mercoledì 30 settembre 2009

Coltan: la guerra in Congo per i nostri cellulari

Il Coltan vale più dell'oro. Meglio chiamata columbo-tantalite, è un minerale indispensabile per far funzionare apparecchiature elettroniche come i telefoni cellulari che abbiamo in tasca o la Play Station. Ed è anche la principale causa di una guerra decennale che ancora oggi si combatte in Congo. Quest'estate sono ripresi gli scontri nella provincia del Kivu del Sud, situata nell'est del Paese. Secondo l'agenzia dell'Onu per i rifugiati (l'Unhcr), gli scontri tra le forze governative e i ribelli hutu ruandesi da gennaio a luglio di quest'anno hanno costretto 536 mila profughi del Kivu del sud a scappare. Omicidi, rapimenti, stupri, torture e detenzioni arbitrarie sono i comuni casi di violazioni dei diritti umani riportati dall'Internal displacement monitoring centre (Idmc) nella regione, tutte violenze e torture subite dai profughi e compiute dai combattenti ribelli appartenenti alle Forze democratiche di liberazione del Ruanda (Fdlr). I soldati dell'esercito governativo però non sono da meno: anche loro non si fanno scrupolo di compiere violenze sui civili. Nel Congo orientale si contano attualmente più di 1,8 milioni di profughi causati dai combattimenti e dalle violenze.

Questa guerra infinita che ha provocato 4 milioni di morti e sta devastando il Paese, però, non è un caso. Forse non è scoppiata veramente a causa dei ribelli politici o di "odi tribali" tra Hutu e Tutsi, ma semplicemente dall'avidità di due finti contendenti che si spartiscono il bottino. L'ong londinese Global Witness, infatti, denuncia gli affari che le due fazioni in lotta stipulano quando si tratta di spartirsi i territori e le ricchezze derivanti dal commercio illegale delle risorse naturali: essi gestiscono di fatto il mercato minerario dello Stato.

La guerra interessa anche due Stati confinanti, Rwanda e Uganda: gli intermediari che trattano la vendita del Coltan in questi due Paesi si approvigionerebbero, infatti, dai giacimenti minerari congolesi. Ad esempio, dietro alla supposta necessità di difendere la minoranza Tutsi dei Banyamulenge sostenuta da Nkunda, ci sarebbero gli interessi del Ruanda. «Non c'era nessuna esigenza di proteggere un gruppo, quello dei Tutsi Banyamulenge, abbastanza integrato nella società congolese. Nessuno ha interesse ad attaccare i tutsi, ma adesso, dopo le provocazioni del generale Nkunda e del suo gruppo armato, il rischio più grosso è che la minoranza attiri su di sé, incolpevole, l'odio della popolazione - ha affermato Chiara Castellani, chirurgo che vive in Congo da diciotto anni - La vera ragione di questa guerra va ricercata nella difesa degli interessi delle multinazionali. Una difesa sponsorizzata anche dal presidente ruandese Paul Kagame, che riceve il suo tornaconto».

Tuttavia, il fatto che gruppi armati o comunque non rappresentanti società statali e industrie, si impossessino del minerale e lo vendano con grossi introiti ad acquirenti principalmente occidentali e asiatici non costituisce di per sé un reato in nessuno dei tre Stati interessati, rendendo più controversa la situazione.

Il rapporto Global Witness intitolato ''Di fronte a un fucile che si può fare? Guerra e militarizzazione delle miniere del Congo orientale'' denuncia proprio la presenza delle multinazionali asiatiche ed europee a muovere i fili di questa guerra. Le parti in lotta controllano vaste aree minerarie e sono finanziate principalmente da compagnie estrattive come la thailandese Thaisarco-Amc, l'inglese Afrimex e le belghe Trademet e Traxys. Anche aziende russe, cinesi e indiane sarebbero coinvolte nel commercio illegale delle risorse minerarie nella ex colonia belga. I Governi degli Stati nei quali hanno sede queste compagnie si rifiutano di adottare misure rigorose nei loro confronti, contrastando così gli sforzi della diplomazia per la pace nella Repubblica Democratica del Congo. Le imprese multinazionali negano e non vogliono collaborare con Global Witness alla stesura del rapporto, mentre la Thaisarco-Amc afferma di disapprovare l'indagine per il ''numero di imprecisioni e omissioni contenute''.

In Congo si trova l'80 % del Coltan mondiale, i congolesi che lavorano all'estrazione del minerale vengono pagati 200 dollari al mese dalle multinazionali, quando la paga di un normale lavoratore in Congo è di 10 dollari al mese, ma è radioattivo perché contiene uranio: provoca tumori e impotenza sessuale e viene estratto dai minatori a mani nude.

Nelle miniere si estraggono anche oro, uranio, cobalto, cassiterite e wolframite. E la guerra, guarda caso, scoppia dove si estraggono le materie prime più ricercate.

3 commenti:

il cuoco ha detto...

Finchè arriverà il coltan nei mercati asiatici e europei Il kivu per l'onu e gli stati uniti resterà un giocatore dell'inter .
Allora perchè fermare una guerra che serfve per vendere armi?

Ale ha detto...

ciao andrea..ho inserito il tuo blog nella mia lista :)

Andrea De Luca ha detto...

concordo il cuoco