mercoledì 30 marzo 2016

La tecnologia ci rende più felici?


Di Marco Cedolin

Sono le 7,30 del mattino, Luciano si sveglia al suono del suo smartphone, si alza va in bagno a lavarsi e poi si siede a fare colazione. Mentre sorseggia il caffè, senza degnare sua sorella di uno sguardo, apre il social network, commenta i post di una mezza dozzina di "amici", guarda un paio di video e scrive un breve messaggio, augurando a tutti una buona giornata ed informandoli che lì c'è il sole e fa caldo. Si veste e scende nel box a prendere l'auto. Il termometro sul cruscotto segna 23 gradi, il computer di bordo lo informa sui consumi di benzina, il navigatore con voce suadente lo ragguaglia riguardo al percorso da seguire....
Mentre attraversa il telepass telefona Cristina, ma per rispondere non deve neppure togliere le mani dal volante grazie all'auricolare bluethoot, si accorda per un apericena in centro alle 18,30, cercando disperatamente di ricordare se l'appuntamento per il torneo di calcio online sia per le 22,30 o le 23, poco importa dopo manderà un messaggio a Max per domandarglielo.

La mattinata in ufficio scorre veloce, ogni tanto pubblica un post o un selfie sul social network, qualche battuta e qualche video che spezzi la monotonia. Verso mezzogiorno telefona al suo frigorifero, per sapere cosa deve acquistare il pomeriggio all'ipermercato, poi va al baretto con i colleghi a mangiare un piattino. La conversazione è scarsa, ognuno é immerso nel suo smartphone, impegnato a leggere o pubblicare sul social network, e quando si discorre lo si fa parlando di quel filmato o quella battuta che si sono appena visti, magari mentre si scatta una foto del piatto che ci si accinge a mangiare per condividerla online con gli "amici". Poi si paga, sempre con lo smartphone e c'è appena il tempo per un paio di telefonate e qualche messaggio prima di riprendere il lavoro. Max ha scritto che il torneo é alle 23, quindi per l'apericena c'é tempo.

Con Cristina passa un paio d'ore piacevoli, durante le quali fra il bip di una notifica e l'altra riescono a farsi qualche confidenza. Lei gli piace, ma è molto meno intrigante di alcune "amiche" che frequenta sul social network, forse un giorno potranno avere una storia o forse no. Mentre torna a casa va a fare la spesa, paga alla cassa automatica, poi ascolta le notizie facendosele leggere dallo smartphone e telefona al forno per accenderlo ed iniziare a riscaldarlo. Dopo cena si cimenta nel torneo di calcio online e poi, mentre lo smartphone è in carica, passa un paio d'ore nel social network con il televisore, prima di coricarsi, dopo avere impostato la sveglia sullo smartphone ed urlato alla luce "Spegni".

Il "Luciano" di qualche decennio fa, sicuramente si sarebbe alzato dopo il trillo della sveglia, avrebbe fatto colazione chiacchierando del più e del meno con sua sorella, si sarebbe scritto su un bigliettino la lista della spesa, avrebbe tirato fuori le monetine per pagare al casello e avrebbe ricordato la strada senza l'ausilio del navigatore. In ufficio fra un'incombenza e l'altra avrebbe trovato il tempo per qualche chiacchiera con i colleghi, al baretto avrebbe riso e scherzato in compagnia, avrebbe tirato fuori il portafoglio per pagare e prima di rientrare al lavoro si sarebbe recato in una cabina per telefonare a Max e Cristina. Al supermercato avrebbe pagato mentre faceva una battuta alla cassiera e una volta rientrato a casa avrebbe dovuto accendere il forno, approfittando di quel quarto d'ora di tempo per preparare la tenuta per andare a giocare a calcetto con Max. Dopo il calcetto avrebbero passato un paio d'ore in birreria con gli amici e prima di coricarsi avrebbe dovuto ricaricare la sveglia e spegnere la luce.

Verrebbe spontaneo domandarsi se sia in fondo più felice il Luciano di oggi o quello di trent'anni fa, ma la domanda partirebbe da un presupposto sbagliato. La tecnologia è un qualcosa di neutro che non rende migliori o peggiori, a prescindere da quanto se ne faccia uso. La qualità dei nostri rapporti con gli altri e lo spessore delle nostre conversazioni dipendono unicamente da noi, non dal mezzo tecnologico attraverso il quale eventualmente sono veicolati. Un bel rapporto di amicizia può avere la stessa valenza sia che si cementi intorno al tavolino di un bar, sia qualora venga portato avanti con l'ausilio di un social network, così come una conversazione di spessore può avvenire guardandosi negli occhi, ma anche scrivendo in una chat. Alla stessa stregua i discorsi sciocchi, le battute stupide, gli atteggiamenti volgari e via discorrendo, continuano a rimanere tali a prescindere dal fatto che ci sia o meno uno strumento tecnologico a mediarli.

La tecnologia è solo un mezzo, che possiamo usare più o meno smodatamente, ma non potrà mai farsi carico di responsabilità che sono unicamente nostre e in quanto tali ci appartengono, senza che si possa scaricarle sulle spalle di uno smartphone.

Fonte: IL CORROSIVO di marco cedolin

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