Facciamocene (fortunatamente) una ragione: ciò che madre – natura da miliardi di anni ci offre per il nostro sostentamento è insostituibile. Abbiamo provato a farne a meno: le epopee industriali che si sono succedute nella storia, a partire dal ’700, sono state forse il tentativo più forte (e drammatico) di ridimensionare il ruolo del lavoro nei campi, certi che ritmi produttivi più celeri avrebbero permesso il passaggio dall’autosostentamento all’autonomia con tanto di surplus. E così, ecco arrivare i grandi esodi dalla campagna alla città, ecco realizzarsi nel tempo grandi progetti industriali (es.: il triangolo Milano – Torino – Genova), ecco che molte campagne vengono abbandonate a loro stesse, spesso sostituite da progetti di sviluppo urbano orribili, in disprezzo di qualsiasi piano regolatore, volti solo a soddisfare interessi di parte. Così, il ragazzo della Via Gluck di Celentano diventava un retaggio del passato, il Tevere patria dei bagnanti popolani si trasformava in un fiume di rifiuti. E poi le terre avvelenate dalla criminalità organizzata, le scorie delle centrali nucleari … Insomma, ci siamo messi di impegno per non subordinarci più all’agricoltura. Ma, peccato (e per fortuna) che certe cose non le potremo mai cambiare del tutto, anche perchè ci sarà un motivo se la terra continua ad essere il settore più anziano, ma allo stesso tempo, sempre presente nella storia dell’uomo e del pianeta. Oggi, l’Istat ci conferma questa sacrosanta verità: potrai abbandonare la terra a lungo ma, prima o poi, avrai necessità di tornarvi, dopo che ti sarai disilluso su quel falso paradiso chiamato industria. E se proprio non vuoi fare a meno dell’industria, vai nell’agroalimentare, lavora con agriturismi etc. Insomma, fai qualcosa di naturale, di biologico, di sostenibile. In altri termini: la terra non la combattere, ma parlaci. Ora, tornando alla parte più pragmatica e meno poetica (volete mettere il fascino dei campi con i numeri dell’economia?) del post:
*«a giugno l’occupazione nelle grandi imprese (in termini destagionalizzati) resta invariata rispetto a maggio sia al lordo sia al netto dei dipendenti in Cassa Integrazione Guadagni (CIG) […]. Rispetto a giugno 2013, l’occupazione nelle grandi imprese diminuisce dello 0’8% al lordo della CIG e dello 0,5% al netto dei dipendenti in CIG. Al netto degli effetti di calendario, il numero delle ore lavorate per dipendente (al netto dei dipendenti in CIG) diminuisce, rispetto a giugno 2013, dell’1,2 % […] Sempre a giugno la retribuzione lorda per ora lavorata (dati destagionalizzati) ha registrato una diminuzione dello 0,5% rispetto al mese precedente. In termini tendenziali l’indice grezzo aumenta del 3,3%. Rispetto a giugno 2013 la retribuzione lorda e il costo del lavoro per dipendente (al netto dei dipendenti in CIG) aumentano rispettivamente del 2,2% e dell’1,6%. Considerando la sola componente continuativa, la retribuzione lorda per dipendente aumenta rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, dello 0,4%»;
*«BOOM AGRICOLTURA . Crescita record delle assunzioni in agricoltura, con un incremento record del 5,6% nel secondo trimestre 2014 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti sulla base dei dati ISTAT in occasione della diffusione dei numeri sull’occupazione nelle grandi imprese italiane a giugno. Il trend positivo dell’agricoltura – sottolinea la Coldiretti – è il risultato di una crescita record del 27,6% al Nord e del 28,6% al centro, mentre si registra un calo nel Sud Italia (- 8,3%). Si stima peraltro – precisa Coldiretti – che abbia meno di quarant’anni un lavoratore dipendente su quattro assunti in agricoltura, settore in cui si registra anche una forte presenza di lavoratori giovani ed immigrati».
Da notare le ultime righe: un lavoratore dipendente su 4 ha meno di quarant’anni, una forte presenza di lavoratori giovani ed immigrati. Insomma, l’agricoltura sta dimostrando di essere un settore dal lavoro (quasi) sicuro, ove i giovani possono nel presente costruirsi il futuro, dove le diversità culturali, etniche, religiose etc. diventano piacevoli fonti di confronto civile e non di conflitti. Insomma, madre natura c’è. E l’agricoltura, non morirà mai e poi mai.
*Fonte: http://www.quotidiano.net/occupazione-grandi-imprese-istat-1.171998
Visto su El Nuevo Dìa e Il Malpaese
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