Un ribelle siriano ad Arbin, nella periferia di Damasco (AMER_ALMOHIBANY,AMER ALMOHIBANY/AFP/Getty Images)
Alla mezzanotte di venerdì è cominciata in Siria la prima tregua ufficiale in quasi cinque anni di guerra. Stando alle notizie che arrivano dalla Siria, i combattimenti principali si sono interrotti su quasi tutti i fronti, anche se si sono verificati diversi incidenti minori. Se la tregua dovesse reggere, scrive il New York Times, sarà un momento storico perché «per la prima volta la diplomazia avrà avuto successo nel fermare le uccisioni e le sofferenze che hanno portato alla morte di più di 250 mila persone e alla fuga di milioni di rifugiati». La tregua non include lo Stato Islamico (o ISIS), il Fronte al Nusra (il gruppo affiliato ad al Qaida in Siria) e altri gruppi considerati terroristi da Stati Uniti o Russia.
La tregua, che è stata accettata da oltre 100 gruppi ribelli di opposizione, è entrata in vigore a mezzanotte ora locale (in Italia erano le 23) ed è stata negoziata da diplomatici russi e americani e dall’inviato speciale dell’ONU Staffan de Mistura. Uno degli obiettivi è quello di permettere la consegna di aiuti alla popolazione di diverse zone della Siria dove la situazione umanitaria è molto grave. L’ONU ha detto che le aree dove la situazione è disperata sono trenta: tra le altre c’è la periferia occidentale di Aleppo – controllata dai ribelli e assediata dal regime siriano di Bashar al Assad, appoggiato dai bombardamenti russi – e la parte orientale di Deir Ezzor, controllata dal regime e assediata dallo Stato Islamico.
Non è chiaro quanto potrà durare la tregua: molti temono che la Russia o il regime di Assad possano violarla attaccando uno dei gruppi che hanno sottoscritto l’accordo con la scusa di colpire lo Stato Islamico o il Fronte al Nusra. Charles Lister, uno dei principali analisti della guerra in Siria, ha pubblicato una cartina che mostra come i russi considerino in mano a terroristi quasi tutto il territorio controllato dall’opposizione siriana.
Per il momento l’accordo sembra reggere e l’inviato dell’ONU de Mistura ha detto che se la situazione dovesse mantenersi calma il 7 marzo sarà possibile riprendere i colloqui di pace che erano falliti a Ginevra all’inizio dello scorso febbraio. La maggior parte dei gruppi ribelli chiede che Assad accetti di lasciare immediatamente il potere, mentre Assad non intende partecipare a negoziati che abbiano come presupposto le sue dimissioni. Anche il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha ripetuto in questi giorni che Assad «non ha posto nel futuro della Siria».
Fonte: Il Post
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