Il pericolo proviene principalmente dagli abitanti dei villaggi situati nelle vicinanze dei campi per i rifugiati e dai soldati dall'Esercito nazionale ciadiano. L'Unità integrata di sicurezza (Dis), un reparto speciale di polizia sostenuto dalla Missione dell'Onu nella Repubblica centrafricana e nel Ciad, ha la responsabilità di garantire la sicurezza all'interno e all'esterno dei campi per i rifugiati. Attualmente, sono 800 gli agenti della Dis dispiegati nei 12 campi del Ciad orientale, che ospitano complessivamente 260.000 persone, la maggior parte dei quali sono donne e bambini.
Gli agenti del Dis, si legge nel rapporto di Amnesty International, sono diventati bersagli della violenza locale ma si sono resi anche responsabili di violazioni dei diritti umani. Molte donne rifugiate affermano che questi agenti pensano solo a proteggere se stessi e che hanno fatto ben poco per garantire la sicurezza dei rifugiati.
Ma la violenza sessuale si annida anche all'interno dei campi, dove ad esempio gli insegnanti promettono voti alti in cambio di rapporti sessuali. Alcune bambine hanno dovuto lasciare le scuole per questa ragione.
"Che le rifugiate del Darfur rischino di subire aggressioni e stupri quando escono dai campi per raccogliere legna e acqua, ormai è un fatto noto. Quello che non si sa è che la situazione nei campi non è migliore, giacché quelle stesse donne rischiano la violenza anche da parte dei familiari, di altri rifugiati, del personale delle organizzazioni umanitarie" - ha accusato Tawanda Hondora, vicedirettore del Programma Africa di Amnesty International.
Il rapporto sottolinea come il propagarsi della violenza sessuale sia dovuto alla cultura dell'impunità, profondamente radicata nel Ciad orientale. L'uso del metodo tradizionale del "negoziato" per risolvere le dispute e i conflitti mostra tutta la propria pericolosità quando si tratta di casi di stupro.
Fonte: Amnesty International
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