Mark Rutte (Carl Court/Getty Images)
Il Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD), del primo ministro uscente conservatore Mark Rutte, ha vinto le elezioni politiche che si sono tenute ieri nei Paesi Bassi. A spoglio delle schede quasi ultimato, il VVD ha ottenuto il 21,3 per cento dei voti, mantenendo un ampio vantaggio sul Partito per la Libertà (PVV), il movimento xenofobo di Geert Wilders che era dato tra i favoriti durante la campagna elettorale. Il PVV ha comunque ottenuto il 13,1 per cento dei voti ed è il secondo partito nel paese, di poco avanti rispetto ad Appello Cristiano (CDA) e ai Democratici 66 (D66), che hanno ottenuto entrambi il 12 per cento circa. Il Partito Socialista (SP) ha ottenuto il 9 per cento dei voti, così come Sinistra Verde (GL), che ha quadruplicato i seggi rispetto alle ultime elezioni, mentre i laburisti dell Partito del Lavoro (PvdA) si sono fermati al 5,7 per cento, un risultato molto inferiore rispetto alle elezioni del 2012 quando ottennero il 24,8 per cento. L’affluenza è stata dell’80 per cento circa, la più alta degli ultimi 30 anni, e secondo gli analisti ha favorito il VVD, evitando che il PVV potesse prevalere.
Festeggiando la vittoria del suo partito, che con ogni probabilità implicherà la sua conferma come primo ministro, Rutte ha detto che i Paesi Bassi “hanno respinto il populismo”, facendo riferimento al partito di Wilders, che aveva condotto una campagna elettorale molto dura, soprattutto sull’immigrazione. Wilders aveva promesso di fare uscire i Paesi Bassi dall’Unione Europea, di chiudere tutte le moschee nel paese e di bandire il Corano. Le politiche di ieri erano considerate un importante test per verificare la tenuta dei partiti più tradizionali, contro l’emergere e il rafforzamento dei movimenti populisti. Alcuni sondaggi nelle ultime settimane avevano dato come possibile una rimonta del PVV, che non è poi avvenuta nei fatti. Anche per questo motivo i principali leader europei si sono congratulati subito con Rutte per la vittoria, compreso il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker.
A scrutinio quasi completato, la suddivisione dei seggi (tra parentesi il risultato nel 2012):
- Partito Popolare per la Libertà (VVD) – 33 (41)
- Partito per la Libertà (PVV) – 20 (15)
- Appello Cristiano (CDA) – 19 (13)
- Democratici 66 (D66) – 19 (12)
- Partito Socialista (SP) – 14 (15)
- Sinistra Verde (GL) – 14 (4)
- Partito del Lavoro (PvdA) – 9 (38)
- Unione Cristiana (CU) – 5 (5)
- Partito per gli Animali (PvdD) – 5 (2)
- 50Plus (50+) – 4 (2)
- Partito Politico Riformato (SGP) – 3 (3)
- Denk (DENK) – 3 (0)
- Forum per la Democrazia (FvD) – 2 (0)
Wilders ha commentato i risultati dicendo di non avere ottenuto “i 30 seggi che speravo, ma ne abbiamo comunque guadagnato qualcuno e la primavera patriottica potrà ancora avvenire”. Il leader di PVV ha poi detto che Rutte “non ha ancora visto tutto di me” e che farà opposizione in Parlamento alle sue politiche.
Per poter governare, il VVD dovrà formare una coalizione. In campagna elettorale Rutte ha escluso la possibilità di coinvolgere il PVV, mentre ha detto in più occasioni di essere aperto a comprendere nella nuova coalizione CDA e D66, arrivati terzo e quarto alle elezioni. Potrebbero essere necessari mesi prima di trovare un accordo tra i partiti.
Dopo la vittoria del 2012, Rutte aveva formato un’alleanza con il Partito Laburista con il mandato di rimettere in ordine i conti pubblici, messi male a causa della crisi economica. Il suo governo ci è riuscito e con un moderato successo. Oggi il bilancio pubblico è equilibrato e la disoccupazione è al 5,3 per cento, il livello più basso degli ultimi cinque anni. Questi risultati però hanno avuto un costo in termini di riforme impopolari e questo spiega in parte il crollo dei principali alleati, il Partito del Lavoro che ha perso 29 seggi. Negli ultimi mesi il partito le aveva provate tutte per cercare di invertire la tendenza e recuperare consensi. Dopo quattro anni passati a sostenere le politiche di austerità del governo di coalizione, era passato a toni e a una retorica più di sinistra. Aveva inviato una delegazione in Portogallo per studiare la maggioranza di sinistra moderata e sinistra radicale che sostiene il governo del primo ministro António Costa. Aveva organizzato primarie combattute, con dibattiti televisivi molto seguiti. Ma nonostante gli sforzi, non era mai riuscito a invertire il trend dei sondaggi.
Fonte: Il Post
Nessun commento:
Posta un commento