venerdì 2 maggio 2014
Euro di serie A ed euro di serie B
Si parla spesso di uscita di Italia dall’euro. Riguardo alle modalità ci sono diverse tesi. Una di queste è un’uscita “concordata” con conseguente svalutazione della moneta o in alternativa un’uscita della Germania con un euro di serie A e l’Italia con un l’euro attuale di serie B svalutato. In queste ipotesi il problema principale rimane il pagamento dell’esorbitante debito pubblico contratto con la moneta attuale forte e non svalutata. Il problema principale è quindi il debito pubblico con gli interessi e quant’altro. Di ristrutturazione del debito pubblico si parla da tempo: un’ipotesi da adottare non certo tra le più felici.
L’euro di serie A e l’euro di serie B forse è la soluzione più “indolore” se proprio si dovesse decidere di abbandonare la moneta attuale troppo forte sui mercati globali: la soluzione dell’euro di serie A e di serie B rispecchia anche la forza delle economie forti e deboli dell’Europa, dei paesi del Nord e dei paesi del Sud, dei paesi definiti virtuosi e dei PIGS.
Una moneta deve rispecchiare l’economia di una nazione e l’Italia come la Spagna o il Portogallo non possono permettersi una moneta adatta invece ad un’economia forte come quella della Germania.
Ritornando poi alla questione della svalutazione si potrebbe optare per una svalutazione graduale negli anni che potrebbe seguire un’eventuale ripresa economica e un’eventuale riduzione del debito pubblico premettendo che però trattati come il Fiscal Compact vanno ridiscussi, cambiati, rinviati o altro.
La cosa principale da tenere a mente è che la via attuale non è quella praticabile e in un modo o nell’altro dovranno esserci dei cambiamenti. La situazione di deflazione in cui versa l’Europa parla chiaro come parla chiaro anche il fatto che la ripresa economica in Europa sia più debole rispetto ad altre parti del mondo.
Oppure ancora cambiare il ruolo della BCE e condividere i debiti sovrani così aiutando le economie più deboli magari con l’ipotesi più volte avanzata degli eurobond.
Il Fiscal Compact e il rispetto del 3% di rapporto deficit/PIL sono vincoli da rispettare troppo “duri” come sono stati concepiti qualche anno fa: c’è bisogno di maggiore “elasticità” per aiutare i paesi in difficoltà o rinviare tutto per il fututo quando si sarà usciti dalla crisi economica più grave dal dopoguerra.
Fonte: SYSTEM FAILURE
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