venerdì 14 febbraio 2014

Renzi e la lunga tradizione di governi senza voto

Nulla di nuovo. Le modalità con le quali nasce il governo Renzi sono assolutamente coerenti con la linea del Partito democratico (un po’ meno con le dichiarazioni del suo segretario). Il Pd è nato nel 2007 ma i partiti che sono confluiti nella grande famiglia “democratica” hanno dato vita in passato a molti governi nati da decisioni “di palazzo”, più di quanti hanno sostenuto a seguito di un voto elettorale.

Il centro-sinistra e la tradizione dei governi “di palazzo”. Dalla nascita della seconda Repubblica (1994) fino ad oggi il centro-sinistra ha dato alle luce a ben sette governi, solo due dei quali frutto diretto di un’investitura popolare proveniente dal voto, senza contare il governo Monti, nato in circostanze particolari e con l’appoggio delle principali forze politiche, e il governo Dini nato nel 1995 come governo tecnico con l’appoggio esterno di Pds, Popolari, Lega e Ccd di Casini (in ordine dal 1996 ad oggi: Prodi, D’Alema 1 e 2, Amato 2, Prodi 2, Letta, Renzi). Di questi sette, solo due sono frutto di un mandato popolare attraverso le elezioni, quelli guidati da Romano Prodi, l’unico ad aver sconfitto Berlusconi in campagna elettorale. La nascita del governo Renzi, quindi, entra perfettamente nel solco seguito dal centro-sinistra da due decenni, cioè da quando gli ex e post comunisti hanno avuto il via libera dagli Usa per partecipare al governo del Paese.

“Mi hanno eletto gli italiani”. A destra questa tradizione non c’è mai stata, con l’unica eccezione del governo delle larghe intese (ma “politico”) di Enrico Letta, appoggiato fino a novembre anche dal Pdl/Forza Italia. In primo luogo perché il carisma di Berlusconi ha sempre funzionato come stabilizzatore dell’area conservatrice (fino a distruggere qualsiasi altra alternativa). In secondo luogo perché il Cavaliere ha fatto della sua forza popolare (e quindi elettorale) un punto centrale della sua comunicazione: “Mi hanno eletto gli italiani”.

Cosa dice la Costituzione (e la prassi). Eppure la Costituzione è molto chiara a riguardo: il presidente del Consiglio non viene eletto dal popolo, ma nominato dal Capo dello Stato e ottiene la fiducia di entrambe le camere. Per questo, sul piano giuridico, il governo Renzi è legittimo al pari di quelli presieduti da Silvio Berlusconi. Come è legittima la scelta di Enrico Letta di non presentarsi in Parlamento per essere sfiduciato, visto che in 66 anni dalla nascita della Costituzione, tra i 62 governi che si sono susseguiti, solo in un caso il premier si è presentato alle Camere per ricevere una sfiducia. Si tratta di Romano Prodi al termine del suo secondo mandato.

Il peccato originale. Il vero peccato originale è quello di aver lasciato che negli ultimi vent’anni la società e la politica si “berlusconizzassero”. Se nella prima Repubblica nessun governo è mai nato dall’investitura popolare, nella seconda si è lasciato credere agli italiani che ciò potesse avvenire, senza però cambiare le regole del gioco, la Costituzione. Lo stesso Porcellum confliggeva (non solo sotto il profilo giuridico, ma nelle intenzioni) con la Costituzione. Il premio di maggioranza è concettualmente sbagliato se prima non si mette mano alla Carta fondamentale, introducendo una qualche norma che viene impropriamente definita “anti-ribaltone”. Così Renzi, accusato di essere figlio del “berlusconismo”, ha dato dimostrazione di non esserlo. Anzi, si è mosso da perfetto democristiano della prima Repubblica, in buona compagnia con un ex pci come Massimo D’Alema che diede il benservito all’unico democristiano che ci ha messo la faccia: Romano Prodi.

Fonte: Diritto di critica

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