Giovedì 9 aprile intorno alle 11 del mattino un uomo – Claudio Giardiello – ha sparato 13 colpi di arma da fuoco dentro il Palazzo di Giustizia di Milano, uccidendo tre persone.
Cosa è successo
Claudio Giardiello è entrato poco dopo le 9 del mattino al Tribunale di Milano dall’ingresso di via Manara, molto probabilmente con un tesserino falso: questo gli avrebbe permesso di essere confuso per un avvocato ed evitare i controlli dei metal detector. Secondo la ricostruzione di Tommaso Buonanno, procuratore capo di Brescia, Giardiello ha agito “con premeditazione” (aveva con sè una pistola e due caricatori). Poco prima dell’inizio della sparatoria era seduto tra i banchi del pubblico in un’aula al terzo piano del Palazzo di Giustizia, nella seconda sezione penale. Poco prima delle undici, a udienza iniziata, ha estratto la pistola – una Beretta 98, che deteneva regolarmente – e ha ucciso l’avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani.
Successivamente, sempre in aula, Giardiello ha sparato anche a Giorgio Erba, che è morto in ospedale; ha sparato e ferito anche Davide Limongelli, suo nipote. Erba e Limongelli erano imputati nel suo stesso processo. Giardiello è poi uscito dall’aula scendendo le scale, dove ha incrociato e sparato al commercialista Stefano Verna che si era occupato di un suo procedimento. Arrivato al secondo piano del palazzo, è entrato nell’ufficio di Fernando Ciampi, giudice fallimentare: ha sparato di nuovo e lo ha ucciso mentre stava lavorando al computer.
Giardiello è riuscito a uscire dal palazzo da via Manara scappando con la sua moto per quasi 30 chilometri: è stato arrestato a Vimercate, città dove – stando a quanto ha detto il ministro degli Interni Angelino Alfano – era pronto a uccidere altre persone. Giardiello è stato interrogato dai carabinieri in caserma e poi portato in ambulanza in ospedale per un malore.
Nel frattempo
Subito dopo i primi spari, diverse persone hanno cominciato a scappare e a uscire per le strade. Il palazzo ha cominciato a essere evacuato, ma almeno una trentina di persone sono rimaste a lungo chiuse nell’aula al terzo piano del Tribunale dove si è verificata la sparatoria. Per diverso tempo dopo gli spari si è pensato erroneamente che Giardiello potesse trovarsi ancora dentro l’edificio.
Le persone uccise
Le tre persone uccise sono il giudice fallimentare Fernando Ciampi, 71 anni, citato come teste al processo in cui era coinvolto Giardiello e che aveva emesso una sentenza per il fallimento di una sua società. Ciampi era stato presidente dell’ottava sezione civile; da sei anni era alla seconda sezione civile, incaricata dei fallimenti. L’avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani, 37 anni, era un ex avvocato di Giardiello: si trovava in aula per testimoniare nella causa di bancarotta a carico di Giardiello stesso. Giorgio Erba, 60 anni, era co-imputato nel processo di Giardiello.
I feriti sono l’ex commercialista di Giardiello Stefano Verna e Davide Limongelli, 40 anni, nipote di Giardiello, anch’egli co-imputato nel suo stesso processo, che dopo essere stato sottoposto a un intervento durato oltre cinque ore al Niguarda è in prognosi riservata.
Chi è Claudio Giardiello
Claudio Giardiello ha 57 anni, è nato a Benevento ed è residente in Brianza, a Brugherio: lavorava nell’edilizia ed era imputato in un processo per fallimento della Magenta Srl, società immobiliare di cui lui era socio di maggioranza. Il bilancio della Magenta era in passivo di quasi 3 milioni di euro. Claudio Giardiello era indagato per truffa dal marzo 2014 dalla Procura di Monza. Si era fatto rilasciare una fideiussione di 258 mila euro dal Credito artigiano a nome dell’ex moglie Anna falsificando la firma. Giardiello era stato socio della «Edil casa», che non esiste più dal 1998; era stato il proprietario della «Claudio Giardiello», cessata nel 1989 e aveva avuto una partecipazione del 20 per cento nell’«immobiliare Leonardo», in fallimento dal 2012. Il Sole 24 Ore ha raccontato i suoi guai giudiziari:
È stata dichiarata fallita il 13 marzo del 2008 la Immobiliare Magenta, la società a responsabilità limitata di Claudio Giardiello, l’uomo che ha sparato oggi al Tribunale di Milano. L’azienda, si evince da una visura camerale, faceva capo per il 55% a Giardiello, per il 30% a Davide Limongelli, nipote di Giardiello, coimputato e rimasto ferito nella sparatoria. Un terzo socio con il 15% si chiama Giovanni Scarpa. Il curatore fallimentare nominato dal Tribunale si chiama Walter Marazzani. Nel novembre del 2006 era stato depositato un atto di sequestro delle quote di partecipazione di Limongelli e di Scarpa, mentre nel giugno e nel novembre del 2007 erano stati depositati atti di sequestro delle quote di Giardiello. Il curatore fallimentare della società è Walter Marazzani, nominato nel 2008.
Passivi totali per 2,8 milioni di euro di cui quasi un milione verso le banche e 250mila euro verso l’erario. È questa la situazione finanziaria della società. L’immobiliare, con sede a Milano, è fallita nel 2008 ma dai documenti della sezione fallimentare del Tribunale di Milano – consultati da Radiocor – è possibile ricostruire la situazione finanziaria a tutto il 2014. Del totale dei debiti, pari a 2,88 milioni di euro, la quasi totalità è di natura chirografaria mentre i privilegiati sono pari a 361mila euro. Le disponibilità liquide, a disposizione del curatore fallimentare Walter Marazzani, ammontano a dicembre 2014 a circa 284mila euro anche dopo incassi legati alla vendita di immobili e a un incasso da 60mila euro in seguito a una transazione con Unicredit Leasing. Esclusi dalla procedura fallimentare risultano altre passività per circa 750mila euro.
Come è entrato
Non è ancora chiaro come sia stato possibile introdurre un’arma all’interno del tribunale: i quattro ingressi del Palazzo di giustizia di Milano (Via Freguglia, Via S.Barnaba, Via Manara e quello principale in Corso di Porta Vittoria) sono sorvegliati dal personale di una società di vigilanza privata. Per accedere è necessario svuotare le tasche dagli oggetti metallici e oltrepassare un metal detector: il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha confermato che tutti i sistemi di sorveglianza tecnologici del Palazzo di Giustizia erano funzionanti.
All’interno del Palazzo, oltre agli addetti alla sorveglianza, sono in servizio anche alcuni carabinieri che presidiano l’edificio nei vari piani. In aula la vigilanza è obbligatoria solo in presenza di imputati detenuti e non era il caso del processo a carico di Giardiello. In questo caso se ne occupano gli agenti della polizia penitenziaria a volte in collaborazione con i carabinieri. I controlli possono però essere evitati dall’ingresso di via Manara se si è in possesso di un tesserino da avvocato o da dipendente del tribunale: il procuratore Bruti Liberati ha detto che Giardiello potrebbe essere entrato al palazzo mostrando un falso tesserino dalla porta riservata ad avvocati, magistrati e cronisti: per ora, ha specificato Bruti Liberati, si tratta però solo di un’ipotesi.
Fonte: Il Post
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