martedì 21 ottobre 2014
Chiamateli #extracomunitari o #immigrati, io li chiamo #fratelli
Oggi mi sono fermato a parlare. Con un signore anziano. Ogni mattina, quando vado all’università lui è lì, vicino a una pasticceria. Ogni pomeriggio, quando rientro, lui è sempre lì. Con un cappellino a dirti buonasera, sulla sua sedia a rotelle, perché gli manca una gamba. Ogni giorno passo e lo vedo li con un sorriso, malinconico. Ogni tanto mi fermo e gli lascio qualcosa in quel suo cappellino che forse è più vecchio di lui.
Oggi ho deciso di fermarmi. Gli ho chiesto come si chiamava, lui, un po’ spaventato, ha iniziato a dire di no con la testa. Io gli ho detto che volevo solo sapere se aveva bisogno di qualcosa, lui si tranquillizza. Non parla italiano, giusto qualche parola, mi dice che viene dalla Romania, che è qui con i suoi figli e i suoi nipoti, che non capisce molto quello che dico. Nemmeno io capisco tutto quello che mi dice, ma ora vedo che lui, prima spaventato, ora vuole parlare, cerca di dirmi quanti figli ha, cerca di dirmi tutto ciò che riesce ad esprimere col suo italiano povero ma pieno di tutta la ricchezza che due parole riescono a contenere.
Alla fine gli chiedo di nuovo se ha bisogno di qualcosa, lui mi dice ancora di no, ma un no diverso, un no non più spaventato, ma con un sorriso non più malinconico ma di felicità e di gratitudine, come se quella “chiacchierata” avesse fatto più di quello che gli ho messo nel cappellino. Mi sono avviato verso casa con la consapevolezza che ero io a dover ringraziare lui, per avermi insegnato tanto. Innanzitutto che bisogna sorridere, sempre, anche nelle difficoltà. Che c’è tanta malinconia e solitudine nel vivere lontano da casa e non parassitismo come tanta gente purtroppo dice, tanto che basta un semplice ‘ha bisogno di qualcosa’ per far ritornare il sorriso. E poi, cosa più importante, che basta fermarsi, che bastano due parole per capire che siamo tutti fratelli.
Si parla spesso di immigrati. E, ancora più spesso, se ne parla senza cognizione di causa. Perché è facile scaricare colpe su chi è più debole. ‘Perché’, recita una canzone dei 99 Posse, ‘il nemico del povero è il più povero, e cosi all’infinito’. È una logica che conviene troppo a chi comanda. È la strada più facile. Ma la strada più facile non significa che sia la strada più giusta.
Provate a immaginare un uomo, una mamma con il suo bambino, un ragazzo, che decide di lasciare il proprio Paese, di imbarcarsi per un viaggio senza sapere se arriverà a destinazione o se lascerà le sue lacrime in mare. Immaginate la disperazione che spinge a tutto questo. Immaginate di essere voi, a dover lasciare casa, famiglia, amici. Immaginate di arrivare in un Paese che non conoscete, di cui non sapete la lingua, dove non avete un posto dove dormire. Immaginate di non sapere a chi rivolgervi se non state bene. Immaginate la paura, l’angoscia di rivolgersi a un medico o a un ospedale, per paura di essere denunciati come ‘irregolari’. Irregolari. Odio questa parola. Perché per me non ci sono persone irregolari. Per me, ci sono uomini. La natura non conosce frontiere. L’uomo non è e non sarà mai illegale.
Fonte: Qualcosa di Sinistra
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5 commenti:
Bravo ,un bellissimo post.
Hai ragione.
Ogni uomo è mio fratello.
Però .....
A rovinare tutto c'è la politica, il politico, i media, la stampa, gli interessi, la paura, la mala fede,la falsità, la cattiveria, l'uomo .....
Basta una parola, un sorriso e tutto cambia.
Con questa gente ho fatto esperienze belle e brutte ....
Ho incontrato gente buona e gente cattiva ....
Oggi ... ho imparato a guardare con una certa diffidenza
Mi sono commossa.....grazie Andrea e' bellissima....
Grazie per avermi dato l'occasione di leggere questo post.
Io sono un immigrato e non mi vergorno di dirlo. Ma chi mi conosce, lo direbbe difficilmente. Ormai ho pure l'accento della zona in cui mi trovo.
E' inutile dire che mi dispiace per quel signore, e non importa di che nazione è. Io ad esempio sono stato cresciuto in un ambiente che mi ha educato all'avversione contro i rumeni. Ma se ci pensate, in fin dei conti, sono persone come noi. La statistica non ha sempre ragione. Esistono le esclusioni. E lo si comprende solo conoscendo gli altri.
La scusa di odiare gli immigrati e dare a loro la colpa che rubano il lavoro, i posti dove vivere, ecc...
Ma è una scusa vigliacca e imparagonabile con quello che i politici italiani fanno allo stesso paese.
Riflettere non fa mai male.
Jan Quarius
Nulla da ridire, post molto bello, commovente. Non ho nulla contro l'immigrazione, contro i vari colori di pelle ma ribadisco il mio diritto di Italiano. Chi viene in casa mia, oltre a chiedermi se può entrare dovrebbe chiedermi quanto tempo vuole rimanere mio ospite. Dovrebbe chiarirmi le idee,sulle sue intenzioni di rispettare le leggi che ci sono in casa mia, su come rispetterà le donne che vivono nel mio paese, se non porterà via la casa di mio fratello che la aspetta da 10 anni, se ha intenzione di trovarsi un lavoro anche lui rispettando chi è in lista da anni prima che lui arrivasse. Nel frattempo che pensa a cosa rispondermi, ho tutta l'intenzione di dargli da mangiare e di curarlo se ne ha bisogno, ma terminato il tempo, mi dispiace ma dovrebbe tornare a casa sua o cambiare casa.
I nostri emigranti, che fosse Germania, Francia, Belgio, Stati Uniti, terminato il tempo venivano rimpatriati e, tuttora la cosa si ripete.
Il mio rispetto è condizionato al rispetto che ricevo. Così come io rispetto le opinioni, i punti di vista altrui, le leggi altrui, le religioni degli altri, pretendo che anche gli altri, rispettino le mie senza impormi le loro. Se la cosa non gli aggrada, non avranno mai il mio rispetto e quindi che tornino a casa loro.
I miei nonni, i loro amici, i miei zii hanno combattuto per rendere libero il nostro paese.
Scappare da una guerra, da un'invasione, da una politica che non apprezzano e li schiavizza non li rende dei vigliacchi, ma pretendo che non li trasformi a loro volta in invasori. Nel qual caso io difenderò la mia terra come potrò, anche solo con il dissenso.
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