mercoledì 23 marzo 2011

Contro l’Occidente sprecone. L’Africa coltiva sostenibile

Due anni di ricerche in 25 Paesi africani. “Lo State of the World 2011”, quest’anno intitolato Nutrire il pianeta, racconta le pratiche agricole sostenibili che hanno aiutato a nutrire centinaia di milioni di persone nei Paesi poveri. A partire dall’agricoltura urbana, che può sfamare le città, attraverso la coltivazione sui tetti o gli “orti verticali” su sacchi di terra muniti di fori.

A Nairobi, in Kenya, oltre 1.000 contadine urbane hanno contribuito all’autosufficienza alimentare di una delle più grandi bidonville del mondo. Sul piano globale invece le coltivazioni nelle città «occupano 800 milioni di persone - spiega Danielle Nierenberg, co-direttore dello State of the World 2011, ieri a Roma per presentare il volume. - Questi orti producono il 15-20% del cibo mondiale. Stimiamo che entro il 2050 sarà la fonte di sostentamento per 35-40 milioni di africani». Un dato importante se si pensa che il 60 per cento della popolazione del continente vivrà nelle metropoli.

Oltre al cibo anche l’acqua costituisce un tema centrale della pubblicazione curata in Italia da Gianfranco Bologna del Wwf. Con un investimento di appena 35 dollari, ad esempio, quasi due milioni e mezzo di agricoltori nei Paesi in via di sviluppo hanno acquistato pompe a pedali che aspirano l’acqua fino a sette metri di profondità. Un sistema semplicissimo che però in Africa, ha permesso di produrre 37 milioni di dollari in nuovi profitti e salari. Nello specifico, in 10 distretti del Ruanda, la raccolta dell’acqua piovana da tetti e altre superfici ha portato alla costruzione di centinaia di bacini di raccolta utilizzati per le coltivazioni.

In Gambia, invece, 6.000 donne hanno creato un piano di gestione collettiva delle ostriche per prevenirne la loro raccolta indiscriminata. In Sud Africa sono i pastori a conservare le varietà autoctone di animali che si sono adattate al global warming e alla siccità, mentre in Etiopia, gli agricoltori sono impegnati a migliorare la qualità del caffè selvatico che cresce nelle foreste locali.

Il rapporto è molto ricco d’esempi positivi che lasciano ben sperare, nonostante i Paesi industrializzati continuino a sprecare ben il 40 per cento del cibo prodotto. Forse anche per mancanza di una cultura del rispetto dell’ambiente. «Abbiamo diminuito la spiritualità della natura», ammonisce Sebastiano Maffettone, preside dell’Università Luiss che ieri ha ospitato la presentazione di Nutrire il Pianeta. Su questo l’Africa ha sicuramente molto da insegnare.

Fonte: Terranews

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