Da qualche giorno Massimo D'Alema ha riconquistato le prime pagine dei giornali, dopo un'intervista al Corriere della Sera, nella quale ha sostenuto che in Italia esistono due populismi (quello di Berlusconi e quello di Di Pietro) e che, tutto sommato, sarebbe meglio concedere al presidente del Consiglio "una leggina" per risolvere i suoi problemi personali pur di non sconvolgere la giustizia.
Di fronte alle naturali reazioni di chi, anche nel suo partito, ha gridato "all'inciucio", l'ex leader maximo dell'ex Partito Democratico ha pensato bene, per sgomberare ogni equivoco su quanto aveva detto, di elevare una vera e propria apologia dell'inciucio.
E nel suo spericolato e spregiudicato argomentare, ha tirato in ballo Palmiro Togliatti che sarebbe stato il padre nobile degli inciuci. A partire dall'articolo sette della Costituzione, sulla sovranità e l'indipendenza di Stato e Chiesa e sui Patti Lateranensi che regolano i loro rapporto.
Paragonare la cultura politica della gradualità (fondato anche sui compromessi) praticata da Togliatti sin dal 1944, con la svolta di Salerno e la partecipazione del Pci ai governi Badoglio e Bonomi per cacciare i nazi-fascisti, con gli inciucio tanto cari a D'Alema è offensivo, per la storia e fa torto alla sua intelligenza.
I compromessi non possono mai essere stipulati contro la legge.
Considerare Berlusconi, pro bono pacis, un cittadino non uguale a tutti gli altri in violazione della Costituzione è un atto illegittimo. La politica, come sosteneva Machiavelli, può essere l'arte dell'impossibile, ma mai dell'incredibile, come la teorizzazione dell'atto illecito. Di Pietro peccherà di populismo, ma non è con la presunta furbizia e lo spregiudicato cinismo che si argina quella deriva. Anzi, con gli inciuci, tanto cari a D'Alema, non si fa altro che incentivarla.
Fonte: Nuovasocietà
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