sabato 7 giugno 2014

Job Meeting Roma



La fotografia della giornata è stata perfettamente messa a fuoco dalla giornalista Giulia Merlo del Fatto Quotidiano. Io c'ero, al Job Meeting di Roma del 29 Maggio scorso. Sono di fianco a chi riprende questi ragazzi che protestano.

Innanzitutto, un interminabile questionario anonimo su attitudini e ambizioni, assolutamente irrilevante ai fini della giornata, ma che serve solo ad alimentare le statistiche (siamo numeri) e il nervosismo.

Diciamo subito che ai Job Meeting non si trova lavoro (ma nessuno è mai partito una idea del genere, onestamente). Ma, comunque, non ti aspetti che dopo aver fatto file chilometriche per lasciare un curriculum (e che curriculum!) ti venga detto di inviarlo on line tramite il loro sito, oppure che il tuo profilo non è ricercato (potevate mettere un cartello con i profili che erano richiesti?), oppure che non ci sono posizioni aperte al momento (e perchè sei qui?perchè io sono qui?). E non ti aspetti neanche che aziende, come l'Indesit (che ha messo in cassa integrazione centinaia di lavoratori), abbiano da proporti sul serio qualcosa. 

L'obiettivo di ogni giovane laureato/depresso//futuro terrorista è quello di distribuire quanti più curricula possibile. E dopo aver distribuito i miei, nel workshop del pomeriggio, c'è una tipa che mi spiega come i curriculum formato Europass siano assolutamente da evitare ("oggi ti devi distinguere, gli Europass omologano tutti"). Indovinate che curriculum avevo.

Comunque, in conclusione, zero lavoro, stage come il famoso ago nel pagliaio (ma devi dare fuoco alla paglia), e molti stand a proporre master (alla fine sei pure tu che devi pagare loro, e lautamente).

Questi meeting sono posti di una tristezza unica, dove incontri centinaia, migliaia di persone che chiedono solo dignità.

Io nel frattempo ho lasciato il curriculum anche a 'sti ragazzi del video.

Mirco Sirignano

Fonte: Mirco/Siri

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giovedì 5 giugno 2014

I leader del G7 minacciano nuove sanzioni contro la Russia


I leader del G7 a Bruxelles, il 5 giugno 2014. (Geert Vanden Wijngaert, Ap/Lapresse)

I paesi riuniti al G7 hanno minacciato nuove sanzioni contro la Russia per l’annessione della Crimea e per aver alimentato la crisi nell’est dell’Ucraina. I leader politici, riunitisi a Bruxelles il 4 e 5 giugno, hanno criticato Mosca per le sue “continue violazioni” della sovranità ucraina.

I capi di stato riuniti al G7 hanno anche chiesto alla Russia di riconoscere i risultati delle elezioni Ucraine, di completare il ritiro delle sue truppe dal confine orientale con l’Ucraina e di interrompere le forniture di armi ai separatisti filorussi.

Quello di Bruxelles è stato il primo G7 senza la Russia, espulsa dal gruppo proprio in seguito alla crisi in Ucraina. Alla riunione, che per la prima volta si è svolta nella capitale belga, hanno partecipato Barack Obama (Stati Uniti), Stephen Harper (Canada), Matteo Renzi (Italia), Shinzō Abe (Giappone), Angela Merkel (Germania), François Hollande (Francia) e David Cameron (Regno Unito). Ospiti del vertice anche Herman Van Rompuy, presidente del consiglio europeo, e José Manuel Barroso, presidente della commissione europea.

Anche se non era presente a Bruxelles, Vladimir Putin terrà dei colloqui individuali con gli altri leader del G7, tranne Obama, a Parigi dopo la fine del vertice. L’incontro con il presidente statunitense invece dovrebbe avvenire il 6 giugno, in occasione di una cerimonia per l’anniversario dello sbarco in Normandia.

“Siamo uniti nel condannare la Russia per la continua violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina”, hanno scritto i leader in un comunicato congiunto pubblicato alla fine del vertice. Il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, ha commentato così il comunicato: “Il cosiddetto G7..cinismo senza limiti”. 

Il 4 giugno, durante una visita diplomatica a Varsavia, in Polonia, Barack Obama aveva già condannato “l’aggressione” di Mosca nei confronti dell’Ucraina.

La crisi continua. Nel frattempo in Ucraina i separatisti filorussi hanno preso il controllo di due basi nella regione di Luhansk, nell’est del paese, dopo un combattimento con l’esercito ucraino. Gli scontri continuano anche nelle città di Sloviansk e Krasnyi Lyman. Entro il 6 giugno il governo ucraino dovrebbe decidere se introdurre oppure no la legge marziale nell’est del paese.

Fonte: Internazionale

sabato 31 maggio 2014

Disuguaglianza e democrazia


Non passa giorno senza notizie sulla crescente disuguaglianza come eloquente indicatore del tipo di modello economico che ci siamo scelti, in seguito all’abbuffata neoliberale provocata dal Washington Consensus. L’idea che la crescita economica sia “una marea che sollevi tutte le barche”, come disse Margaret Thatcher quando dichiarò guerra alla società del welfare, e la sua gemella “il capitale ricadrà su tutti quanti”, sono ora totalmente screditate. I fatti, come si dice, sono ostinati.

Ed i fatti sono stati dimostrati in un’esauriente analisi statistica dall’economista francese, Tomas Piketty, (autore de Il Capitale nel XXI Secolo) che, sulla base dei dati degli ultimi due secoli, prova che il capitale frutta una migliore rendita rispetto al lavoro. Dunque, in qualunque paese, la crescita economica è distribuita in maniera diseguale fra l’insieme dei salari e quanto va ai ricchi. Con il tempo, il capitale del ricco crescerà più di qualunque altra cosa, ed infine i più ricchi vedranno il loro capitale crescere continuamente, molto più del benessere generale; coloro che erediteranno capitale beneficeranno infine della maggior fetta della crescita: in altre parole, succhieranno via dalla popolazione il suo aumento di benessere. Ciò significa che stiamo tornando ai tempi della Regina Vittoria.

Di fatto questo è dovuto ad una nuova realtà: il capitalismo finanziario sta rendendo molto meglio del capitalismo produttivo. L’ultimo numero della rivista americana “Alpha” stila l’elenco dei 25 manager meglio pagati nel campo degli Hedge Funds. L’anno scorso, questi manager – tutti uomini – hanno guadagnato la sconcertante cifra di oltre 21 miliardi di dollari. Una cifra che supera i redditi nazionali combinati nello stesso anno di paesi africani come Burundi, Repubblica Centrafricana, Eritrea, Gambia, Guinea, Sao Tomé, Seychelles, Sierra Leone, Niger e Zimbabwe. O, per rimanere negli Stati Uniti, il premio Nobel Paul Krugman scrive che lo 0,1% con il reddito più alto è tornato indietro al XIX secolo. Secondo la classifica dei miliardari di Bloomberg, un indice giornaliero dei 300 individui più facoltosi del mondo, questi hanno visto crescere l’anno scorso il loro benessere di 524 miliardi di dollari – più della somma dei redditi di Danimarca, Finlandia, Grecia e Portogallo. Provate solo ad andare su Wikipedia, cliccare Bilanci Nazionali nel mondo e vedete quanti paesi poveri riuscite a sommare, con i loro milioni di abitanti, per raggiungere 524 miliardi di dollari.

Lo stesso accade in Europa. Abbiamo statistiche simili dalla Spagna. L’anno scorso 23 banchieri si sono visti assegnare diritti previdenziali per 22,7 milioni di euro ed un aumento degli stipendi del 27%, nonostante uno scenario di deflazione. Si tratta di un trend che sta avendo luogo in ogni parte d’Europa, anche nei paesi del nord, ma anche in Brasile, Cina, Sudafrica ed in ogni altra parte del mondo.

Naturalmente, questo è oggi considerato un trend normale nella “new economy”, in cui il lavoro è considerato una variabile della produzione e la disoccupazione permanente è considerata inevitabile e strutturale. Nel frattempo, le Nazioni Unite sostengono che la povertà estrema nel mondo sia stata dimezzata. Il numero di persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno è crollato dal 47 percento del 1990, al 22 percento del 2010. Ci sono ancora 1,2 miliardi di persone che vivono in povertà estrema, ma una nuova classe media sta emergendo in tutto il mondo, anche se il trend positivo dei numeri è dovuto per lo più a Brasile, Cina e India. Per tanto, l’argomento dei difensori dell’attuale modello economico è “se ci sono pochi super ricchi, perché ignoriamo l’enorme progresso che ha creato 1 miliardo di cittadini della nuova classe media?”.

Questo argomento ha tre ovvi problemi. Il primo è che questo tipo di crescita economica sta già erodendo la classe media nei paesi ricchi e questa contrazione è destinata ad avere seri effetti nel lungo periodo. I consumi dei super ricchi non possono sostituire i consumi di un grande numero di cittadini della classe media. La produzione di auto è già superiore alla domanda, e questo sta avvenendo per molti prodotti. La povertà globale sta calando, ma in ogni paese, la disuguaglianza sta aumentando.

Il secondo problema è che i ricchi non stanno pagando le tasse quanto prima, a causa di un gran numero di benefit fiscali che furono introdotti all’epoca del Presidente Usa Ronald Reagan – “il benessere produce benessere e la povertà produce povertà”. Il presidente francese Francois Hollande ha scoperto a sue spese che oggi non si può tassare il capitale perché è sacro. Ci sono almeno 300 miliardi di dollari in entrate fiscali che vengono persi attraverso una combinazione di incentivi sulle imposte sui redditi d’impresa e di stratagemmi per eludere le normative fiscali. Oggi, sono stimati 4 trilioni di dollari in paradisi fiscali. E la storia non è ricca di esempi di redistribuzione volontaria e solidarietà da parte di ricchi e super ricchi.

Il terzo problema è molto serio. E’ ridondante citare qui uno degli innumerevoli esempi di come la politica sia diventata asservita all’interesse economico. Un comune cittadino non ha lo stesso potere di un cittadino super ricco. E’ ironico come la corte suprema degli Stati Uniti abbia eliminato ogni limite di donazione ai partiti, perché tutti gli uomini sono uguali. Ora che il costo dell’elezione di un presidente si aggira attorno ai 2 miliardi di dollari, un cittadino medio è veramente uguale ad uno ricco come Sheldon Adelson, il magnate statunitense che ha ufficialmente donato 100 milioni di dollari al Partito Repubblicano? Senza grandi sforzi, la sua ricchezza è aumentata l’anno scorso di 14 miliardi di dollari!

E’ dunque positivo questo trend per la democrazia? Non sono i super ricchi ragione di preoccupazione? Ebbene, questo è quello che ci viene detto, e questo è quanto ci viene chiesto di credere...

di Roberto Savio - link alla fonte

Fonte: SYSTEM FAILURE

venerdì 23 maggio 2014

22 anni fa la strage di Capaci

23 maggio 2014. Sono trascorsi 22 anni dalla strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Per non dimenticare...







Il coraggioso muore una volta, il codardo cento volte al giorno (Giovanni Falcone)

giovedì 22 maggio 2014

Si pente il super boss dei Casalesi Antonio Iovine


Era stato arrestato a Casal di Principe dopo 14 anni di latitanza, il 17 novembre 2010. Quattro anni di carcere duro, poi il super boss di Gomorra Antonio Iovine si è arreso: da alcuni giorni ‘O Ninno, così come era ribattezzato il padrino dei Casalesi per il suo volto da ragazzo, ha deciso di collaborare con i magistrati del pool anti-camorra di Napoli. Una decisione che potrebbe rappresentare una svolta nelle indagini e nella lotta alla camorra. I segreti custoditi dal boss-manager, considerato una sorta di “ministro dell’Economia”, potrebbero adesso ricostruire le collusioni tra uno dei più potenti clan camorristici, la politica e il mondo degli affari.


La cattura di Antonio Iovine, dopo 14 anni di latitanza, il 17 novembre 2010


ANTONIO IOVINE SI PENTE – Iovine, 50enne, era considerato al vertice dei Casalesi, insieme a Francesco Bidognetti, a Francesco Schiavone (il boss conosciuto come Sandokan, catturato nel ’98) e a Michele Zagaria (l’ultimo ad essere arrestato, il 7 dicembre 2011, ritrovato nel bunker dove si era rifugiato). ‘O Ninno era stato condannato all’ergastolo in via definitiva al termine del processo “Spartacus”, il più importante contro i Casalesi. Adesso, dopo la decisione di Iovine, a tremare è tutto l’impero dei clan, come ha spiegato Roberto Saviano su Repubblica. Il motivo? Iovine non era certo un quadro intermedio, bensì veniva definito come «uno che sapeva tutto», arrivato da giovane ai vertici. Non sono stati molti, prima di lui, i camorristi che hanno deciso di collaborare e pentirsi: prima di lui si ricorda Pasquale Galasso, capo della Nuova famiglia. L’altro storico collaboratore di giustizia del clan dei Casalesi è stato Carmine Schiavone. Ma era un capo della vecchia generazione, che era stato messo ai margini nell’ultima fase e che decise di pentirsi proprio perché allontanato dai vertici. Al contrario, Iovine durante i suoi anni di latitanza – dal 1996 fino al 2010 – ha continuato a gestire le attività dei Casalesi, mente affaristica del clan. Per questo le sue rivelazioni possono fornire informazioni essenziali sui rapporti tra imprenditoria e criminalità, non soltanto in Campania e in Italia. Spiega Repubblica:

«Un’intera generazione di complici rischia seriamente di essere spazzata via. I segreti di politici collusi e amministratori locali conniventi, gli intrecci sui rifiuti, gli affari dell’imprenditoria inquinata, i nomi dei fiancheggiatori e degli insospettabili che hanno custodito le trame di una delle più potenti organizzazioni criminali d’Europa non sono più al sicuro. Tanti che fino a poco tempo fa contavano, adesso tremano».

Lo aveva fatto capire lo stesso Iovine, in un’aula giudiziaria, il 4 dicembre 2013, nel corso del processo sulle minacce alla giornalista del “Mattino” Rosaria Capacchione e allo stesso Saviano. «Chi mi ha protetto durante la latitanza? Se parlassi, inguaierei un sacco di persone», aveva spiegato. Ora, la svolta con la decisione di collaborare con i pm.

LA DECISIONE DI COLLABORARE – Da poco tempo Iovine aveva cominciato a rispondere alle domande dei pm Antonello Ardituro e Cesare Sirignano, che fanno parte del pool coordinato dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli. Ma il percorso è iniziato già da quattro anni, dopo la cattura. Qualche timida apertura alla collaborazione era stata lanciata da Iovine già tre anni fa, il 6 agosto del 2011. Ma quel primo contatto con Ardituro, nel corso di un interrogatorio per una vicenda di usura, era rimasto isolato. Soltanto a dicembre la decisione di revocare gli avvocati, segno dell’intenzione di voler cambiare atteggiamento. Agli inizi di maggio, infine, ha cominciato a riempire pagine di verbale. Documenti che dovranno essere valutati dai pm, per verificare se le dichiarazioni di Iovine siano o meno attendibili. ‘O Ninno è stato trasferito da Nuoro, dove si trovava in regime di carcere duro da quattro anni, mentre per i suoi familiari è scattato un piano di protezione.

MENTE AFFARISTICA – Boss moderno, era la mente del riciclaggio dei proventi delle attività illecite – narcotraffico, racket, truffe su tutte – nell’economia pulita e nel business del cemento. Per poi inserirsi nel mondo degli appalti statali. Ha spiegato Saviano:

«Tutto il segmento nero diventava investimento vivo, costruzione vera: imprese edili, ristoranti, import-export. Uno dei primi colpi di ‘O Ninno fu proprio l’acquisto della discoteca Gilda a Roma: una delle sue prime mosse personali nella capitale. Seguendo l’indicazione del padrino Bardellino, Roma era la vera fortezza da espugnare e Iovine l’ha sempre saputo. Ed è qui che si è legato ai tre settori cardine della capitale: cemento, intrattenimento, politica. Ha provato a scalare la squadra di calcio della Lazio, riciclando 21 milioni di euro provenienti dall’Ungheria, attraverso il suo parente Mario Iovine detto Rififì, a Roma ha investito nel settore del gioco d’azzardo legale»

Rispetto a Iovine, Saviano ha ricordato come Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti non abbiano mai deciso di parlare: «Quando un capo è al 41 bis, sa che non può realmente comandare, ma il suo silenzio è l’assicurazione sui soldi della famiglia ed è un valore generazionale», ha aggiunto Saviano. Cosa ci guadagna allora Iovine dalla scelta di collaborare? Il super boss è giovane, non ha ancora 50 anni ed ha dei figli «perfettamente inseriti nella vita della borghesia romana e campana», si spiega su Repubblica. Recluso nel carcere duro, condannato all’ergastolo e con decine di inchieste sulla testa ‘ O Ninno ha forse capito che probabilmente per lui non restava altra strada che pentirsi. A differenza di altri boss non aveva rinunciato a spostarsi negli anni di latitanza: si era mosso dalla Francia alla Toscana, fino a Roma, seguendo il flusso del denaro e dei reinvestimenti. Per Saviano, Iovine potrà adesso chiarire e raccontare molto: dalle voci che lo hanno descritto – seppur non ci siano state conferme giudiziarie – come «il burattinaio dietro la scalata di Ricucci, Coppola e Statuto», al ruolo della famiglia Cosentino. Fino ai rapporti tra politica e camorra. Una testimonianza che potrebbe cambiare per sempre le conoscenze sulla criminalità organizzata.

Fonte: Giornalettismo

martedì 20 maggio 2014

Grillo a Porta a Porta: "Vinceremo le Europee"


Ieri sera, 19 maggio, Beppe Grillo è stato ospite a Porta a Porta, condotto da Bruno Vespa, in seconda serata su RaiUno. "Sono commosso perchè è dal '93 che non entro in uno studio in diretta. E poi sono commosso per le fotografie da buono che avete messo. Qui non è cambiato molto, il pubblico è sempre lo stesso quello pagato", le prime parole di Grillo.



Ecco le cose principali che ha detto Beppe Grillo (dal sito fanpage.it)

Ore 23:25 – “Io sono arrabbiato, forse a volte esagero però è una rabbia che ha unito in un sogno dieci milioni di italiani”, così comincia Grillo, che poi spiega i motivi della sua partecipazione alla trasmissione: “E’ un gesto politico, io sono qui per battere il pregiudizio. Ora la Rai è diventata una roba…io e Vespa ci siamo detestati, se mi avessero detto che sarei venuto qui io avrei denunciato per diffamazione”. Su Renzi poi il capo politico del Movimento 5 Stelle è chiaro: “L’ebetino è già finito, è stato messo lì dai poteri forti e dalle banche [...] Noi abbiamo fatto un sondaggio, siamo al 96%. Non vinceremo, sarà una marcia trionfale”.

Ore 23:30 – “Il nostro sogno si sta avverando”. Con queste parole Grillo anticipa la riflessione sull’esito delle elezioni: “Diremo che questa politica non rappresenta più il Paese e che Napolitano deve andarsene. Dopo le politiche ci hanno trattato come bambini”. Sugli 80 euro: “Sono una depravazione del voto di scambio, era più decorosa la scarpa destra; toglieranno le detrazioni per il coniuge a carico (ipotesi contestata da Vespa, ndr) [...] noi andremo verso una crisi, tutti i parametri sono negativi, questa gente non ne ha azzeccata una. Devono andare a casa tutti, siamo dentro un’associazione a delinquere, il Paese è stato governato da criminali”.

Ore 23:35 – “Se prendiamo la maggioranza alle Europee, il Governo deve andare a casa”, ripete Grillo, che però conferma l’indisponibilità del Movimento 5 Stelle a fare qualunque tipo di alleanza. Alla domanda di Vespa sul “dove prenderà la maggioranza”, Grillo ribadisce: “Dopo le Europee andremo al Quirinale pacificamente a spiegare come stanno le cose, poi voglio vedere cosa faranno milioni di italiani [...] Grazie a noi non c’è stata la violenza o movimenti neofascisti in Italia”.

Ore 23:40 – C’è spazio per i temi più strettamente politici: “La questione immigrazione serve solo ai partiti per la loro identità. Io voglio meno cuore e più cervello, noi andremo in Europa per cambiare le cose [...] Finora son fallite tutte le iniziative di destra e sinistra, il Movimento è un’altra cosa, quello che diciamo, facciamo”. Sul reddito di cittadinanza: “Troviamo le risorse con i tagli, i partiti hanno rubato 3,6 miliardi di euro con una frode semantica, alziamo le tasse del gioco d’azzardo online, tagliamo finanziamenti ai giornali, poi taglieremo la spesa militare di 27 miliardi di euro”.

Ore 23:50 – Il discorso verte sulle politiche europee, Grillo spiega: “Il fiscal compact vale più di 50 miliardi l’anno, il Pil scende e la forbice sta scendendo; anche secondo l’Ocse per i prossimi anni la crescita non ci sarà. E ci stanno già svendendo il Paese ai fondi americani come Black Rock, i loro ragionieri stanno già catalogando i nostri beni, chiuderanno 200 università e gli asili nido. L’ebetino ha già messo i suoi consulenti nei consigli di amministrazione”. Sul referendum sull’euro, Grillo spiega: “Noi diremo all’Europa che non vogliamo trattare e subito via il fiscal compact. Noi siamo il terzo finanziatore dell’Europa, Renzi è andato dalla Merkel a dare due slinguate”.

Ore 00:00 – Grillo torna poi a parlare della sua idea di Paese: “Bisogna invertire la logica, non ho mai parlato di decrescita ma di crescita sostenibile. Sugli inceneritori bisogna capire che è un modello vecchio, bisogna puntare a non produrre più rifiuti: è un modo di fare industria di un altro mondo”. Sull’Expo il capo politico del Movimento è chiaro: “Siamo andati dentro con un pullman, non c’è niente; un’autostrada da 15 corsie, speculazioni edilizie, una torta pazzesca, aziende tutte colluse con la mafia, le Coop rosse prendono appalti con ribassi del 30%; perché oggi un’associazione a delinquere è formata da un banchiere, da un uomo d’affari, un politico…e a volte non c’è neanche un delinquente! L’Expo è una rapina, ora arriva il supercommissario dell’anticorruzione Cantone che non si è accorto di nulla”.

Ore 00:10 – Dopo una serie di botta e risposta, Grillo attacca: “Vespa il nostro programma te lo vai a cercare, non te lo dico. Abbiamo progetti per impedire la svendita del patrimonio italiano, l’unica rivoluzione del M5S non è di stravolgere il mondo ma di inserire una persona onestà nei posti giusti, come fatto con Roberto Fico alla Vigilanza Rai, che in un anno ha speso 158 euro su 30mila a disposizione. Le persone oneste ci servono per non rubare più, destra e sinistra si sono spartiti questo Paese”.

Ore 00:15 – La chiusura di Grillo: “Se Renzi vincesse ne prenderei atto, ma io ora chiedo un piccolo sacrificio alle persone anziane affinché pensino di più ai loro nipoti e smettano di votare quello per avere le dentiere. [...] Ora dobbiamo spazzare via questa classe politica e battere i pugni in Europa, anche perché, che sia costituzionale o meno, faremo un referendum per chiedere agli italiani se uscire dall’euro (qui dopo le obiezioni di Grillo sulla costituzionalità, Grillo spiega che è necessario dare la parola ai cittadini, ndr). [...] Vi do appuntamento a piazza San Giovanni, vedremo se perderemo le elezioni”.

lunedì 19 maggio 2014

La Svizzera boccia il salario minimo


Un manifesto per il sì al referendum a Bulle, in Svizzera. (Fabrica Coffrini, Afp/Getty Images)

Il 18 maggio in Svizzera è stato bocciato il referendum sul salario minimo, proposto dai sindacati. Il 76 per cento degli svizzeri ha detto no all’introduzione di un salario minimo di 3.250 euro.

Se avesse vinto il sì, gli svizzeri avrebbero avuto il salario minimo più alto del mondo. Ma, come previsto dai sondaggi, il referendum non è passato in nessuno dei cantoni elvetici.

In Svizzera non esiste un salario minimo e le retribuzioni sono concordate individualmente o collettivamente. I negoziati collettivi avvengono tra le parti sociali per un intero settore o per singole aziende. Secondo i sostenitori del referendum l’introduzione del salario minimo avrebbe garantito stipendi più equi, ma secondo i suoi oppositori avrebbe alzato troppo i costi di produzione per le aziende e avrebbe rischiato di peggiorare la disoccupazione.

“È stato proposto un salario minimo molto alto”, dichiara di una associazione di imprenditori Blaise Matthey. “E con un salario minimo così alto si rischia di escludere molte persone dal mercato del lavoro, in particolare in quei lavori pagati meno. In Svizzera la disoccupazione è molto bassa, ma questo salario minimo avrebbe potuto farla aumentare”, ha aggiunto Matthey.

Il referendum sul salario minimo è stato quello più discusso, ma il 18 aprile gli svizzeri hanno votato una serie di referendum, tra cui quello per l’acquisto di aerei militari svedesi, respinto con il 53 per cento dei voti. Approvato invece il referendum per vietare alle persone condannate per pedofilia di lavorare con i bambini per tutta la vita.

Fonte: Internazionale

sabato 17 maggio 2014

Giornata internazionale contro l'omofobia e la transfobia


Oggi è la giornata internazionale contro l'omofobia e la transfobia. Il 17 maggio del 1990 l’Organizzazione Mondiale della Sanità cancellò l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali.