(Credit Image: © Andrea Ronchini/Pacific Press via ZUMA Wire)
I comuni capoluogo di provincia o città metropolitana in cui si tiene il voto sono 25: Alessandria, Asti, Belluno, Catanzaro, Como, Cuneo, Frosinone, Genova, Gorizia, L’Aquila, La Spezia, Lecce, Lodi, Lucca, Monza, Oristano, Padova, Palermo, Parma, Piacenza, Pistoia, Rieti, Taranto, Trapani e Verona.
Il quesito sui voucher – strumento che serve a retribuire piccoli lavori saltuari, come ripetizioni scolastiche o piccoli lavori di pulizia – riguarda l’abrogazione degli articoli 48, 49 e 50 del decreto legislativo numero 81 del 2015, una parte del famoso Jobs Act. L’abrogazione di questi articoli porterebbe all’eliminazione completa dei voucher. Il Jobs Act però non ha introdotto i voucher, ma solo alcune modifiche al loro funzionamento: per farlo ha di fatto cancellato la legge precedente sui voucher, principalmente l’articolo 70 del decreto legislativo 276 del 2003, ma mantenendone gran parte del contenuto. Per questa ragione, tecnicamente per eliminare i voucher bisogna cancellare un articolo del Jobs Act, ma non è stato il Jobs Act a introdurli né a modificarli sostanzialmente.
I voucher esistono dal 2003 e furono introdotti durante il secondo governo Berlusconi. Per anni furono poco utilizzati e quasi sconosciuti. A partire dal 2008 diverse leggi hanno reso sempre più ampio e facile il loro utilizzo. La più importante in questo senso è considerata la riforma Fornero del 2012, che estese la possibilità di pagamento tramite voucher ai lavoratori di qualsiasi settore o condizione, mentre prima potevano essere utilizzati solo da categorie particolari, come pensionati o disoccupati di lungo corso. Dopo essere rimasti di fatto inutilizzati nei primi anni dalla loro introduzione, le crescenti liberalizzazioni ne hanno aumentato moltissimo l’utilizzo. Nel 2008 se ne vendevano 500.000, mentre nei primi dieci mesi del 2016 ne sono stati venduti più di 121 milioni (peraltro la CGIL stessa li usa molto).
Il secondo è un quesito tecnico e molto complesso che riguarda l'”escussione preventiva”, cioè la modifica della cosiddetta “responsabilità solidale” che committenti, appaltatori e sub-appaltatori hanno verso i lavoratori impiegati negli appalti. Semplificando, la legge attuale stabilisce che, in caso di irregolarità nei pagamenti di stipendio e contributi, il dipendente di una società che ha ricevuto un appalto o un subappalto può rivalersi su chi ha commissionato l’appalto, ma soltanto se non è riuscito a ottenere quanto gli era dovuto da chi ha ricevuto l’appalto, cioè il suo datore di lavoro. Se il referendum dovesse passare, il dipendente potrà decidere di chiedere direttamente il denaro che gli è dovuto al committente dell’appalto (che di solito ha molte più risorse della società a cui è stato commissionato l’appalto). Quest’ultimo sarà tenuto a sborsare subito gli stipendi e i contributi dovuti al lavoratore, senza attendere le verifiche sulla disponibilità di denaro dell’appaltatore.
Fonte: Il Post
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