Quattro combattenti fedeli ad Assad insieme a un bambino e due donne residenti nel quartiere Sheikh Saeed di Aleppo, prima sotto il controllo dei ribelli (STRINGER/AFP/Getty Images)
La situazione per i ribelli e i civili che si trovano ancora nella parte orientale di Aleppo è sempre più disperata. Nei giorni scorsi le forze fedeli al presidente siriano Bashar al Assad hanno conquistato quasi tutta Aleppo orientale, che negli ultimi anni era stata sotto il controllo di diversi gruppi ribelli. Secondo esperti e giornalisti, l’assedio di Aleppo est potrebbe finire presto: alcuni giorni, forse qualche ora, e Aleppo sarà riconquistata interamente dal regime siriano. Non è chiaro quante persone rimangano ancora ad Aleppo est – potrebbero essere molte migliaia – ma dalle ultime informazioni l’evacuazione di diversi territori è bloccata da un mancato accordo tra regime e ribelli, che non ha permesso la creazione di passaggi sicuri per i civili. Sembra anche che molte persone si siano rifiutate di andare nelle zone di Aleppo controllate dal regime per paura di ritorsioni e violenze.
Martedì l’ONU ha detto di avere le prove per dimostrare che le forze di Assad hanno ucciso 82 civili sul posto, durante alcune operazioni militari in quattro zone diverse di Aleppo.
Il New York Times ha scritto che molti abitanti di Aleppo orientale ancora bloccati in città hanno raccontato di avere lasciato le proprie case ed essersi spostati in appartamenti abbandonati, che però sono esposti ai bombardamenti del regime. Abdelfaki al Hamdi, un insegnante e attivista siriano anti-governativo, ha scritto un messaggio diretto a un gruppo di giornalisti dicendo che le famiglie di Aleppo stanno «aspettando di morire insieme. Le persone stanno correndo verso non si sa dove. Ci sono quelli intrappolati vivi sotto le macerie, ma nessuno li può salvare. Alcuni stanno per strada, feriti, e nessuno può aiutarli perché le bombe sono sempre lì». Negli ultimi giorni anche l’ONU ha espresso grande preoccupazione per la situazione ad Aleppo: per esempio il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon ha detto di essere allarmato dalle notizie che raccontano di atrocità compiute contro moltissimi civili, tra cui donne e bambini. L’ultimo rapporto dell’ufficio dell’ONU per gli affari umanitari (PDF), dice che la situazione sanitaria nell’area di Aleppo ancora assediata è «catastrofica»: i feriti non vengono curati, l’igiene è scarsissima e quelli che sono rimasti senza casa vivono per lo più in rifugi sovraffollati.
Still thousands of civilians including children trapped inside besieged, bombarded enclave in east Aleppo, Syria pic.twitter.com/i0mFDvUuGy— Borzou Daragahi (@borzou) 13 dicembre 2016
Il problema di garantire ai civili ancora intrappolati ad Aleppo est un passaggio sicuro è legato a una questione politica molto delicata su cui Stati Uniti e Russia non trovano un accordo: cosa fare dei miliziani legati ad al Qaida che combattono ad Aleppo (secondo l’ONU sarebbero circa il 10 per cento degli 8mila miliziani rimasti: i ribelli dicono che sono molti meno, il governo che sono molti di più). Prima della rapida offensiva militare degli ultimi giorni compiuta dalle forze di Assad, l’ONU aveva proposto che i combattenti di Jabhat Fateh al Sham – che formalmente si sono staccati da al Qaida, ma di fatto i legami sono rimasti – se ne andassero da Aleppo; in cambio il governo siriano avrebbe dovuto bloccare i bombardamenti, dare protezione e aiuti ai civili rimasti e garantire alle aree controllate dei ribelli una qualche forma di amministrazione locale. Il regime ha però escluso di poter soddisfare questa ultima condizione e la possibilità di qualsiasi accordo per ora è saltata.
La riconquista totale di Aleppo da parte delle forze di Assad potrebbe essere un punto di svolta molto importante per la guerra in Siria e un colpo durissimo per i ribelli che combattono il regime di Assad. Non significa comunque la fine della guerra: i ribelli sono ancora presenti nel nord-ovest e nel sud del paese; nel nord, al confine con la Turchia, ci sono i curdi, che ormai hanno stabilito una specie di autogoverno; e ad est lo Stato Islamico controlla ancora dei territori, nonostante le sconfitte militari subite nell’ultimo anno sia in Siria che in Iraq.
Fonte: Il Post
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