(Andrea D'Errico/LaPresse)
Da due giorni circola molto una notizia secondo cui la Commissione Europea abbia emesso un “diktat” – non si capisce molto di più, concretamente – al governo italiano per costringerlo alla produzione del formaggio “senza latte” o con latte in polvere. La Stampa, per esempio, ha titolato: “L’Ue ci impone il formaggio senza latte”. La parola “diktat” è stata usata in un tweet anche dal ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, che il 28 giugno ha scritto: «su formaggi e latte in polvere no a diktat EU».
In realtà la questione è molto più complicata e riguarda una legge italiana del 1974 che vieta l’utilizzo di latte in polvere per la produzione di formaggi: secondo una lettera inviata al governo italiano dalla Commissione Europea e citata dal Corriere della Sera, la legge in questione violerebbe la «libera circolazione delle merci» all’interno dell’Unione Europea, e di conseguenza deve essere modificata. Esistono dei meccanismi che non rendono automatica la decisione della Commissione, e in generale ci vorranno diversi mesi (o anni) affinché si arrivi a una decisione definitiva. Come già anticipato dallo stesso Martina, poi, un’eventuale modifica della legge non interesserebbe i formaggi a Denominazione di Origine Protetta (DOP), i più pregiati e caratteristici del mercato italiano.
E comunque, anche se la procedura d’infrazione della Commissione Europea andasse a buon fine, il governo italiano sarebbe costretto a rendere legale anche la possibilità di produrre formaggio con latte in polvere: ma non per questo gli sarà “imposto” di produrre formaggio senza latte (il latte in polvere conta comunque come latte).
Da capo
La legge 138 del 1974, al comma c dell’articolo 1, prescrive che è vietata la detenzione, la produzione e la vendita di «prodotti caseari preparati con i prodotti di cui alle lettere a) e b) [cioè latte fresco a cui è stato aggiunto latte in polvere] o derivati comunque da latte in polvere». Secondo il Corriere della Sera la legge 138 è stata “denunciata” circa due anni fa alla Commissione Europea, che nel novembre del 2013 ha chiesto informazioni all’Italia sulla questione. Di recente, secondo quanto scritto dal Corriere della Sera e dalla Stampa, la Commissione Europa ha invece inviato una “lettera di messa in mora”: cioè il meccanismo “iniziale” con cui la Commissione contesta a un dato stato la violazione di alcune norme europee, e al contempo dà due mesi di tempo per rispondere alle contestazioni.
Secondo il Corriere della Sera, il governo italiano si incontrerà il 24 luglio con alcuni rappresentanti della Commissione per discutere del problema. Nel caso uno stato decida di non adeguarsi alle direttive della Commissione una volta esauriti i due mesi, la questione viene risolta dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee: le infrazioni, cioè le multe in denaro, vengono attivate solo nel momento in cui un paese non rispetta una sentenza della Corte di Giustizia sulla vicenda (al momento l’Italia ha 98 procedure d’infrazione pendenti con la Commissione Europea, circa la metà delle quali ancora allo stadio della “messa in mora”).
Per quanto riguarda il contenuto della lettera di messa in mora – che il ministero delle Politiche Agricole ha definito “una diffida” – lo stesso ministro Martina in un comunicato stampa ha spostato la questione dal problema del latte in polvere a quello delle etichette e della «trasparenza delle informazioni da dare ai consumatori». Martina ha inoltre ricordato che la produzione dei formaggi DOP è già protetta da una normativa della Commissione Europea che proibisce l’utilizzo di «materie prime diverse da quelle previste dai disciplinari» (cioè di latte in polvere).
Fonte: Il Post
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