Subire un processo non è piacevole per nessuno. Un processo, specie se è un processo di una certa gravità con un certo risalto mediatico, porta sempre con sé un carico di ansie e preoccupazioni. Dato che questo vale per tutti, e non solo per D'Ambrosio, teoricamente non dovremmo processare più nessuno.
E in questa conseguenza inapplicabile si vede la lucida follia di chi - a mezzo stampa e non solo - decide di dare randellate a destra e a manca per provare a vendere qualche copia in più.
C'è da dire che le intercettazioni che Napolitano voleva far distruggere sono state legittimamente disposte, legittimamente effettuate e legittimamente pubblicate sui giornali. Quindi se chi, per anni servitore dello Stato, decide di dare udienza telefonica ad uno come Mancino - indagato per falsa testimonianza sull'indagine sulla trattativa Stato - mafia - la colpa non è certo di chi ne riporta ciò che emerge. Chi è causa del suo mal, pianga se stesso dice il proverbio.
Peraltro D'Ambrosio - come si conviene in un posto civile - ha avuto la possibilità di difendersi sulle pagine del Fatto, ed il disagio emerso sono state quelle conversazioni tra Napolitano e Mancino rimaste segrete e per le quali il Presidente Napolitano pretendeva la distruzione, a costo del conflitto di attribuzione. Il disagio di D'Ambrosio pareva provenire proprio dalla segretezza richiesta da Napolitano.
Il presidente Napolitano, non volendosi comportare da persona indegna e volgare, se volesse proprio prendersela con qualcuno, se la prendesse con se stesso per non aver compiuto l'unico gesto che avrebbe dovuto compiere: attaccare il telefono in faccia a Nicola Mancino, dopo averlo previamente diffidato dal ritelefonare.
Caro Presidente Napolitano, il silenzio tante volte è d'oro.
Fonte: Pensare è gratis
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