Il Decreto Ronchi del novembre 2009 infatti prevede che la gestione dei servizi pubblici locali sia conferita "in via ordinaria" attraverso gare pubbliche e la gestione in house consentita soltanto in deroga e «per situazioni eccezionali». Questa formulazione, secondo le opposizioni, apre la strada alle privatizzazioni, non rendendo più i Comuni i soggetti pubblici territoriali responsabili dei beni comuni, ma proprietari in una logica di interessi privati.
Tre i quesiti. Il primo propone l’abrogazione dell’articolo 23 bis della Legge n. 133/2008 così come modificato dal recente Decreto che impone ai comuni la messa a gara della gestione delle risorse idriche; il secondo l’abrogazione dell’articolo 150 del Decreto Legislativo n. 152/2006 per impedire il ricorso alla gare e all’affidamento delle gestione del servizio idrico a società di capitali favorendo la sua gestione attraverso enti di diritto pubblico con la partecipazione dei cittadini e delle comunità locali. Il terzo propone l’abrogazione dell’articolo 154 del Decreto Legislativo n. 152/2006 limitatamente alla quota del 7% di remunerazione del capitale investito, eliminando la possibilità di fare di fare profitti sull’acqua. Che non è una merce, ma un diritto di tutti.
“Riguardo al diritto all’acqua, si deve sottolineare anche che si tratta di un diritto che ha un proprio fondamento nella dignità umana. Da questa prospettiva bisogna esaminare attentamente gli atteggiamenti di coloro che considerano e trattano l’acqua unicamente come bene economico.” Non sono affermazioni di un esponente politico dell’opposizione o di uno dei promotori dei quesiti referendari. Il monito è di Papa Benedetto XVI…
E’ vero che la gestione pubblica dell’acqua ha mostrato negli anni numerosi limiti, strutturali, legati al difficile rapporto tra territorio e burocrazia. E’ vero circa la scarsità di investimenti e la penuria di manutenzione della rete idrica. Di qualche giorno fa la notizia della presenza, nelle tubazioni dell’acqua potabile, di sostanze tossiche tollerate dagli adulti ma pericolose per neonati e ragazzi nell’età dello sviluppo.
Consegnandola ai privati non vi è certezza che la situazione migliori, ma si corre il rischio di vedere aumentate le tariffe e diminuiti gli investimenti, una scelta pagata a caro prezzo dalle classi deboli.
L’acqua, come il paesaggio, l’ambiente, la salute, sono beni comuni, direttamente tutelati dalla Costituzione (artt. 9 e 32), e l’interesse alla conservazione e alla fruizione di tali beni non può essere di pochi per pochi.
Tutte le informazioni sul referendum e la campagna contro la privatizzazione (alla quale ha aderito anche Articolo21) sul sito www.acquabenecomune.org
Fonte: Articolo21
1 commento:
Io ho già firmato.
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