sabato 10 luglio 2010

Il senso delle parole

Di solito, attraverso il nostro pensiero, associamo determinate immagini a precise e adeguate parole, e viceversa. Esiste quindi, da sempre, una sorta di corrispondenza tra immagini e parole che si traducono nell'espressione di un pensiero. Questa corrispondenza è però possibile solo attribuendo ad ogni parola il suo preciso significato e ancora, oggi di nuovo, mi ritrovo a citare Orwell e a trarre spunto dalla sua opera “1984”, dove il Big Brother e il Partito cercano di svuotare completamente il significato delle parole per riuscire ad interrompere il pensiero, utilizzando la cosiddetta “neolingua”. Orwell ci proietta in una dimensione in cui, portando all'estremo questo meccanismo, ad un'immagine non corrisponde più la parola esatta con il suo corretto significato per far sì che quando si vorrà esprimere un pensiero, mancheranno proprio le parole per poterlo fare.

Dove voglio arrivare? Beh, oggi intravedo, seppur in controluce, questo “sventramento” del significato e del senso delle parole, ne ha già parlato a tal proposito lo scrittore barese Gianrico Carofiglio: dobbiamo riappropriarci del significato delle parole, anche se non ci siamo ancora resi conto di averlo perso. Parole come “amore” e “odio” sono state completamente ribaltate per esempio, ed è ovvio che la politica ha un ruolo di grande responsabilità in tutto questo. Oppure, la parola “democrazia”, spesso abusata (la ascoltiamo in continuazione) ma mai effettivamente concretizzata, almeno neglio ultimi 10 anni, qui in Italia. Chi sa davvero cosa significa la parola “democrazia” e quali sono i “diritti” ma soprattutto i “doveri” che essa comporta? E ancora, la parola “rispetto”, spesso confusa con la parola “tolleranza”, hanno significati totalmente diversi. Così come la parola “cittadino”, depauperata del suo “status” etico riposto all'interno di ogni persona che appartiene ad uno Stato. E anche quest'ultima parola: “Stato”, non abbiamo mai capito fino in fondo questo participio passato, l'abbiamo sempre visto come un qualcosa di alto, solenne e distaccato da noi, un ente lontano anni luce e intoccabile, di cui pochi conoscono il vero significato. Le parole “ladro”, “guardia”, a volte attribuite alle persone sbagliate. E poi ci sono quelle “belle parole”, che spesso la gente, i politici e i giornalisti usano per riempirsi la bocca, senza effettivamente sentire i brividi e il “peso” di ciò che stanno dicendo: “Princìpi”, “Valori”, “Libertà”, questi paroloni acquistati con i punti della benzina, senza mai spiegare effettivamente cosa una libertà o un principio implicano in uno “Stato democratico”.

Ricostruire le parole diventa quindi fondamentale per ricostrure il pensiero, per ricollegare quei fili culturali sconnessi, che alimentano l'indifferenza civile, la peggiore delle malattie. Allora spiegateci, oggi, anche la parola “Repubblica” che dovrebbe voler dire “cosa pubblica”, “cosa di tutti” e invece sembra che qualcuno l'abbia intesa come “cosa nostra” ma in un altro senso, specialmente a ben vedere i nostri politici, mi pare proprio che la “Repubblica” sia “Cosa Nostra”. E infine dovrebbero prima spiegarci e poi dimostrarci con i fatti, il senso più intimo di una parola che invece non usiamo più: verità”. A voi la parola.


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2 commenti:

Davide. ha detto...

Condivido in toto l'articolo e l'esigenza assoluta di riappropiarci del senso delle parola. E' un fatto che la lingua si stia impoverendo. Una delle caratteristiche di questa "neolingua" sopratutto mediatica che poi si riflette nei bar e nelle piazze e il suo impoverimento lessicale. Più uan lingua s'impoverisce più le masse non saranno in grado di formulare pensieri di una certa complessità.
La lingua è uno strumento essenziale per la propria libertà.

Francesca ha detto...

Mia sorella aveva preso quel libro ma io ne avevo letto una minima parte. dicono che il famoso reality Big Brother abbia preso spunto da questo libro.