lunedì 28 febbraio 2011

Il mondo caccia i dittatori, l’Italia ricorda i suoi. Libero pubblica “I diari di Mussolini”

Mentre tutto il mondo si sta liberando dei suoi dittatori, l'editoria italiana, con cinica e curiosa casualità, ha deciso di ricordare uno dei simboli più bui della sua storia politica. In allegato con Libero, infatti, da martedì 1 marzo ci saranno i diari di Benito Mussolini (veri o presunti), pubblicati da Bompiani. Gli appunti del duce sono quei famosi scritti vergati tra il 1935 e il 1939, sponsorizzati dal Senatore Marcello Dell'Utri per mesi come veri, trovati nel 2006 - secondo la ricostruzione - nello studio di un avvocato svizzero, dopo essere stati trafugati da uno dei partigiani che si occupò dell'arresto di Mussolini a Dongo.

La stragrande maggioranza degli storici, docenti e testimoni, di destra e sinistra, da Canfora a Gentile, ne hanno contestato la veridicità, definendoli a volte autentiche "patacche". Persino per Elena Curti, figlia naturale di Benito Mussolini e di Angela Cucciati, i diari esistonoma non sono quelli pubblicati nel 2010. L'insicurezza sulla genuinità delle pagine era stata messa in conto anche dall'editore Bompiani che già aveva corredato il titolo con un eloquente "Veri o presunti". Secondo l'Avvenire, all'indomani della presentazione, «dovrebbero essere chiamati i diari di Marcello Dell’Utri», visto che la pesante pressione del fondatore di Forza Italia avrebbe addirittura oscurato il contenuto degli stessi apocrifi. Sempre per il quotidiano della Cei (non certo stampa di sinistra) sarebbe «un falso di palmare ed imbarazzante evidenza».

Il regalo fatto ai lettori di Libero, però, è solo l'ultimo di una serie di omaggi molto simili. Già a maggio 2010 aveva fatto discutere «Il duce, le parole, gli applausi», una collana di 5 dvd sui discorsi di Mussolini la cui presenza poteva, però, essere giustificata come documento storico (pur con un battage pubblicitario assolutamente inquietante). Ancora più curiose sono state le cartoline del duce che sempre il quotidiano aveva regalato nel 2006, sotto la prima direzione di Vittorio Feltri, confermando la sua malcelata simpatia per Mussolini (indimenticabile il dettaglio in una puntata di Annozero, minuto 0:40). Una linea editoriale precisa: i nostalgici hanno il loro quotidiano di riferimento.

domenica 27 febbraio 2011

Non guardate la prima pagina di Libero

Volevo solo avvertirvi che il quotidiano Libero ha affidato il caso-Yara alle cure di Renato Farina e Federico Moccia, e che in prima pagina c'è scritto "La bimba che non volerà tre metri sopra il cielo".


Fonte: Non leggere questo Blog!

sabato 26 febbraio 2011

L'emorragia senza fine nelle vendite dei quotidiani italiani


I dati resi noti pochi giorni fa dall’Ads (Accertamento diffusione stampa) fanno registrare un nuovo passo indietro nelle vendite dei quotidiani italiani. Un’emorragia continua, che nel novembre del 2010 (periodo in cui è stata effettuata la rilevazione) ha visto un’ulteriore calo rispetto ad un anno fa.

Le variabili in gioco sono molte, ma le analizzeremo strada facendo. Prima parliamo di numeri: il “Corriere della Sera” fa registrare un -10% rispetto al 2009, mentre il secondo quotidiano più venduto, “La Repubblica”, vede un calo dell’8,2%. Non va meglio a “La Stampa” (-7%) e ai quotidiani economici e sportivi: “Il Sole 24 Ore” perde infatti 6.315 copie (-3,7%), “La Gazzetta dello Sport” 9.241 (-3%). Il quotidiano “peggiore”, in questo senso, è “Il Secolo XIX”: il giornale di Genova scende del 15,2%. Uniche testate che fanno segnare un segno positivo sono “Il Giornale” (+1,1%), “Libero” (+1,3%), e alcuni organi di stampa locali, come “Il Mattino di Padova” e “Il Quotidiano della Basilicata”.

Come spiegare tutto ciò? Premetto che ho sempre preso con le molle la cosiddetta “profezia” di Philippe Meyer, giornalista e scrittore statunitense, che nel suo libro “The vanishing newspaper” (“La scomparsa dei giornali”) indica il 2043 come data in cui verrà celebrato il funerale della carta stampata. Il giornale è il più antico mezzo di comunicazione a disposizione dell’uomo, e francamente dubito che possa venirne la fine. Certo, i dati non sono buoni, e se lo sviluppo della tecnologia (I-Phone, I-Pad etc…) aiuta da una parte a migliorare alcuni aspetti pratici, dall’altra provoca questi risultati. Molti editori si stanno già muovendo in tal senso: basti pensare a Rupert Murdoch, che con “The Daily” ha dato corpo al primo giornale per I-Pad. Ma si può anche ragionare sul fatto che sempre più persone si informano su Internet, perché le notizie sono in continuo aggiornamento, non si paga nulla per leggerle e tramite blog e social network si è ha una panoramica dei fatti a 360°.

La nostra analisi non si deve però fermare qui. La storia, strumento senza cui non capiremmo le attuali dinamiche mondiali, viene in nostro aiuto. In un bellissimo libro, dal titolo “Modelli di giornalismo”, Daniel Hallin e Paolo Mancini descrivono lo sviluppo della stampa nei vari paesi (europei e non) dividendo gli stessi in 3 aree: Europa meridionale (comprende il nostro paese più Spagna, Portogallo, Grecia e Francia), Europa centro-settentrionale (Scandinavia, Paesi Bassi, Belgio, Svizzera, Austria e Germania) e paesi del Nord-atlantico (Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada e Irlanda).

Il modello pluralista-polarizzato, di cui fa parte l’Italia, vede da sempre una bassa circolazione di massa dei giornali. Il motivo è semplice: uno sviluppo minore della borghesia rispetto all’aristocrazia, che ha fatto dei giornali lo strumento delle élite politiche e letterarie, senza pensare al lato prettamente economico-finanziario. I giornali commerciali (esempio la penny press americana) sono nati tardi, e non hanno mai trovato terreno fertile per svilupparsi a pieno. Tutto ciò spiega il perché di un professionismo basso (ci lamentiamo di un giornalismo fazioso, di parte, schierato con il potente di turno) e di un alto grado di parallelismo politico.

Negli altri due modelli (democratico-corporativo per l’Europa centro-settentrionale e liberale per i paesi del Nord-atlantico) le cose sono diverse: la stampa di massa si è sviluppata molto prima e la libertà di espressione del pensiero ha avuto avvio già nel ‘600: un esempio su tutti è quello della Costituzione svedese (1776), che prevedeva addirittura l’accesso dei cittadini ai documenti pubblici. Il carattere commerciale delle testate coincide con un giornalismo d’informazione neutrale, che svolge il ruolo di “watchdog” (cane da guardia).

Infine, non va dimenticato il ruolo della televisione, che con lo sviluppo dei canali all news (“Sky Tg24”, “Rai News24” e, a breve, anche uno targato “Mediaset”) ha praticamente abbattuto qualsiasi processo di newsmaking, cioè di produzione di notizie.

La speranza di noi tutti è che questa emorragia, prima o poi, si arresti. Perché l’odore di un giornale, o quella sensazione che l’inchiostro lascia sulle dita, sono aspetti che difficilmente la tecnologia può sostituire.

Giorgio Velardi

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venerdì 25 febbraio 2011

Cosa succede al calcio italiano?


Ieri il Napoli è stato eliminato dall'Europa League. Qualche mese fa, nella stessa competizione, erano state eliminate Palermo, Sampdoria e Juventus. Nell'andata degli ottavi di Champions League, invece, Milan, Roma e Inter sono state tutte sconfitte in casa, rispettivamente da Tottenham, Shakhtar Donetsk e Bayern Monaco (nella foto). Rischiamo nuovamente di non avere nessuna squadra italiana tra le prime 8 d'Europa e, soprattutto (gare di ritorno permettendo), di non avere nessuna squadra italiana nelle coppe europee.

Come mai il calcio italiano è caduto così in basso? Quali sono i motivi di questa discesa? Perchè le nostre squadre non riescono più ad imporsi in campo internazionale? Tutte domande che sportivi e giornalisti si stanno ponendo in questi ultimi giorni. Seguo molto il calcio ma non riesco a darmi una spiegazione ben precisa a questa debacle. Se è una questione fisica devo pensare che gli altri corrono il doppio di noi e che hanno una preparazione ed un rendimento più alto nei periodi che precedono le sfide che contano. Se è, invece, una questione di testa devo pensare che i nostri giocatori temono le squadre che affrontano oppure non mettono la giusta dose di cattiveria sportiva e determinazione nelle partite.

Il ranking Uefa ci inchioda al quarto posto, il gap sulla Germania è matematicamente irrecuperabile e quello che ci tiene ancora davanti alla Francia si assottiglia. Tra due anni il terzo posto in campionato varrà i preliminari di Champions, il quarto l'Europa League, il sesto una stagione senza coppe. Calcisticamente questo è un dramma. Siamo stati superati persino dagli 'odiati' tedeschi.

E pensare che fino a qualche tempo fa erano le squadre italiane a correre il doppio. Erano le squadre straniere a temerci. E soprattutto eravamo noi a vincere. Appunto, eravamo. Bei tempi

mercoledì 23 febbraio 2011

Quello che ci meritiamo!


“all’Unione Europea, e in particolare all’Italia”. “La gente di Nalut ribadisce di far parte di un popolo libico libero e, dopo il vostro silenzio riguardo le stragi compiute da Gheddafi, ha deciso che interromperà dalla fonte l’afflusso di gas libico verso i vostri Paesi, chiudendo il giacimento di al-Wafa che attraverso la nostra zona porta il gas verso l’Italia e il nord Europa, passando per il Mediterraneo”

“perché voi non avete fermato lo spargimento di sangue della nostra gente e del nostro caro paese avvenuto in tutte le città libiche. Per noi il sangue libico è più prezioso del petrolio o del gas”


Questo il messaggio diffuso sul sito Internet del gruppo di opposizione “17 febbraio, dai manifestanti della della città libica di Nalut, che hanno minacciato di chiudere i gasdotti che portano gas in Italia e in altre zone del nord Europa.

Beh ragazzi, francamente ce lo meritiamo!!!!!!!!!!!!!!!!! E ringraziamo il “miglior governo della storia della Repubblica”, che per una settimana è stato completamente in silenzio e anzi giustificava i massacri del dittatore Gheddafi!

"La situazione è in evoluzione e quindi non mi permetto di disturbare nessuno". "Siamo preoccupati per quel che succede nel nord Africa e per quello che potrebbe accadere a noi se arrivassero tanti clandestini. Mi sto interessando direttamente e stiamo seguendo con il cuore in gola quello che succede" (Silvio Berlusconi)

“L'Europa non deve esportare la democrazia. Noi vogliamo sostenere il processo democratico, ma non dobbiamo dire: questo è il nostro modello europeo, prendetelo. Non sarebbe rispettoso dell' indipendenza del popolo, della sua ownership” (Franco Frattini)

Per la cronaca, mentre il mondo intero da giorni condanna il massacro ingiustificato di civili, nel governo Italiano, solo ieri si sono resi conto che Gheddafi lanciava razzi Rpg sui civili, provocando migliaia di morti … e pensate ragazzi, Berlusconi si è detto addirittura “preoccupato” …

martedì 22 febbraio 2011

Gli affari della Libia in Italia

La sanguinosa repressione delle rivolte in Libia e la timidezza della condanna del governo italiano ha portato nuova attenzione sul tema dei rapporti tra il governo di Gheddafi e l’Italia. Durante tutta la giornata di ieri, Al Jazeera ha intervallato le ultime notizie da Tripoli e Bengasi con un servizio che spiegava l’importanza per l’Italia degli accordi con la Libia, soprattutto per quel che riguarda le forniture energetiche e il controllo dell’immigrazione clandestina. I rapporti tra l’Italia e la Libia hanno anche un altro volto: quello delle numerose partecipazioni azionarie libiche nelle aziende italiane, che hanno garantito al regime di Gheddafi una notevole influenza in alcune tra le più grandi e prestigiose società. Queste partecipazioni vengono realizzate attraverso i cosiddetti fondi sovrani.

Cosa sono i fondi sovrani
I fondi sovrani sono società controllate direttamente dai governi, utilizzati per investire le risorse ricavate da surplus di bilancio o riserve di valute estere. Dato che la gran parte dei paesi occidentali è soffocata dal debito, questi fondi esistono soprattutto nei paesi esportatori di petrolio e quindi dotati di grandi liquidità, e tra questi c’è indubbiamente la Libia. Al mondo ci sono 55 fondi sovrani di investimento: rappresentano per grandezza la sesta entità finanziaria mondiale. Per anni sono stati visti con molta diffidenza, visto che molti di questi sono piuttosto restii a divulgare informazioni sulle proprie attività, nonché in mano a governi autoritari e poco controllabili. Inoltre, non sempre gli investimenti dei fondi sovrani hanno scopi puramente commerciali: dato che sono controllati dai governi, spesso vengono utilizzati per stringere o facilitare rapporti bilaterali, per avere un ritorno in termini di immagine o aumentare la propria influenza su mercati strategici. Da qualche anno, però, sono stati praticamente sdoganati: soprattutto in Italia, soprattutto grazie all’amicizia dei governi italiani – questo di Berlusconi ma anche quelli di centrosinistra – con il dittatore libico.

I fondi sovrani della Libia
La gran parte degli investimenti esteri della Libia viene effettuato attraverso due fondi e la banca centrale. Il primo fondo. Il primo è il fondo LAFICO, sigla che sta Libyan Foreign Investment Company. Il secondo è il fondo LIA (Libyan Investment Authority), costituito nel 2006 con capitali trasferiti dalla stessa LAFICO, da altri fondi minori e dagli introiti delle esportazioni petrolifere. Poi c’è la banca centrale. Tutti questi soggetti rispondono direttamente al governo libico e quindi a Gheddafi. Di seguito le più rilevanti tra le sue partecipazioni azionarie in Italia.

Unicredit
La Banca centrale libica detiene il 4,99 per cento di Unicredit, uno dei maggiori istituti di credito europei e mondiali. Lo statuto di Unicredit stabilisce che nessun socio può contare in assemblea per più del 5 per cento. Qualche mese fa l’allora amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, dovette lasciare l’incarico proprio in seguito ad alcune polemiche relative al ruolo della Libia nella banca: il fondo sovrano libico LIA, infatti, entrato in Unicredit nel 1997 con lo 0,56, aveva acquistato il 2,07 per cento del capitale. Una quota che aggiunta al 4,99 per cento detenuto dalla Banca centrale libica diventa un importante 7 per cento direttamente o indirettamente facente capo alla stessa persona, cioè Gheddafi. Si parla da mesi della possibilità che lo stesso fondo LIA arrivi al 4 per cento di Unicredit, portando la Libia a essere il primo azionista di Unicredit.

FIAT
Nel 1976 il fondo LAFICO ha acquistato il 9 per cento di FIAT, che a causa della crisi energetica aveva grossi problemi di bilancio, diventandone il secondo azionista dopo la famiglia Agnelli. Nel 1982 la partecipazione salì al 13 per cento. Nel 1986 il fondo LAFICO è uscito da FIAT, realizzando una plusvalenza di 2,6 miliardi di dollari. Nel 2000 il fondo LIA è tornato a investire in FIAT, acquistando il 2 per cento delle azioni della fabbrica automobilistica. Oggi la Libia possiede una quota di FIAT di poco inferiore al 2 per cento.

Finmeccanica
Nel 2009 Finmeccanica ha sottoscritto un memorandum d’intesa col governo libico per la cooperazione in un vasto numero di progetti in Libia, in Medio Oriente e in Africa. L’accordo prevede la creazione di una joint venture di cui faranno parte Finmeccanica e il fondo LAFICO. Da gennaio Il fondo LIA, invece, detiene il 2,01 per cento di Finmeccanica. La società italiana ha vinto diversi contratti d’appalto in Libia, tra cui uno del valore di 247 milioni di euro per la costruzione di una ferrovia.

Juventus
Nel 2002 il fondo LAFICO ha acquistato il 5,31 della società sportiva, corrispondente a circa 6,4 milioni di euro in azioni. Nel 2009 la partecipazione è salita al 7,5 per cento.

ENI
Il fondo LIA possiede l’1 per cento di ENI. L’accordo tra le parti concede al fondo LIA di arrivare al 10 per cento, cosa che consentirebbe al governo libico di diventare il secondo azionista dopo il governo italiano, visto che il ministero dell’Economia detiene una partecipazione azionaria pari al 30 per cento. ENI tra l’altro è titolare di molte commesse in Libia: ha costruito il gasdotto Greenstream, il più lungo gasdotto sottomarino mai realizzato nel Mediterraneo, che fa transitare otto miliardi di metri cubi di metano dalla Libia all’Italia, e oggi è impegnata – attraverso alcune controllate – anche nella costruzione di alcune autostrade. Negli ultimi dieci anni ENI ha investito in Libia 50 miliardi di dollari, e prevede di investirne altri 20 nel prossimo decennio.

Mediobanca
Il fondo libico LIA possiede azioni di Mediobanca per 500 milioni di dollari. Secondo un accordo preliminare stipulato a febbraio del 2009, il fondo prevede l’investimento libico in società italiane nei settori delle costruzioni e dell’industria farmaceutica. Secondo molti osservatori, l’investimento in Mediobanca permetterà al governo libico di investire con maggiore libertà nelle imprese italiane.

Olcese
Il fondo libico LIA possiede il 26 per cento di Olcese, un’azienda tessile. L’investimento fu il primo esperimento di partecipazione in un’azienda italiana da parte della Libia.

Retelit
È l’azienda di telecomunicazioni che nel 2008 ha vinto il bando per l’assegnazione delle frequenze WiMax in dieci regioni d’Italia. La Lybian Post Telecommunications Information Technology Company controlla il 14,798 per cento del gruppo e ne è primo azionista.

Fonte: Il Post

lunedì 21 febbraio 2011

Ma Gheddafi e Mubarak non erano amici di Berlusconi?


Berlusconi nel 2008, in tempi non sospetti, dichiarava di voler prendere lezioni di democrazia da Mubarak, mentre Frattini auspicava che Mubarak continuasse a governare con lungimiranza e saggezza... ed in Egitto l'hanno cacciato a calci nel sedere.



Tra un sonnellino e l'altro al summit dei paesi della Lega Araba, Silviuccio decide di baciare la mano di Gheddafi in altra occasione l'ha definito suo amico... e in Libia lo stanno cacciando a calci nel sedere (e per carità non disturbiamolo).

Anche le rivelazioni di Wikileaks avevano evidenziato le preoccupazioni per le amicizie di Silviuccio (per inciso: se fossi l'amico Putin mi farei una enorme grattatio pallarum vista la fine degli altri amici di Silvio).

Ma senza dubbio Berlusconi ha dato lustro all'immagine dell'Italia all'estero.

Per carità non dimentichiamoci, poi, che ci è sempre stato detto che siamo molto amici dell'America... peccato che loro non la pensino proprio così.

D'altronde non ci si può aspettare molto da chi ha per amico intimo uno che sostiene che Mangano è un eroe e che fa il senatore solo per non andare in galera. Ah sì dimenticavo: «Mussolini ha perso la guerra perché era troppo buono. Non era affatto un dittatore sanguinario e spietato come era Stalin».

domenica 20 febbraio 2011

A Sanremo premiata la canzone d'autore


In poche righe voglio esprimere la mia opinione per la vittoria al festival di Sanremo di Roberto Vecchioni, con la canzone 'Chiamami ancora amore'. Secondo me ha vinto la migliore canzone. Brano forse un po troppo impegnato, ma con un testo molto bello, attuale e significativo. Premiata la canzone d'autore di un grande artista qual'è Roberto Vecchioni. Finalmente, dopo tanti anni, un po di buona musica sul palco dell'Ariston.

sabato 19 febbraio 2011

Uccidere i blog con la monotonia


Di questi tempi fare il blogger è diventata un'impresa improba. Uno si sveglia, fa colazione, si lava, si veste, poi decide di controllare quello che è successo in Italia aprendo la homepage di un qualsiasi quotidiano online: e là trova, nove volte su dieci, lo stesso titolo di due o tre giorni prima. Sono di sei o sette macrocategorie diverse, quei titoli, e si alternano periodicamente con una regolarità sconcertante: in testa ci sono le testimonianze della D'Addario, di Ruby, di Noemi e compagnia cantando, con annesse intercettazioni piene zeppe di culi flaccidi, kappa scritte negli sms al posto delle c, feste in perizoma e ambizioni di ingresso in liste bloccate o di assegnazione di immobili in zone residenziali più o meno immerse nel verde; va per la maggiore anche Berlusconi che dice di voler "andare avanti" perché la maggioranza è solida come una colonna di granito e loro sono il governo del fare prova ne sia che i sondaggi lo danno primo tra i leader mondiali con una percentuale variabile tra il 48 e il 51%, a seconda delle giornate; poi c'è Bossi che dice elezioni subito, anzi in primavera, anzi mai, vedremo, se la maggioranza c'è il governo non cade e se invece non c'è sì, il tutto mostrando il dito medio ai giornalisti più o meno una volta a bimestre, tanto per tenersi in allenamento; le proteste dell'opposizione, generalmente rappresentate da un vivamaria di "si dimetta", con rare eccezioni consistenti in non troppo convinti "vogliamo le elezioni", si attestano saldamente in quarta posizione; poi c'è la giustizia, come la chiamano loro, con tutta un'ampia gamma di lodi, controlodi, lodi di riserva, lodi rettificativi di altri lodi cassati dalla Corte Costituzionale, lodi collaterali, subordinati, di emergenza, per decreto; quindi la saga delle telefonate di qualcuno durante le trasmissioni di qualcun altro, con relativi insulti, polemiche, smentite e ricorsi ad assortiti e improbabili organismi di garanzia, e infine le esortazioni di Napolitano che dice viva la concordia, basta con le divisioni, comportatevi bene e il gatto è un animale indipendente.

Poi basta.

Ecco, voi capirete che fare il blogger in queste condizioni è pressoché impossibile, perché un povero cristo si ritrova a dover commentare ciclicamente sempre la stessa roba, con l'ovvia conseguenza che per quanta inventiva possa metterci finisce inevitabilmente per diventare un tantino monotono pure lui.

Oggi, per esempio, abbiamo ricominciato con la legge bavaglio: che per farti incazzare ti fa incazzare, e pure di brutto, però avvertiresti l'esigenza, come dire, di manifestare il tuo dissenso in un modo un po' diverso rispetto alla volta prima, e a quella prima ancora, e a quella prima ancora ancora, finché non ti accorgi che hai praticamente esaurito i mezzi espressivi a tua disposizione -post serio già fatto, video già fatto, canzone già fatta, generatore automatico già fatto- e finisci per desistere, tanto quello che stai per scrivere l'hanno già letto tutti un paio di mesi fa e fare un bel copia incolla sarebbe un cazzo e tutt'uno.

Insomma, questi hanno trovato il modo di neutralizzare i protagonisti della cosiddetta "informazione dal basso" senza prendersi neanche la briga di censurarli, di perseguitarli, di denunciarli, di metterli in carcere: semplicemente, li ammazzano di noia, avvolgendoli in una cappa di ammorbante monotonia e costringendoli a diventare più pallosi di loro.

Altro che rimbambiti: questi sono dei geni, e noi non ce n'eravamo accorti.

venerdì 18 febbraio 2011

Roberto Benigni, un grande italiano di cui andare fieri


E' stato da applausi e da brividi l'intervento di Roberto Benigni ieri sera a Sanremo. In 45 minuti l'attore toscano, unendo satira, letteratura e cultura, ha semplicemente recitato un ripasso di storia recente d'Italia, col suo inconfondibile stile, partendo dal nostro significativo inno nazionale. L'interpretazione è stata grandiosa, gli ascolti si sono impennati. Grandissimo interprete, grandissimo attore, grandissimo uomo. Fiero di essere italiano grazie a Benigni. Evviva l'Italia!

PRIMA PARTE



SECONDA PARTE



TERZA PARTE



QUARTA PARTE

giovedì 17 febbraio 2011

L’eolico che verrà. Laser e più spaziatura

Uno fra i problemi delle pale eoliche riguarda la direzione del vento. Quando questo cambia, l’efficienza del sistema ne risente e l’energia prodotta cala sensibilmente. Torben Mikkelsen, ricercatore del Riso Dtu, il laboratorio danese per l’energia sostenibile, afferma di avere trovato la contromisura a questo problema: una turbina accoppiata a un anemometro laser, chiamato Lidar. Lo strumento, dice Mikkelsen, prevede le raffiche, le turbolenze, e la direzione del vento; e il primo test effettuato sembra dargli ragione.

Grazie a una tecnologia che consente di modificare rapidamente l’inclinazione delle eliche dei rotori, la posizione delle turbine si mantiene sempre la più appropriata rispetto alla direzione e all’intensità del vento. E incrementando così del cinque per cento la propria efficienza e la durata; vale a dire che turbine da quattro megawatt possono produrre un aumento degli utili di oltre ventiseimila euro all’anno. Secondo un calcolo fatto dall’agenzia danese dell’energia, se soltanto una turbina ogni dieci venisse sostituita da un Lidar, queste garantirebbero entro il 2025 una riduzione di venticinquemila tonnellate annue di emissioni di anidride carbonica.

In futuro sono previsti studi sul flusso del vento sulle singole eliche, come già avvenne per le ali degli degli aerei. Affinché diminuisca la resistenza aerodinamica delle pale – e quindi anche il rumore, considerato anche questo un problema da risolvere – all’Università del Minnesota hanno analizzato l’effetto prodotto da piccole scanalature di 40-225 micron sul rivestimento della superficie dell’elica. Così i ricercatori hanno verificato un incremento dell’efficienza del tre per cento per una turbina di 2,5 MW. Precedenti esperimenti, ma che avevano per oggetto le vele delle imbarcazioni partecipanti alla Coppa America e le ali degli Airbus, avevano portato a una diminuzione del sei per cento della resistenza aerodinamica.

Non sono soltanto questi gli studi che negli ultimi mesi ha interessato l’impiantistica eolica. Altri due scienziati, Charles Meneveau della Johns Hopkins University e Johan Meyers dell’Università di Lovanio, hanno sviluppato un modello matematico per determinare la distanza ottimale fra le turbine in un parco eolico: ebbene, i pali risultano più efficienti se fissati a una distanza pari a quindici diametri del rotore. Un risultato in sorprendente controtendenza rispetto a quanto teorizzato finora, perché l’attuale misura è mediamente di sette diametri. E un’altra ricerca ancora, quella del professor Somnath Baidya Roy dell’Università dell’Illinois e pubblicata dalla rivista Pnas, ha smentito inoltre l’ipotesi che le pale siano dannose per le coltivazioni.

Il clima nelle vicinanze di un impianto è infatti un po’ più fresco durante il giorno e leggermente più caldo di notte, grazie al rimescolamento degli strati d’aria sovrastanti provocato dalle pale. Questo microclima preverrebbe le gelate primaverili e autunnali, facendo diminuire la rugiada e riducendo l’azione dei funghi patogeni che crescono sulle foglie. E in estate, causerebbe l’abbassamento anche di tre gradi.

Fonte: Terranews

mercoledì 16 febbraio 2011

'Ti sputtanerò' di Luca e Paolo


Ieri sera è iniziato il Festival di Sanremo. Il momento più divertente della prima serata è stato il brano di Luca e Paolo 'Ti sputtanerò'. Canzone satirica, che ha reso omaggio 'alle grandi coppie che hanno fatto la storia della comicità', ovvero Berlusconi e Fini. Ecco il testo modificato sulle note di un brano di Gianni Morandi e Barbara Cola, 'In amore':

Ti sputtanerò
al Giornale andrò
con in mano foto dove tu
sei con un trans.
Ti consegnerò le intercettazioni
e alle prossime elezioni
sputtanato sei.
Ti sputtanerò
con certi filmini
che darò alla Boccassini
dove ci sei tu.
E le mostrerò donne sopra i cubi
e ci metto pure Ruby
che ti fotterò.
E se Emilio Fede
non si vede
ce lo aggiungo col Photoshop.
Ho già sentito Lele
Mora
che dichiara
cosa?
Tutto
Ti sputtanerò
sarà un po’ il mio tarlo
con la casa a Montecarlo
dei parenti tuoi
mogli e buoi
tutti tuoi
e ti sto sputtanando
dove?
in questura
pure?
porto
anche la Santanché.
Le ragazze stanno dalla parte mia e so che mi sostengono
se l’affitto in via dell’Olgettina è intestato a me.
Tuo cognato già lo sai io lo dimostrerò
che la casa al Principato appartiene a lui.
Ti sputtanerò
farò l’inventario
con Noemi e la D’Addario
dei festini tuoi
ti sputtanerò
dirò a D’Agostino
che tua suocera e Bocchino han gli inciuci in Rai.
E se tu inter
cetti
la Nicole Minetti
c’è Ghedini
che intercetterà te.
Ti sto sputtanando
dove?
Da Santoro
quando?
ora.
Chiamo.
Ti sputtanerò.
Non mi butti giù.
Sì ma il 6 aprile in aula
ci vai solo tu.

martedì 15 febbraio 2011

Lotta alla Mafia: 10 domande al Ministro Maroni

1) Il governo vanta grandi successi nella lotta alle mafie e a conferma televisioni e giornali informano i cittadini sugli arresti quotidiani. Gli arresti sono necessari. Ma lei pensa davvero che sono sufficienti per sconfiggere le mafie?

2) Ogni anno per traffico di droga vengono arrestate 40-50 mila persone e sequetrate tonnellate di stupefacenti. Ma le mafie sono più potenti di prima. Non pensa che amplificando le informazioni riguardanti solo gli arresti passa un messaggio fuorviante e sbagliato?

3) E’ d’accordo che per sconfiggere le mafie è necessario colpirle al cuore e che il cuore delle mafie sono: azioni e altri titoli, soldi e beni, rapporti sociali e politici?

4) A noi risulta che i beni mobili e immobili delle mafie italiane vengono valutati oltre 1000 miliardi di euro. Se confiscati, utilizzati bene e venduti, potrebbero risolvere il problema del debito pubblico. Lei può confermare? Il governo ha fatto fare una valutazione? E’ in grado di dire agli italiani come sono distribuiti e possiede una stima attendibile della ricchezza delle mafie per settori quali beni immobili, titoli e soldi liquidi, partecipazioni nell’economia legale?

5) Il Procuratore Grasso scrive che i beni sequestrati equivalgono al 10 per cento e che i beni confiscati costituiscono il 5 per cento dei beni totali delle mafie italiane. Può spiegare agli italiani perchè i beni mafiosi non vengono confiscati se non in minima parte?

6) A noi risulta che del 5 per cento dei beni confiscati il 70 per cento non è utilizzato e che nonostante il governo ne abbia deciso anche la vendita, da noi condivisa, non vengono venduti. Può spiegare perchè i pochi beni confiscati non vengono nè utilizzati nè venduti? Può dire a che punto è l’Agenzia per la confisca dei beni e come funziona?

7) Una delle cause è costituita dai tempi lunghissimi( anche 10-12 anni) che passano tra il sequestro e la confisca. Può dire agli italiani se il governo ha intenzione di ridurre i tempi e se si pone l’obiettivo di procedere ad una confisca più rapida ed efficace dei beni mobili e immobili e quale uso intende farne?

8) I soldi e i titoli sono nascosti nei paradisi fiscali. Può dire se il governo ha in programma di intervenire direttamente e anche con una iniziativa forte nell’Unione Europea proponendo misure drastiche quali forme di embargo finanziario e divieto di aprire sedi di società e di banche italiane al fine di ottenere la collaborazione dei governi dei paradisi fiscali?

9) Il reato di riciclaggio è fondamentale per ripulire i soldi sporchi. In italia i processi per riciclaggio sono pochissimi perchè la legge non funziona e va modificata. Il governo intende introdurre il reato di autoriciclaggio e ridurre ulteriormente l’uso di denaro contante?

10) La direzione distrettuale antimafia di Milano diretta da Ilda Bocassini, con la collaborazione dei magistrati di Reggio Calabria, ha condotto una grande inchiesta sulla ndrangheta. In Lombardia sono state individuate 20 “ locali”dell’organizzazione criminale e i rispettivi capi. La presenza è particolarmente consistente a Pavia, Milano e nelle province del nord della Lombardia, dove la Lega ha una forte presenza elettorale e politica. Dall’inchiesta sono emersi rapporti politici e di affari. Come mai nessun Prefetto ha nominato una commissione di accesso per verificare se alcune amministrazioni comunali e provinciali andavano sciolte? Può confermare se questa è la linea del ministero dell’interno?

Grazie e cordiali saluti - Elio Veltri

Fonte: Megachip

lunedì 14 febbraio 2011

La Gelmini bocciata in legge. Dalla Consulta

Sarebbe opportuno, quando sproloquia sull’inutilità della facoltà di Scienze della Comunicazione, che il Ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini si ponesse delle domande in merito alla validità della sua laurea in Giurisprudenza. Che quel comma del decreto legge dal titolo "Disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l'anno 2009-2010" fosse incostituzionale (art. 3 e 120 Cost.), lo avevano capito anche le pietre. Tranne lei.

Tale comma sbarrava la strada a un qualsiasi supplente di Palermo che avesse voluto inserirsi in graduatoria a Varese, per il semplice fatto che era nato a Palermo. Ciò ha portato all’imbarazzante sentenza della Consulta, che ha dovuto spiegare alla Gelmini, nell’anno del 150esimo anniversario dell’Unità del nostro paese, che l’Italia è una sola e i titoli di studio hanno lo stesso valore in tutto il territorio nazionale.

Secondo questo decreto di matrice leghista un insegnante che vuole lavorare in un’altra provincia non si inserisce in graduatoria secondo il punteggio maturato, ma si deve “accodare” ai suoi colleghi autoctoni, anche se questi hanno un punteggio inferiore, in barba alla meritocrazia. L’incostituzionalità della norma è lampante, come anche la sua insulsaggine.

Questa norma non mancherà di avere ripercussioni politiche e soprattutto economiche. È necessaria infatti la revisione delle graduatorie, nonché l’assunzione di tutti quei docenti che si sono visti ingiustamente soffiare l’immissione in ruolo dai loro colleghi meno meritevoli. Ancora, gli insegnanti colpiti da questa norma chiederanno, a ragione, un risarcimento con un danno erariale non di poco conto per le casse del nostro stato. Sono già stati inoltrati infatti 15mila ricorsi all’Anief (Associazione nazionale degli insegnanti ed educatori in formazione). E se ne prevedono altri.

Se non avessimo un po’ di rigore intellettuale e un minimo senso del decoro, chiederemmo alla Gelmini perché ha costretto il nostro erario allo spreco di tante risorse, che potevano magari essere utilizzate per “trovare una ragazza come Yara di cui non si hanno tracce”. Ma non lo faremo, certe buffonate non ci appartengono. È tuttavia doveroso interrogarsi sul perché l’istruzione di 56 milioni di persone debba essere alla mercé di una donna capace di tali pasticci.

E quindi delle due l’una. O la Gelmini sapeva che quella norma era incostituzionale ma l’ha comunque inserita nella legge, e allora siamo di fronte a un uso criminoso del potere pubblico. Oppure non lo sapeva, e allora siamo di fronte a un raro esempio di deficienza istituzionale, di incompatibilità per mancanza di oggettive capacità a ricoprire il suo ruolo. In più, così come vengono conferite lauree ad honorem, sarebbe il caso che certe lauree venissero revocate “per dis-honorem”. E quello della Gelmini è uno di quei casi.

Ma due parole le merita anche la Lega Nord, la cui impronta sul decreto legge è assolutamente riconoscibile. Se i leghisti hanno così a cuore la loro identità, tanto da voler minare il principio costituzionale della libera circolazione sul territorio nazionale, che lo dicessero apertamente. Raccogliessero le firme tra tutti i loro elettori, attraverso una petizione o un’iniziativa legislativa popolare, al fine di porre il problema al centro del dibattito parlamentare. Se credono che l’essere padano entri in conflitto con l’essere italiano, non si capisce perché non debba essere riconosciuta la loro diversità identitaria. Non saremo noi Italiani a trattenerli, fedeli al principio sacrosanto dell’autodeterminazione dei popoli. E, se tanto è il loro ribrezzo per il nostro paese, che se ne andassero dall’Italia. Altrimenti, che se ne andassero al diavolo.

domenica 13 febbraio 2011

Milioni di persone in piazza: le foto

In piazza l'Italia rivendica la sua dignità. Manifestano milioni di uomini e donne. Le foto parlano da sole:

ROMA

MILANO

NAPOLI

TORINO

BOLOGNA

GENOVA

sabato 12 febbraio 2011

Non si smentiscono mai!


"Rom -4" ... "Rom Raus"

Le vergognose frasi che vedete nella foto sopra, sono state scritte su un muro di via della Pisana, a Roma, e sono chiaramente in riferimento ai quattro bimbi rom morti la scorsa settimana nell'incendio divampato in uno dei campi nomadi abusivi della capitale ...

E chissà, magari gli autori di questa ennesima vergogna razzista, sono gli stessi che nella vicenda del ragazzo romano che qualche mese fa uccise una donna romena a pugni nella stazione Anagnina, ne chiedevano la scarcerazione ...

Questa gente non si smentisce mai ... la deriva razzista e xenofoba di questo paese è sempre più evidente!

giovedì 10 febbraio 2011

"Acciacca lo zingaro" fa proseliti...

"Acciacca lo zingaro", l'indecente applicazione Facebook messa online da Forza Nuova all'indomani del rogo che domenica scorsa è costato la vita di quattro bimbi rom della Capitale, fa proseliti sul forum -ufficiale e moderato- di Radio Padania Libera. Con tanto di ammiccante smile:


mercoledì 9 febbraio 2011

Maiolo (Fli): "Rom? Più facile educare un cane"


"E' più facile educare un cane di un rom" e "I cagnolini e i bambini si possono educare e per i rom è più facile educare il mio cagnolino. I bambini sono come i cani: li puoi educare. Quelli fanno la pipì sui muri: il mio cagnolino non fa la pipì sui muri!"

Queste dichiarazioni le ha rilasciate Tiziana Maiolo, portavoce milanese di Futuro e Libertà.

Nazista. Ogni commento è superfluo.

martedì 8 febbraio 2011

Egitto: Governo indebolito ma la protesta non si ferma

L'Egitto sta cedendo alle proteste dei manifestanti. Inizia a fare delle concessioni al popolo in rivolta, ma la folla assiepata al Cairo in piazza Tahrir rimane salda sulle sue posizioni, continua il presidio nella spianata centrale della capitale. E se si guarda al futuro del paese, si nota una situazione di vuoto istituzionale con l'opposizione debole e frammentata e un esecutivo che ormai si sta sfaldando. Tutto questo sembra favorire l'ingresso dei partiti islamisti, ipotesi che sembra preoccupare gli Stati Uniti, ma fa esultare l'Iran e il blocco anti-Israele.

È stato liberato Wael Ghonim, il direttore marketing per il Medio Oriente e l'Africa di Google. Questa è la concessione che ha avuto più impatto sugli osservatori internazionali, ma altre hanno riguardato direttamente la vita dei cittadini. Sono stati aumentati del 15 per cento i salari dei dipendenti pubblici e le pensioni e un fondo di 840 milioni di dollari per coprire i danni alle attività commerciali in seguito ad atti di vandalismo e a saccheggi. Il coprifuoco è stato ridotto di un'ora, inizierà alle 20 e terminerà alle 6. E poi la giustizia. Mubarak ha ordinato un'inchiesta sulle violenze dei giorni scorsi e ha espresso solidarietà ai familiari delle vittime. Davanti al giudice è finito l'ex ministro degli interni Habib al Adly che potrebbe essere incriminato per aver disposto il ritiro delle forze dell'ordine durante i disordini, per aver ordinato ai poliziotti di usare pallottole vere e non di gomma e per aver aperto le porte delle carceri.

Tutto questo non è bastato a placare la protesta. Con 297 morti alle spalle, secondo le stime di Human Rights Watch, i manifestanti si apprestano a presidiare piazza Tahrir, il luogo simbolo della protesta, per il quindicesimo giorno di fila. La situazione è apparentemente calma con il primo ministro Ahmed Shafiq che ha assicurato che non vi saranno conseguenza per gli attivisti. Ma in realtà la tensione aleggia nell'aria. I manifestanti non si fidano di queste parole e si chiedono come mai sia ancora in vigore la legge d'emergenza. Si sono intensificati i controlli ai checkpoint: «La sicurezza ci registra ai checkpoint, ci guardano in modo diverso – sostiene Saad Shibahi, autista di Alessandria – È abbastanza per farci stare in allerta». Dalla piazza fanno sapere che la protesta continuerà e nella notte hanno pure inscenato lo "zar" contro Mubarak, un antico ballo arabo che veniva utilizzato per scacciare gli spiriti maligni.

Ma la folla deve affrontare anche un altro problema. Si tratta della successione a Mubarak. Il popolo di Facebook ha nominato il segretario generale della Lega Araba Amr Moussa come candidato. Ma sono altri gli attori emersi da questa rivolta. Su tutti Mohammed ElBaradei, l'ex capo dell'Agenzia internazionale per l'Energia Atomica rientrato nel paese per proporsi come il leader dell'opposizione. È l'uomo che è emerso da queste rivolte, ma le sue possibilità sembrano deboli perché viene visto da molti come un tecnocrate che ha sfruttato l'onda del malcontento per salire al potere. Poi i nasseriani liberali che si sono ritirati dal dialogo con Suleiman, ma il loro seguito non è tale da impensierire i rivali. E ancora i Fratelli Musulmani che hanno tenuto un profilo basso durante le rivolte. Sembrano loro la forza più forte di un'opposizione ancora troppo frammentata.

Gli Stati Uniti temono un possibile ingresso nel governo del partito islamista e il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs precisa: «Noi saremo partner di un Governo che terrà fede ai trattati e agli impegni presi». Un monito ai futuri governanti per fare rispettare gli accordi del 1979 sui rapporti con Israele mai accettati dai Fratelli Musulmani. Invece in Iran il movimento riformista dell'Onda verde ha annunciato che lunedì organizzerà una manifestazione per le strade di Teheran in sostegno alla rivoluzione egiziana. E il ministro degli esteri Ramin Mehmanparast ha aggiunto: «Le proteste popolari sono volte a chiedere giustizia, ad agire contro la tirannia e l'oppressione, a fermare la dipendenza dell'Egitto e a restituire all'Egitto la sua dignità». È in atto da parte dell'Iran un tentativo di sganciare il governo del Cairo dalle ingerenze straniere, soprattutto americane.

lunedì 7 febbraio 2011

L’Italia su Facebook

Un’infografica di Vincenzo Cosenza colloca sul territorio nazionale i dati degli iscritti a Facebook in Italia. Il 4 febbraio Facebook ha compiuto sette anni di vita e oggi può contare su 600 milioni di utenti registrati in tutto il mondo. In Italia sono 18 milioni: 12 di questi lo usano ogni giorno.



(si ingrandisce con un clic)

Fonte: Il Post

domenica 6 febbraio 2011

L'incredibile collezione di "guarda caso" di Luca Barbareschi

All'inizio di febbraio Luca Barbareschi va a parlare con Silvio Berlusconi; guarda caso, qualcuno inizia a mormorare che l'attore sarebbe in procinto di abbandonare FLI per tornare nel PdL, ma lui nega, definisce quelle voci delle illazioni e precisa che al limite si potrebbe dimettere dalla carica di deputato; a questo punto qualcun altro fa osservare che, guarda caso, se Barbareschi dovesse dimettersi al suo posto subentrerebbe Giovanni Marras, primo dei non eletti in Sardegna e berlusconiano di ferro; subito dopo, guarda caso, l'attore si astiene nella votazione sulla competenza della Procura di Milano nell'ambito dell'affare Ruby, dichiarando però, guarda caso, di aver sbagliato a pigiare il pulsante; anche se la sua collega di partito Angela Napoli sostiene, guarda caso, di aver visto Barbareschi premere il bottone giusto facendo una foto col cellulare, salvo cambiare e schiacciare quello sbagliato appena compiuta l'operazione; nel frattempo, guarda caso, durante una riunione tra Fini e Barbareschi volano penne e parole grosse.

Dite la verità: non pare anche a voi una serie di "guarda caso" che sfida tutte le leggi della statistica?

sabato 5 febbraio 2011

Basta panni stesi, bonghi, zoccoli e “defunti”: viaggio nell’Italia dei divieti

Italia Paese dei divieti: in tutta la penisola i comuni si stanno sbizzarrendo nel vietare le usanze più disparate, dai panni stesi alle finestre, all’apertura dei kebab, all’uso degli zoccoli. C’è un paese in provincia di Brescia che ha addirittura chiesto ai cittadini di non morire, perché non c’è più spazio nel cimitero.

L’ultima in ordine di tempo è la decisione del comune di Genova di vietare i panni stesi alle finestre nelle strade principali. Niente più lenzuola, magliette, mutande stese “a vista”. Pena una multa salata. Ma scorrendo lo stivale sono diverse le ordinanze quantomeno “bizzarre”.

A Bologna, ad esempio, il comune ha deciso di punire con una multa di 500 euro chi suona il bongo in ore notturne. Per chi lava i vetri, chiede l’elemosina o mangia in strada il minimo sarà, invece, un’ammenda di 100 euro.

A Torino la guerra si fa contro le antenne: un’ordinanza comunale impone che siano piazzate sui tetti e abbiano una colorazione che si mimetizzi con quella dei muri esterni o sia in materiale trasparente.

A Lucca nel mirino ci sono invece i Kebab: la città ha detto stop all’apertura dei kebab all’interno delle mura del centro storico. Eccezione per quelli già esistenti che però potranno restare.

A Capri il comune ha deciso di vietare l’utilizzo degli zoccoli in legno. Perché? Fanno troppo rumore.

A Roncadelle (Bs), infine, un’ordinanza ha chiesto ai cittadini di non morire. Il sindaco giustifica così la decisione: “Non si può ampliare il cimitero”.

venerdì 4 febbraio 2011

Intersos: emergenza siccità in Somalia, serve aiuto subito


"Servono camion per il trasporto dell’acqua nella zone piu' remote, serve bonificare i pozzi contaminati, riaprire quelli in secco. Serve cibo per chi non e' riuscito a salvare il raccolto. E' urgente portare aiuto ai pastori che hanno perso migliaia di animali, e' necessario contrastare le malattie che nascono quando manca l’acqua. Diarrea, colera, tifo, proliferano in mancanza di condizioni igieniche di base". Marco Procaccini, operatore umanitario di INTERSOS per la Somalia, racconta come si vive oggi nel paese flagellato da 20 anni di guerra e ora da una siccita' prolungata che sta lentamente devastando l’agricoltura. Ma i fondi disponibili per la risposta all’emergenza in Somalia non bastano. Serve di piu', adesso.

INTERSOS e' presente in Somalia dal lontano 1994, ed e' una delle organizzazioni non governative internazionali che riesce a portare soccorso e supporto in aree considerate ad accesso estremamente critico, a causa della difficilissima condizione di sicurezza. Hassan Mahdi, responsabile INTERSOS, da Jowhar racconta che ‘nella regione meridionale del Medio Scebeli, dove INTERSOS gestisce un ospedale Regionale si parla di circa 73 mila famiglie colpite dalla siccita', e piu' di 600 mila animali gia' morti per l’assenza di acqua e di pascoli. Nella regione di Bay, a ovest di Jowhar, migliaia di pastori vagano con le loro mandrie alla ricerca d’acqua con perdite continue e inarrestabili di bestiame’ riporta Mohamed Luqman da Baidoa, che spiega: ‘stiamo assistendo centinaia di donne e bambini, i piu' colpiti dall’emergenza siccita', il nostro staff visita i villaggi, distribuisce cibo ad alto contenuto nutritivo, valuta le condizioni di salute dei bambini piu' piccoli e quelli che piu' gravi, a volte a rischio sopravvivenza, vengono portati nel nostro ospedale di Jowhar dove ricevono le prime cure, e' una corsa contro il tempo’.

Anche nella regione del Basso Shebeli, anche se si continua disperatamente a coltivare sulle rive di un fiume sempre piu' secco, numerose famiglie scelgono di cercare riparo nei campi per i rifugiati in Kenya, Ethiopia e Yemen (650 mila rifugiati Somali gia' presenti). Vendono quei pochi beni che ancora posseggono per pagare un viaggio in camion fino alla frontiera e sperare in una vita migliore.

Il ventennale conflitto che dilania la Somalia dalla caduta di Siad Barre in poi e le ricorrenti emergenze umanitarie che si sono ripetute ciclicamente hanno ridotto il paese ad una situazione terribile. Nell’indice dei Failed States, i cosiddetti Stati falliti, la Somalia vince sempre con circa due milioni e mezzo di persone in emergenza umanitaria, di cui quasi un milione, soprattutto donne e bambini, in malnutrizione acuta. La siccita' prolungata si aggiunge come risultato degli effetti catastrofici dei cambiamenti climatici. Nelle regioni maggiormente colpite dalla crisi, solo il 15% della pioggia prevista e' effettivamente caduta al suolo. Nell’epicentro della crisi siccita', la regione centro-meridionale di Hiran, e' il nono anno consecutivo che le piogge non raggiungono il minimo necessario, con conseguenze terribili sui raccolti e gli animali al pascolo. Agricoltura e pastorizia sono le due attivita' principali di tante aree della Somalia e tra le sole attualmente possibili.

Le prossime settimane saranno cruciali per mettere un freno a una nuova catastrofe umanitaria. Dipende anche dal nostro Paese, dalla nostra capacita' di reagire e di portare aiuto concreto alla popolazione.

Per aiutarci a portare cibo e cure ai bambini malnutriti si può donare sul sito INTERSOS

Per informazioni e interviste in italiano con il coordinatore Hassan Mahdi dalla Somalia:
Ufficio Stampa INTERSOS
comunicazione@intersos.org

giovedì 3 febbraio 2011

Federalismo, pareggio in bicamerale: parere respinto

Il voto in bicamerale sul federalismo finisce con un pareggio, che equivale a un parere negativo alla proposta del relatore. Secondo l’articolo 7 del regolamento della Commissione, infatti, il decreto dunque si intende respinto, almeno in commissione. Si legge infatti nel Regolamento: “Le deliberazioni delle commissioni sono adottate a maggioranza dei presenti, considerando presenti coloro che esprimono voto favorevole o contrario. In caso di parità di voti, la proposta si intende respinta”.

mercoledì 2 febbraio 2011

La Corte Costituzionale boccia una parte della legge sul ritorno al nucleare

I ricorsi delle Regioni battono il Governo 2-1. Nel senso che poco fa la Corte Costituzionale ha bocciato una parte del decreto legislativo per il ritorno all’energia nucleare, stabilendo che è necessario il parere della Regione interessata dall’ubicazione di un impianto.

In precedenza la Corte Costituzionale, accogliendo un’istanza presentata da alcune Regioni, aveva bocciato un’altra parte della legge, quella relativa all’urgenza del nucleare. Aveva invece respinto il ricorso presentato dalle Regioni che verteva sul loro ruolo nel decidere dove collocare gli impianti.

Oggi appunto la terza sentenza, sempre in materia di sedi degli impianti e competenze delle Regioni. Il Governo dunque per ora perde 2-1, ma la telenovela giuridico-atomica non è ancora finita.

La Corte Costituzionale ha reso pubblica poco fa la sentenza n.33, relativa ad una parte del decreto legislativo 15 febbraio 2010 n. 31, “Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell’esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi”,

Oggetto del contendere era – di nuovo – il ruolo delle Regioni. In particolare, erano in discussione le parti del decreto relative alla possibilità per lo Stato di scavalcare le Regioni contrarie ad accogliere un impianto sul proprio territorio.

La Corte Costituzionale ha stabilito in sostanza che le Regioni hanno la possibilità di far sentire la propria voce nel momento in cui il Governo sottopone alla Conferenza unificata Stato-Regioni l’elenco dei siti idonei ad accogliere gli impianti: di lì in poi, l’energia è una questione di interesse nazionale – semplifico, a costo di tagliare con l’accetta – e il Governo ha il diritto di dire l’ultima parola.

Tuttavia, ha aggiunto la Corte, il decreto sul ritorno al nucleare è incostituzionale nella parte in cui non prevede che la Regione sede di un impianto esprima il proprio parere sul rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio dell’impianto stesso. La Regione anzi, ha detto la Corte, dev’essere adeguatamente coinvolta, anche se il parere che le è richiesto non deve essere ritenuto vincolante.

Non so con che faccia qualcuno si azzarderà mai ad imporre una centrale nucleare ad una Regione che ha avuto modo di esprimere un no chiaro, tondo ed ufficialissimo.

La telenovela giuridico-atomica non è finita, dicevo. Resta ancora in piedi un ricorso promosso dalla Puglia, contro la toppa a mio avviso decisamente raffazzonata che il Governo ha cucito sulla sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha bocciato l’urgenza del ritorno al nucleare. Le Regioni possono vincere la partita 3-1, sicuro.

Sentenza della Corte Costituzionale n. 33 del 2011: ricorso di alcune Regioni sul decreto per il ritorno al nucleare

Fonte: Blogeko

martedì 1 febbraio 2011

La disoccupazione aumenta. E' record dal 2004!


Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a dicembre è salito al 29%, con un aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 2,4 punti percentuali rispetto a dicembre 2009, segnando così un nuovo record negativo. Si tratta, infatti, del livello più alto dall'inizio delle serie storiche mensili, ovvero dal gennaio del 2004. Preoccupante.