Le forze di sicurezza israeliane controllano i documenti di una donna palestinese in uno dei nuovi posti di blocco a Gerusalemme Est, il 15 ottobre 2015. (Oded Balilty, Ap/Ansa)
Una donna israeliana è rimasta ferita mercoledì sera in un’aggressione con coltello nella fermata centrale degli autobus di Gerusalemme, nella giornata in cui le forze di sicurezza israeliane hanno aumentato le misure di sicurezza e i controlli in ingresso e in uscita dalla parte araba della città. L’aggressore, un palestinese di 23 anni residente a Gerusalemme est, è stato inseguito dalla polizia e ucciso a colpi d’arma da fuoco poco dopo.
Nel pomeriggio le forze dell’ordine avevano sventato un altro tentativo di accoltellamento vicino alla porta di Damasco nella città vecchia. Secondo la polizia israeliana, un giovane palestinese avrebbe tentato di pugnalare un agente mentre si stava avvicinando per perquisirlo, così i poliziotti hanno aperto il fuoco e l’hanno ucciso e negli spari sarebbero rimasti feriti anche due passanti. L’agenzia di stampa palestinese Maan l’ha identificato come un giovane di 20 anni proveniente da Hebron.
Al termine di una riunione durata sette ore tra martedì e mercoledì, il governo israeliano ha ordinato alle forze di sicurezza di circondare e chiudere le aree di Gerusalemme da dove sono arrivati l’80 per cento dei palestinesi che in queste due settimane hanno perpetrato gli attacchi. Oltre a ciò sono stati dispiegati militari in tutto il paese e le autorità hanno deciso di togliere la residenza ai responsabili degli accoltellamenti e demolirne le case di famiglia.
I palestinesi hanno denunciato i posti di blocco attorno alle zone arabe come “una punizione collettiva”, nelle parole di Saeb Erekat, uno dei consiglieri di Abu Mazen. Lo stesso presidente palestinese ha parlato in televisione spiegando di appoggiare una “resistenza pacifica” e chiedendo la protezione della comunità internazionale.
Il segretario di stato statunitense John Kerry starebbe cercando di organizzare un vertice in Cisgiordania con re Abdullah di Giordania, il premier israeliano Benjamin Netanyahu e Abu Mazen, mentre il portavoce del dipartimento di stato statunitense John Kirby ha espresso “preoccupazione” per le notizie di “un’attività di sicurezza che potrebbe indicare la possibilità di un uso eccessivo della forza” da parte delle autorità israeliane.
Sette israeliani e almeno 30 palestinesi sono morti nelle ultime due settimane di tensioni. Gli episodi di violenza si sono intensificati da giovedì 1 ottobre, quando una coppia di ebrei ultraortodossi è stata uccisa mentre viaggiava in auto con i tre figli nel nord della Cisgiordania. Israele ha poi vietato l’accesso alla città vecchia di Gerusalemme a tutti i palestinesi non residenti, provocando diversi scontri e manifestazioni in Israele, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.
Fonte: Internazionale
Nessun commento:
Posta un commento