Non c’è pace per l’Ucraina. Non c’è pace perché non bastava cacciare il presidente Yanukovich per risolvere problemi che hanno radici lontane nel tempo. Così, se a Kiev ritorna una calma apparente con la nascita di un nuovo esecutivo di espressione filo-europea con componenti vicini a quella che fu la pacifica Rivoluzione Arancione di Yulia Timoshenko, recentemente liberata, la tensione si è spostata nelle regioni orientali e in Crimea.
È scontro in Crimea. Soprattutto in Crimea la tensione è alle stelle. Proprio questa mattina il governo di Kiev ha accusato Mosca di aver occupato militarmente gli aeroporti di Belbek e Sinferopoli. Il governo russo ha smentito qualsiasi coinvolgimento delle proprie truppe regolari. Secondo il Cremlino, l’occupazione in corso è avvenuta ad opera di milizie locali filo-russe. Tuttavia, Mosca non è rimasta a guardare e lungo i confini con l’Ucraina ha avviato una enorme esercitazione militare che coinvolge ben 150mila soldati e più di un centinaio di aerei, un numero sufficiente per occupare almeno parte della stessa Ucraina.
Gli interessi russi in Ucraina. Sotto il profilo geopolitico, Mosca ha necessità di mantenere l’Ucraina nella sua orbita o, per lo meno, garantirsi la sua neutralità per svolgere un ruolo di stato-cuscinetto tra la Nato/Ue e i suoi confini occidentali. Questo garantirebbe, inoltre, il passaggio del gas russo verso l’Europa centrale e occidentale a prezzi contenuti. Ma non va dimenticato anche l’aspetto “etnico” del problema Ucraina.
La questione etnica. I confini ucraini sono stati disegnati da Mosca quando Kiev non era altro che una delle tante città dell’impero sovietico. Nel disegnare i suoi confini, il regime sovietico ha tenuto conto solo in parte della composizione etnica (esattamente come è avvenuto in Jugoslavia in alcune zone di confine tra Serbia e Croazia, Tra Serbia e Bosnia e tra Crozia e Bosnia). L’Ucraina attuale è divisa, di fatto, in tre parti. Le regioni occidentali, corrispondenti alla “vecchia” Galizia orientale, le regioni centrali, e le regioni orientali (Crimea inclusa). Sotto il profilo etnico le regioni orientali sono abitate prevalentemente da russi o russofoni (in Crimea la popolazione russa è il 67%), quelle centrali hanno una composizione etnica mista e quelle occidentali sono essenzialmente ucraine ad eccezione delle province che confinano con la Moldavia e la Transnistria. Storicamente il territorio ucraino è stato per molti secoli diviso lungo la linea del fiume Nipro. La Galizia orientale è appartenuta per secoli all’Impero Austroungarico (sotto il quale si sono sviluppati i primi sentimenti nazionalistici ucraini). Subito dopo la prima guerra mondiale, ha goduto di una brevissima indipendenza che è terminata con l’occupazione polacca alla quale ha fatto seguito, solo dopo il 1945, l’annessione all’Impero sovietico. Le regioni orientali, invece, hanno fatto parte per secoli all’Impero russo e poi alla nascente Urss, subendo un ulteriore processo di russificazione intorno al 1922-23.
Crimea, fonte di guai. Discorso a parte va fatto per la Crimea. Da secoli abitata da russi, è stata annessa alla repubblica sovietica di Ucraina nel 1954 per volere di Nikita Cruscev in segno di amicizia tra il popolo russo e quello ucraino suggellato dal Trattato di Pereyaslav tra i cosacchi ucraini e l’Impero russo 300 anni prima. La Crimea ha da sempre svolto un ruolo geopolitico fondamentale per la Russia. Prima era approdo naturale delle navi mercantili che attraversavano il Bosforo, poi è divenuta una penisola strategica sotto il profilo militare con la nascita dell’Urss. Qui ancora oggi sono ancorate le navi dell’Armata russa.
Per tutto questo il problema dell’Ucraina non si risolve con la liberazione della Timoshenko e con la cacciata di Yanukovic. Perché lì non si tratta di una banale cacciata del tiranno di turno. Il problema è ampio e può trovare una parziale soluzione solo ridisegnando i confini di un grande paese spaccato.
Fonte: Diritto di critica
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