Il lodo Alfano, gli scontri istituzionali, il dibattito sulla libertà di stampa, l'ora di religione. E poi, alla fine, arriva la crisi. Ritorna come un macigno, come un martellante promemoria che non smette di rivendicare attenzione.
Gli ordinativi dell'industria italiana ad agosto sono calati dell'8,6% rispetto a luglio e del 27,5% rispetto allo stesso mese del 2008. Lo comunica l'Istat, precisando che il calo su base mensile è il più ampio da quando esistono serie storiche paragonabili, ovvero, da gennaio 2000. Il fatturato non offre dati più confortanti. Ad agosto quello dell'industria italiana è calato dell'1,4% rispetto al mese precedente e del 21,2% su base annua.
Fiducia. Il Governo ha sempre puntato sull'ottimismo. La crisi doveva passare in fretta, e in modo altrettanto repentino doveva esserci la ripresa dei consumi e quindi il risveglio della vitalità economica del Paese. Ma la spinta psicologica non sembra esser stata sufficiente a dare soluzioni convincenti. E nemmeno le strategie del ministero dell'Economia sembrano aver fornito adeguate risposte. La finanziaria soft collegata all'affermazione di Tremonti secondo cui scegliere "una politica economica normale, in tempi straordinari, è di per sé cosa straordinaria", non è stata sufficiente a rinvigorire un'economia stantia e che stenta a riprendere il volo.
Mezzogiorno. I dati presentati oggi dall'Istat riportano i riflettori sul vero problema del Paese e riaccendono focolai in realtà mai sopiti. La questione del Mezzogiorno è uno di questi, uno dei più importanti e anche uno dei temi più scottanti per la stabilità di Governo. Il malessere mostrato negli ultimi mesi da alcuni parlamentari del Pdl, rappresentanti delle regioni del Sud , è stato difficilmente domato e solo una paziente opera di mediazione (o di procrastinazione) è riuscita a mantenere salde fratture che sembrano , invece, ormai inevitabili. Il governo ne dovrà prendere atto, prima che sia troppo tardi.
Fonte: Sfera pubblica
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