Un seggio a Roma (ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
I risultati del referendum cosiddetto “sulle trivelle” sono arrivati a partire dalle 23 del 17 aprile, diventando chiari e poi definitivi nel corso della notte: il quorum del 50 per cento non è stato raggiunto, e quindi il referendum non avrà valore sul tema su cui era stato convocato. I votanti sono stati il 32,15 per cento, con una maggioranza di sì dell’85,8 per cento.
Il referendum che si è tenuto domenica 17 aprile era stato convocato per decidere se abrogare o meno la parte di una legge che permette a chi ha ottenuto concessioni per estrarre gas o petrolio da piattaforme offshore entro 12 miglia dalla costa di rinnovare la concessione fino all’esaurimento del giacimento (è stato definito “referendum sulle trivelle”, benché in concreto le trivelle c’entrassero poco). Oltre a una contrapposizione nel merito del quesito, legata soprattutto a valutazioni diverse dei temi ambientali legati alle piattaforme, intorno al referendum si era creato uno scontro più esteso e politico tra il governo Renzi – promulgatore della norma in discussione – e praticamente tutte le altre forze politiche, comprese parti dello stesso Partito Democratico di cui Renzi è segretario. Ma malgrado la sproporzione di forze, a favore del fallimento del referendum – ottenuto per la prima volta non con una raccolta di firme ma con una richiesta delle regioni – ha giocato una cospicua indifferenza (o in altri casi un fastidio) di molti italiani non solo al tema ma anche allo stesso uso dello strumento del referendum rispetto a scelte giudicate troppo tecniche e limitate. Per questa ragione molti sostenitori del “no” (ovvero del mantenimento della norma) avevano investito più sull’astensione che non sul voto contrario, cercando di incentivare il mancato raggiungimento del quorum necessario perché il risultato del referendum fosse considerato valido. E hanno vinto, alla fine.
Dato finale dell’affluenza: 32,15 per cento.
Fonte: Il Post
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