si è molto discusso, il “ddl Boschi” modifica anche altre parti della Costituzione, in particolare per quanto riguarda il titolo V, cioè la parte del testo costituzionale che tratta il rapporto tra Stato e Regioni.
L’iter delle leggi costituzionali
L’iter legislativo per le leggi costituzionali è abbastanza complesso: è previsto che le riforme della costituzione siano possibili, ma solo quando c’è un vasto consenso parlamentare e con dei tempi che permettano di analizzare le conseguenze del cambiamento. Questo per evitare che la Costituzione venga cambiata troppo spesso o da governi eletti con maggioranze risicate. Per ogni legge costituzionale è prevista prima un’approvazione in “prima lettura” da entrambe le camere. Il testo approvato dalle due camere deve essere lo stesso: quindi se, per esempio, viene approvato dalla Camera dei Deputati e poi il Senato lo approva ma con delle modifiche, allora deve tornare alla Camera dei Deputati per un’altra approvazione. Che è quello che è successo in questo caso, con il “ddl Boschi”. Dopo la “prima lettura” devono trascorrere tre mesi prima che il testo torni a dovere essere approvato da tutte e due le camere, ma con una maggioranza di 2/3 dei componenti. Se viene approvata con una maggioranza minore allora può comunque entrare in vigore, ma deve prima essere confermata con un referendum – chiamato referendum confermativo – senza quorum, cioè senza un numero minimo di votanti che vi debba partecipare.
Il nuovo Senato
Se il “ddl Boschi” dovesse diventare legge finirebbe il cosiddetto “bicameralismo perfetto”: al momento le due camere – Camera e Senato – svolgono più o meno le stesse funzioni. Con la riforma il Senato perderebbe molti dei suoi poteri e il grosso del potere legislativo finirebbe in mano alla sola Camera dei Deputati. Il Senato cambierebbe composizione: sarebbe formato da consiglieri regionali nominati dai rispettivi consigli regionali. In realtà le modalità esatte di elezione dei nuovi senatori/consiglieri saranno delineate in seguito con leggi ordinarie: nel “ddl Boschi” è scritto solo che saranno eletti «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi». Questo per evitare che i consigli regionali abbiano troppa discrezione nella scelta dei senatori e siano invece vincolati da una scelta popolare.
Con il nuovo Senato il governo avrà bisogno solo della fiducia della Camera dei Deputati: chi è contrario alla riforma teme che in questo modo i futuri governi abbiano troppo poteri e l’equilibrio tra governo e Parlamento sia sbilanciato. Chi è a favore della riforma usa più o meno gli stessi argomenti ma sostenendo che invece è necessario snellire il processo legislativo, evitando che le leggi debbano fare continui passaggi da una camera all’altra – la cosiddetta “navetta” – prima di entrare in vigore.
Fonte: Il Post
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