domenica 24 gennaio 2010

Ingroia: “Il processo breve? E’ la morte della giustizia”

Pubblico un intervista ad Antonio Ingroia sul processo breve.

Ingroia, tra poco voi magistrati dovrete fare il processo breve.
Il processo breve si fonda su una truffa linguistica. C’è una truffa dell’etichetta con la quale si cerca di ingannare gli italiani. Viene chiamata la legge del processo breve, ed è quello che gli italiani vorrebbero, un processo breve che si chiuda con una sentenza di merito, condanna o assoluzione. Questa invece non è la legge del processo breve, ma è la legge della morte breve del processo, perché contrariamente alle aspettative dei cittadini, quegli stessi cittadini scopriranno amaramente che alla fine del processo non ci sarà una sentenza di merito ma una sentenza che dichiarerà che è finito il tempo massimo entro il quale chiuderlo. Quindi morte del processo, morte della giustizia. Questa legge introduce per la prima volta un’ eutanasia della giustizia.

Che effetto avrà sui processi di mafia la legge che la Camera è chiamata ad approvare?
I processi di mafia purtroppo sono in assoluto i procedimenti più lunghi e complessi. Molti imputati, molti reati, molti pentiti da sentire. Ma anche molti testimoni, una complessa trama di relazioni interpersonali tra gli associati mafiosi ed in più imputati in genere tutti, in quanto assai pericolosi, sottoposti a custodia cautelare e al 41 bis, il che tra video conferenze, traduzioni, ricorsi al tribunale della libertà e in Cassazione dilata i tempi. La magistratura è favorevole a porre un termine massimo entro il quale finire i processi, ma bisogna dare i modelli operativi e legislativi per chiudere un processo entro quel termine, anche un processo complesso come quello di mafia.

Ingroia, il suo nome, assieme a quello di altri magistrati e giornalisti, è in una lista di obiettivi di Cosa Nostra. Si può aprire un’altra stagione di sangue?
Gli importanti risultati ottenuti sul piano repressivo non devono illudere,la mafia non è in ginocchio né tantomeno è disarmata, ha ancora una straordinaria efficienza militare e una forte presenza sul territorio. Non si può affatto escludere che in una fase come questa, nella quale dopo i tanti arresti di boss importanti non è ancora emerso un capo carismatico, ci sia la possibilità che qualcuno voglia porre la propria candidatura alla guida dell’organizzazione nel modo più violento possibile.

Di legge su intercettazioni non se ne sente più parlare. Nel suo libro* descrive anche questa riforma come un grave attentato alla possibilità di indagare su gravi crimini e quindi alla possibilità che i cittadini vittime di reato ottengano giustizia…
I fatto che non se ne parli non significa che non costituisca tuttora un pericolo. Considero questa legge in corso di approvazione una sorta di spada di Damocle sul capo degli inquirenti. Perché se dovesse abbattersi la mannaia di questa norma, delle intercettazioni non rimarrà più nulla, e se non rimarrà più nulla magistratura e forze dell’ordine saranno più disarmati contro la mafia, contro ogni forma di crimine organizzato, contro la corruzione politico amministrativa perfino contro le bande di rapinatori.


*Antonio Ingroia – Prefazione di Marco Travaglio
C'ERA UNA VOLTA L'INTERCETTAZIONE
La giustizia e le bufale della politica - Lo strumento d'indagine, la sua applicazione per reati di mafia e i tentativi d'affossamento
Edizioni Stampa alternativa


1 commento:

Marco Giannini ha detto...

Personalmente non condivido le dichiarazioni che si stanno facendo circa il processo breve da parte dei magistrati. Chi ha avuto, come me, la sfortuna di intraprendere una causa civile sa bene che un tetto massimo è necessario affinché chi è coinvolto possa avere una giusta sentenza. Ci sono cause civili nei tribunali della mia città iniziate 10 anni fa e alcune volte ci scappa pure il morto, ovvero chi ha intrapreso la causa muore per anzianità aspettando la sentenza.