giovedì 30 giugno 2016

La condanna a Don Inzoli per pedofilia

È il sacerdote noto come "Don Mercedes", ex capo di CL a Cremona e presidente del Banco Alimentare: è stato condannato a 4 anni e 9 mesi di carcere

(ANSA/TONINO DI MARCO)

Don Mauro Inzoli, ex dirigente del movimento cattolico conservatore Comunione e Liberazione e fondatore del Banco Alimentare, è stato condannato a 4 anni e 9 mesi di carcere per pedofilia. Inzoli avrà inoltre il divieto di avvicinarsi a luoghi frequentati da minori. Inzoli è accusato di aver molestato sessualmente cinque ragazzi di età compresa fra i 12 e i 16 anni fra il 2004 e il 2008. Nel giugno 2014 la Congregazione della Dottrina e della Fede, l’organo giudiziario del Vaticano, aveva deciso per lui la “pena medicinale perpetua”, cioè il divieto di predicare e fare messa in pubblico, oltre che di avere a che fare coi minori. Inzoli è stato giudicato con rito abbreviato su richiesta del suo avvocato, che un mese fa si era già accordato con l’accusa per risarcire ciascuno dei ragazzi molestati con 25mila euro a testa.

Inzoli ha 66 anni, è stato definito il “capo” di Comunione e Liberazione a Cremona e dal 1997 al 2012 è stato presidente del Banco Alimentare, una delle più importanti associazioni che si occupa di povertà, considerata una branca di CL. A livello nazionale è conosciuto anche col soprannome di “don Mercedes”, a causa della sua presunta passione per le automobili di lusso. Dal 1997 al 2010 Inzoli è anche stato parroco della chiesa della Santissima Trinità di Crema, oltre che a lungo rettore del liceo linguistico Shakespeare, anch’esso legato a Comunione e Liberazione.

Le molestie sono avvenute proprio durante i suoi anni da rettore e parroco: Franco Bordo, un deputato di Sinistra Italiana che nel 2014 ha presentato l’esposto che ha avviato le indagini su Inzoli, ha detto che negli anni sono stati scoperti più di 20 casi contro Inzoli, 15 dei quali però sono caduti in prescrizione e non sono stati discussi durante il processo. Non è ancora chiaro se Inzoli farà ricorso contro la condanna.

Fonte: Il Post

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