La deputata radicale Elisabetta Zamparutti, membro della Commissione Ambiente, non ci sta e oggi stesso ha presentato un'interrogazione parlamentare al presidente del Consiglio, al ministro delle Infrastrutture e a quello dell'Ambiente. "Sono vicina a tutti coloro che hanno subito questa tragedia avvenuta in una regione che risulta tra le maggiormente impegnate nella messa in sicurezza del territorio - ha detto l'esponente radicale. Tuttavia: "questo incidente dimostra, con ancor maggior drammaticità, l'inadeguatezza di quanto si fa nel nostro Paese per prevenire disastri idrogeologici. Perchè le frane oggi si possono prevedere ed è inaccettabile che continuino a morire persone in questo modo". Ma non solo. Zamparutti chiede subito al Governo "il piano straordinario per il rischio idrogeologico con le necessarie dotazioni finanziarie come da impegni assunti alla Camera dei Deputati e si doti delle tecnologie necessarie a prevedere le frane coinvolgendo i geologi in tutti i livelli della Pubblica Amministrazione. La messa in sicurezza del territorio è la 'Grande Operà che dal Nord al Sud serve al nostro Paese" avverte la deputata.
E sul tragico episodio è intervenuta anche Pietro de Paola, presidente dell'ordine dei geologi italiani, il quale pone l'accento sull'uso "dissennato del territorio". ''Mi è capitato di vedere - dice il professore - bacini idrici posti in cima a collinette franose. In questi casi basta una perdita, un'infiltrazione nel terreno, che si genera una frana''. Infatti, come spiegano il geologo: "le caratteristiche di 'tenuta' di un terreno sono condizionate da una serie di variabili, come la pendenza, la permeabilita', la composizione piu' o meno argillosa. Questo dovrebbe consigliare maggiore prudenza nell'uso del territorio. "
Ma a quanto pare questi semplici accorgimenti non vengono presi alla lettera. Anzi, basta leggere il recente rapporto di Legambiente sul rischio idrogeologico in Italia, che coinvolge ben 5.540 comuni italiani, pari al 70% su un totale di 8mila comuni. Dato analogo (68,6%) a quello diffuso dallo stesso ministero dell'Ambiente. Numeri allarmanti, generati soprattutto dal diffuso processo di urbanizzazione spesso incontrollata che ha comportato una vera e propria emergenza nel nostro paese.
Secondo l'Anbi, l'Associazione nazionale bonifiche, Irrigazioni e miglioramenti fondiari, sarebbero sufficienti 4,1 miliardi di euro per mettere in sicurezza l'Italia, o per lo meno ridurre notevolmente il rischio di dissesto idrogeologico con opere che tengano conto dei cambiamenti climatici e dell’aumento della superficie cementificata, sulla quale l’acqua scorre invece di essere assorbita dal suolo. Se ci pensiamo, una somma nettamente inferiore ai soldi destinati alla costruzione di molte grandi opere, per le quali spesso la prevenzione dovrebbe divenire una priorità assoluta, onde garantire anche a distanza di anni la sicurezza per i cittadini.
Ma non è tutto. Tra il 1994 e il 2004 sono stati spesi ben 20,946 miliardi per prevenire il rischio frane e alluvioni, ma la situazione non è affatto cambiata, perchè evidentemente come ha sottolenato l'Anbi, gli appaltatori intascano molto ma le necessarie applicazioni per marginare i pericoli sono insufficienti. Insomma l'Italia ha il primato negativo delle frane, ma far circolare certe voci a qualcuno non piace affatto. Farebbe crollare il mercato immobiliare.
Ma a quanto pare questi semplici accorgimenti non vengono presi alla lettera. Anzi, basta leggere il recente rapporto di Legambiente sul rischio idrogeologico in Italia, che coinvolge ben 5.540 comuni italiani, pari al 70% su un totale di 8mila comuni. Dato analogo (68,6%) a quello diffuso dallo stesso ministero dell'Ambiente. Numeri allarmanti, generati soprattutto dal diffuso processo di urbanizzazione spesso incontrollata che ha comportato una vera e propria emergenza nel nostro paese.
Secondo l'Anbi, l'Associazione nazionale bonifiche, Irrigazioni e miglioramenti fondiari, sarebbero sufficienti 4,1 miliardi di euro per mettere in sicurezza l'Italia, o per lo meno ridurre notevolmente il rischio di dissesto idrogeologico con opere che tengano conto dei cambiamenti climatici e dell’aumento della superficie cementificata, sulla quale l’acqua scorre invece di essere assorbita dal suolo. Se ci pensiamo, una somma nettamente inferiore ai soldi destinati alla costruzione di molte grandi opere, per le quali spesso la prevenzione dovrebbe divenire una priorità assoluta, onde garantire anche a distanza di anni la sicurezza per i cittadini.
Ma non è tutto. Tra il 1994 e il 2004 sono stati spesi ben 20,946 miliardi per prevenire il rischio frane e alluvioni, ma la situazione non è affatto cambiata, perchè evidentemente come ha sottolenato l'Anbi, gli appaltatori intascano molto ma le necessarie applicazioni per marginare i pericoli sono insufficienti. Insomma l'Italia ha il primato negativo delle frane, ma far circolare certe voci a qualcuno non piace affatto. Farebbe crollare il mercato immobiliare.
Fonte: Dazebao
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