sabato 29 gennaio 2011

Non tutto il web è una TV

Solo i fornitori di servizi media audiovisivi (in modalità lineare e on demand), cui è applicabile la recente disciplina di attuazione del testo unico dei servizi dei media audiovisivi e radiofonici (delibere AGCOM 606 e 607 del 2010) hanno l'obbligo di iscriversi nel Registro degli operatori di Comunicazione.

È questo il senso del chiarimento che l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, a seguito dei dubbi e delle perplessità emersi nei giorni scorsi, ha ritenuto di fornire agli operatori del settore attraverso un aggiornamento delle FAQ pubblicate sul proprio sito.

La FAQ n. 16 e la relativa risposta, fugano ogni dubbio: "16) Chi è tenuto ad iscriversi al Registro degli operatori della comunicazione (ROC)?

Sono tenuti all'iscrizione solo i soggetti che, rientrando nel campo di applicazione dei regolamenti, hanno ottenuto l'autorizzazione per l'effetto del silenzio-assenso o hanno presentato la SCIA. Per chi è già iscritto si tratta solo di aggiornare le informazioni già esistenti. Chi, invece, non è tenuto a richiedere l'autorizzazione non è neppure tenuto all'iscrizione al Registro, ma potrà proseguire l'attività".

Tempestivo, utile ed opportuno il chiarimento dell'Autorità che si è preoccupata - ed occorre dargliene atto - di evitare di lasciare gli operatori in una condizione di incertezza interpretativa. Le web radio e web TV che non realizzano, annualmente, ricavi superiori ai 100mila euro non sono, allo stato, dunque, tenute ad iscriversi nel ROC.

Utile anche - sebbene, probabilmente, meno risolutivo di quello relativo alla portata dell'obbligo di iscrizione al ROC - il chiarimento fornito dagli uffici dell'Autorità in relazione all'applicabilità della nuova disciplina sulla fornitura dei servizi media audiovisivi agli UGC. Si tratta di un'altra questione della quale tanto si è discusso in Rete e che, pure, ha sollevato numerosi dubbi interpretativi.

Stando a quanto, ora chiarito, dall'Autorità attraverso la risposta alla FAQ numero 21, i due regolamenti contenenti la disciplina dell'attività di fornitura di servizi media audiovisivi non si applicherebbero ai "siti che diffondono contenuti generati dagli utenti (cd UGC)" in quanto "le delibere dell'Autorità (606 e 607/2010/CONS, ndr), in piena aderenza con i principi stabiliti dalla direttiva e dal decreto, ne hanno esplicitamente previsto l'esclusione dal campo di applicazione dei regolamenti, tranne nel caso in cui sussistano, congiuntamente, due condizioni in capo ai soggetti aggregatori: sia la responsabilità editoriale, in qualsiasi modo esercitata, sia uno sfruttamento economico".

Scrivono al riguardo gli uffici dell'Autorità: "Mentre lo sfruttamento economico è facilmente individuabile, affinché si determini la responsabilità editoriale, sono invece richiesti due elementi concorrenti: l'esercizio di un controllo effettivo sia sulla selezione dei programmi, ivi inclusi i programmi-dati, sia sulla loro organizzazione in un palinsesto cronologico, nel caso delle radiodiffusioni televisive o radiofoniche, o in un catalogo nel caso dei servizi a richiesta".

Preziosa, infine, la conclusione della risposta: "Pertanto, i siti che non selezionano ex ante i contenuti generati dagli utenti, ma effettuano una mera classificazione dei contenuti stessi, non rientrano nel campo di applicazione della norma".

Con il suo chiarimento, l'Autorità sembra dunque escludere che Google, Dailymotion, Vimeo e le altre piattaforme UGC - se stabiliti in Italia - siano soggetti alla disciplina dettata dal c.d. Decreto Romani.

Il controllo di conformità dei contenuti caricati dagli utenti rispetto alle policy dei diversi operatori, così come l'eventuale successiva rimozione di taluni contenuti, dunque, non sarebbero sufficienti a riconoscere in capo alla piattaforma UGC la responsabilità editoriale che, sola, fa scattare l'applicabilità della nuova disciplina sulla TV.

Si tratta di una conclusione che chiarisce la portata della disposizione - invero piuttosto ambigua - contenuta nei due regolamenti di recente pubblicati, secondo cui "nel caso in cui sussistano, in capo ai soggetti che provvedono all'aggregazione dei contenuti medesimi, sia la responsabilità editoriale, in qualsiasi modo esercitata, sia uno sfruttamento economico" questi ultimi sarebbero soggetti alla stessa disciplina dettata per la TV.

Ad un tempo, gli uffici dell'Autorità, con il loro chiarimento, ridimensionano - o, forse, addirittura, svuotano di significato - la portata delle dichiarazioni del Commissario Mannoni, secondo il quale "YouTube fa una gerarchizzazione dei propri contenuti...anche se magari solo con il suo algoritmo e in automatico, e questo equivale a un controllo editoriale".

Bene, dunque, i chiarimenti anche se, forse - specie con riferimento alla questione relativa agli UGC - sarebbe opportuno, anche alla luce delle inopportune dichiarazione del Commissario Mannoni, intervenire direttamente sulle disposizioni contenute nei due regolamenti per fugare ogni dubbio interpretativo presente e futuro.

Guido Scorza
Presidente Istituto per le politiche dell'innovazione
www.guidoscorza.it

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