Parenti di un civile ucciso nell'attentato ad Ankara (Gokhan Tan/Getty Images)
Il TAK, un gruppo curdo che vuole l’indipendenza dei curdi dalla Turchia, ha rivendicato l’attentato di Ankara del 13 marzo in cui sono rimaste uccise 37 persone. Giovedì il TAK ha detto che compirà altri attentati come ritorsione per le operazioni militari che le forze di sicurezza turche stanno compiendo nel sud-est della Turchia, un’area a grande maggioranza curda. Quello del 13 marzo è stato il secondo attentato compiuto di recente dal TAK ad Ankara: un mese fa il gruppo aveva rivendicato l’esplosione di un’autobomba che aveva provocato la morte di 29 persone. A dicembre del 2015 aveva compiuto invece un attentato all’aeroporto Sabiha Gokcen di Istanbul.
Fino a poco tempo fa sulla stampa internazionale non si parlava quasi per niente del TAK e la maggior parte dello spazio era dedicato al PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, che la scorsa estate aveva dichiarato finita la tregua con il governo turco che durava dal 2013. I due gruppi in realtà sono molto legati, anche se il TAK agisce con un certo livello di autonomia. Il TAK è stato fondato nel 2004 ed è stato definito come l’ala più radicale del PKK, quella che ha sempre rifiutato qualsiasi tipo di negoziato con il governo turco. Come il PKK, è considerato dal governo turco un’organizzazione terroristica.
Il sito Al Monitor, specializzato in Medio Oriente, ha scritto che il PKK sostiene ideologicamente il TAK e gli fornisce uomini, appoggio logistico e finanziamenti. Si crede comunque che gli attentati del TAK siano stati compiuti senza la direzione del PKK. Al Monitor ha aggiunto: «In altre parole i leader del PKK, dopo avere autorizzato il TAK a compiere un’operazione, vengono a sapere di quello che è successo dalla televisione». Questa libertà di azione, tra le altre cose, sta rendendo più imprevedibili gli attacchi del TAK e più difficile per le forze di sicurezza turche prevenirli.
Almeno ufficialmente il PKK ha preso le distanze dall’attentato ad Ankara del 13 marzo, diretto soprattutto contro i civili. In un comunicato diffuso dai leader del PKK, si legge: «Non approviamo questo tipo di attacchi ma non possiamo fermare la rabbia dei giovani curdi». Diversi analisti credono però che il PKK sia molto più coinvolto di quanto dica e che le affermazioni pubbliche dei suoi leader siano un modo per non compromettere del tutto la sua immagine internazionale, migliorata dopo le vittorie militari dei curdi contro lo Stato Islamico in Siria (il PKK è alleato dei curdi siriani, che oggi controllano un’ampia fascia di territorio nel nord della Siria, al confine con la Turchia). Gli attacchi curdi ad Ankara sembrano essere un tentativo di alleggerire la pressione esercitata dai militari turchi nel sud-est della Turchia: in queste zone da diverse settimane stanno andando avanti operazioni delle forze di sicurezza turche con l’obiettivo di riprendere il controllo delle città di fatto controllate dai curdi.
Fonte: Il Post
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