(ANSA/ANGELO CARCONI)
Giovedì sera Federica Guidi si è dimessa da ministro dello Sviluppo Economico, dopo la pubblicazione di alcune intercettazioni di conversazioni del novembre 2014 tra lei e il suo compagno Gianluca Gemelli, in cui Guidi lo rassicurava sull’approvazione di un emendamento che, secondo gli atti dell’inchiesta della procura di Potenza che contengono l’intercettazione, avrebbe favorito i suoi interessi economici inerenti a un centro di estrazione petrolifera in Basilicata.
Il progetto Tempa Rossa
Tempa Rossa è un grande centro di estrazione petrolifera che si trova in provincia di Potenza (Basilicata), “nell’alta Valle del Sauro a cavallo tra la Val d’Agri e la Val Camastra”: è gestito dalla società francese Total. Al momento, secondo il sito di Total, negli impianti del centro di estrazione sono stati scavati sei degli otto pozzi previsti dal progetto: “A regime l’impianto – tra i più evoluti nel settore petrolifero – avrà una capacità produttiva giornaliera di circa 50.000 barili di petrolio, 230.000 m³ di gas naturale, 240 tonnellate di GPL e 80 tonnellate di zolfo”. Si stima che il progetto valga 1,6 miliardi di euro in investimenti e comporti l’assunzione di 300 persone solo per la fase di costruzione.
Per molto tempo i lavori di costruzione dell’impianto erano stati bloccati a causa delle proteste di associazioni e comuni – soprattutto il comune di Taranto, mentre la regione Puglia aveva espresso parere favorevole – per il timore che l’inquinamento prodotto avrebbe creato gravi danni ambientali. Nel dicembre del 2014 mancavano ancora le autorizzazioni per la costruzione di alcune opere accessorie all’impianto di estrazione: un oleodotto che lo collegasse al porto di Taranto e una nuova e più lunga banchina nel porto. I ricorsi e le delibere del comune di Taranto avevano di fatto bloccato i lavori. L’emendamento al centro di questa storia, il 2.9818 del maxiemendamento alla legge di stabilità del 2015, aggiunge le opere come quelle per l’impianto di Tempa Rossa tra quelle la cui approvazione compete al governo – precisamente al ministero dello Sviluppo Economico, cioè a Federica Guidi – e non agli enti locali, e in questo modo rende più facile lo sblocco dei lavori. Pochi mesi prima dell’approvazione dell’emendamento, Matteo Renzi aveva visitato il centro di Tempa Rossa e lo aveva definito di “interesse strategico”; il governo considera il progetto come «il principale programma privato di sviluppo industriale in corso in Italia».
Secondo la procura di Potenza Gianluca Gemelli – il compagno di Federica Guidi, descritto dal Corriere come titolare di due società, la Ponterosso Group e la Its srl – aveva interessi commerciali legati all’avanzamento dei lavori per la costruzione dell’impianto, per via di due subappalti. Le dimensioni dell’investimento complessivo e il coinvolgimento di grandi aziende internazionali fa pensare che la posizione pubblicamente favorevole del governo non si possa ricondurre agli interessi del compagno di Federica Guidi, ma quanto accaduto con un particolare emendamento alla legge di stabilità rende evidente un conflitto di interessi e, secondo la procura di Potenza, anche alcune ipotesi di reato. Federica Guidi non è indagata, comunque, mentre il suo compagno è indagato per millantato credito (“Chiunque, millantando credito presso un pubblico ufficiale, o presso un pubblico impiegato che presti un pubblico servizio, riceve o fa dare o fa promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione verso il pubblico ufficiale o impiegato”): la procura insomma non accusa lei di avere favorito lui, ma lui di avere approfittato della posizione di lei.
L’emendamento
L’emendamento di cui si parla è quello che diventerà il numero 2.9818, contenuto nel maxi-emendamento presentato dal governo alla legge di stabilità del 2015 e approvato dal Senato nella notte tra il 19 e il 20 dicembre del 2014. L’emendamento 2.9818 modificava un comma del decreto legge del 9 febbraio 2012, che stabiliva la competenza del governo nel dare autorizzazioni per la costruzione e la gestione di impianti per l’estrazione di oli minerali, aggiungendo che l’autorizzazione spettava al governo anche per “le opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie, ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo sfruttamento di titoli concessori, comprese quelle localizzate al di fuori del perimetro delle connessioni di coltivazione”.
Il giorno dopo l’approvazione del maxiemendamento, il Sole 24 Ore scrisse: “il progetto Tempa Rossa fa un passo avanti nella parte che riguarda Taranto. Nel maxi-emendamento alle legge di Stabilità approvato nelle scorse ore dal Senato dopo che è stata posta la fiducia, c’è anche la norma che sblocca la costruzione della base logistica del giacimento petrolifero della Basilicata. […] Nel caso specifico le opere che a Taranto, all’interno della raffineria Eni, serviranno a raccogliere il petrolio in arrivo, via oleodotto, dalla Basilicata, stoccarlo e poi caricarlo sulle petroliere. Incassato il via libera del Senato, la legge di Stabilità torna adesso alla Camera per l’approvazione finale ma di fatto per Tempa Rossa il percorso autorizzativo si è rafforzato”. Il Corriere della Sera scrive però che l’emendamento di fatto “non è stato poi mai attuato perché l’esecutivo ha preferito non utilizzare i poteri sostitutivi nei confronti del Comune di Taranto che si opponeva al sito”.
Cosa c’è nelle intercettazioni telefoniche
L’inchiesta riguarda presunte attività illecite intorno a un impianto di smaltimento di rifiuti a Potenza, e ha portato all’arresto di cinque persone: tra gli indagati c’è lo stesso Gemelli. L’intercettazione è contenuta nell’ordinanza sugli arresti. La conversazione tra Guidi e Gemelli che ha portato alle dimissioni del ministro, come riportata dagli atti dell’inchiesta, è avvenuta il 5 novembre 2014: Guidi rassicura Gemelli sul fatto che l’emendamento – che era stato bocciato in precedenza – sarebbe stato discusso nuovamente al Senato:
«Dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato se… è d’accordo anche Maria Elena la… quell’emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte. Alle quattro di notte… Rimetterlo dentro alla legge… con l’emendamento alla legge di stabilità e a questo punto se riusciamo a sbloccare anche Tempa Rossa… ehm… dall’altra parte si muove tutto!»
La “Maria Elena” dovrebbe essere il ministro Maria Elena Boschi, che non risulta coinvolta nell’inchiesta ed era ed è titolare della delega ai rapporti con il Parlamento: non risulta che Guidi la considerasse a conoscenza degli interessi privati di Gemelli in merito, ma questa è probabilmente la questione che farà discutere di più nei giorni a venire.
Subito dopo la telefonata del 5 novembre con Guidi, Gemelli aveva chiamato al telefono il dirigente della Total Giuseppe Cobianchi per comunicargli la “buona notizia”, ovvero che l’emendamento sarebbe stato inserito dal governo nel maxi-emendamento alla legge di stabilità e che quindi sarebbe certamente stato approvato in breve tempo. Spiega il Corriere della Sera, riprendendo gli atti della procura di Potenza:
Gemelli a questo punto informa i suoi interlocutori, i dirigenti della Total che devono concedergli i subappalti, e all’ingegner Cobianchi dice: «La chiamo per darle una buona notizia… si ricorda che tempo fa c’è stato casino, che avevano ritirato un emendamento… pare che oggi riescano ad inserirlo nuovamente al Senato, pare che ci sia l’accordo con Boschi e compagni… che pare… siano d’accordo tutti…perché la Boschi ha accettato di inserirlo… è tutto sbloccato! (ride, ndr)…volevo che lo sapesse in anticipo! mi hanno chiamato adesso… e quindi siamo a posto!». Cobianchi mostra soddisfazione: «Mi sta parlando di Taranto? Vabbè intanto la ringrazio dell’anticipazione, speriamo vada a finire così». Anche nei giorni successivi Gemelli «dimostra una conoscenza approfondita delle dinamiche che regolavano le decisioni che avrebbero dovuto essere assunte in seno al Parlamento perché afferma: “Ci stanno provando, ci stanno provando, mi creda, c’è da leggere, ci sarà da leggere lo Sblocca Italia che dovrebbe andare oggi alle sei. Hanno messo la fiducia e quindi speriamo che esce fuori, perché ci sono le correzioni fino all’ultimo secondo. Non si sta capendo niente, mi creda, non si sta capendo nulla”».
Le dimissioni di Guidi
Al momento l’ex ministro Federica Guidi non risulta essere indagata dalla procura di Potenza e dall’indagine è stata toccata solo in modo indiretto, per via dell’intercettazione della conversazione con Gemelli. Comunicando le sue dimissioni al presidente del Consiglio Matteo Renzi, Guidi ha detto di essere “assolutamente certa della mia buona fede e della correttezza del mio operato” e ha motivato le dimissioni parlando di “una questione di opportunità politica”.
Renzi – che in questi giorni si trova in visita negli Stati Uniti – ha risposto dicendo di rispettare la decisione e di ritenerla corretta, e ha aggiunto che nei prossimi giorni presenterà al presidente della Repubblica il nome di un possibile sostituto. Se Renzi – che per il momento assumerà l’incarico ad interim – vorrà mantenere un equilibrio tra uomini e donne nel governo, dovrà sostituire Guidi con una donna: il rapporto tra i ministri non è più 50-50 da quando Federica Mogherini è stata sostituita da Paolo Gentiloni al ministero degli Esteri. È improbabile comunque che l’intera vicenda porti a ridiscutere le decisioni prese sull’impianto di Tempa Rossa, che il governo continua a considerare di importanza strategica.
Federica Guidi ha 45 anni ed è un’imprenditrice. È laureata in Giurisprudenza ed è figlia di Guidalberto Guidi, che è stato vicepresidente di Confindustria e presidente di Ducati Energia (nella quale la stessa Guidi ha lavorato). È stata presidente dei giovani di Confindustria.
Fonte: Il Post
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