(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
La Corte Costituzionale ha bocciato il ballottaggio previsto dall’Italicum, la legge elettorale in vigore alla Camera e ha modificato il meccanismo delle pluricandidature, che permettevano ai capilista di presentarsi in più di un collegio e scegliere successivamente dove essere eletti. Ha invece mantenuto il premio di maggioranza, che garantisce il 55 per cento dei seggi alla lista che raggiunge la soglia del 40 per cento. La Corte ha quindi trasformato l’Italicum in una legge proporzionale corretta da un ampio premio di maggioranza e ha specificato che la legge è immediatamente applicabile. Nelle prossime settimane la Corte pubblicherà le motivazioni della sentenza, che probabilmente conteranno ulteriori informazioni e indicazioni. Da oggi l’Italia ha ufficialmente in vigore due leggi elettorali, una per la Camera e una per il Senato, che sono entrambe il frutto di interventi della Corte Costituzionale su leggi precedentemente approvate dal Parlamento.
— YouTrend (@you_trend) 25 gennaio 2017
Il risultato di questi interventi sono due leggi elettorali piuttosto diverse. Quella per la Camera è un proporzionale corretto da un largo premio di maggioranza, che non prevede coalizioni e dove la soglia di sbarramento è fissata al 3 per cento. Quella in vigore al Senato, il cosiddetto “Consultellum” frutto della modifica del 2014 alla legge elettorale voluta dal governo Berlusconi nel 2006 (il famoso “Porcellum”), è un proporzionale puro senza premio, in cui è prevista la possibilità di presentarsi in coalizioni. Le soglie al Senato sono fissate all’8 per cento per i partiti fuori dalle coalizioni e al 3 per cento per i partiti all’interno di una coalizione. Non è chiaro invece come funzioneranno le pluricandidature: dai testi diffusi sembra che i capilista potranno presentarsi in più di un collegio, ma non potranno scegliere in quale farsi eleggere, che sarà invece assegnato tramite sorteggio.
Se si votasse con questo sistema, è possibile che si arrivi ad una larga maggioranza alla Camera, grazie al premio, mentre il Senato resterebbe frammentato: sarebbe quindi necessario formare una larga coalizione per dare la fiducia al governo. È probabile che nelle prossime settimane ci saranno tentativi per “armonizzare” i sistemi di Camera e Senato, come hanno chiesto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, quello del Consiglio Paolo Gentiloni e quello del Senato Piero Grasso. Le modifiche più semplici da introdurre sono quelle per uniformare le soglie di sbarramento. Un’altra modifica, più difficile da introdurre, sarebbe cambiare il metodo di assegnazione del premio di maggioranza: dalla singola lista alla coalizione. In ogni caso queste modifiche non sono necessarie: in teoria è già possibile andare a votare con le attuali leggi.
Una proposta ancora più radicale, e meno praticabile politicamente, sarebbe la scrittura di una nuova legge elettorale. Oggi il testo su cui sembra esserci il maggiore accordo in Parlamento è una versione aggiornata del Mattarellum, la legge in vigore tra il 1993 e il 2006. È una legge maggioritaria con alcuni correttivi proporzionali che incentiva le coalizioni pre-elettorali. Il Mattarellum modificato è la proposta ufficiale del PD e piace anche al segretario della Lega Nord Matteo Salvini. Potenzialmente potrebbe piacere anche ai partiti più piccoli, con cui le formazioni più grandi sarebbero incentivate ad allearsi. Non piace invece a Silvio Berlusconi, perché rischia di costringerlo ad allearsi con la Lega Nord che, probabilmente, finirebbe con l’esprimere il candidato presidente del Consiglio dell’intera coalizione.
Dal tipo di modifiche che le forze politiche decideranno di apportare al testo uscito dalla Corte dipenderà il futuro e la durata della legislatura. Le leggi elettorali sono complicate da approvare perché influenzano i risultati dei partiti e le possibilità di rielezione dei parlamentari: mettere tutti d’accordo è sempre molto complesso e lo è ancora di più in un Parlamento frammentato come quello attuale. Ampie modifiche alle attuali leggi elettorali richiederanno molto tempo per trovare un accordo parlamentare. Se i tempi dovessero allungarsi oltre l’autunno, è probabile che la legislatura giungerà alla sua scadenza naturale, la primavera del 2018.
La legge che la Corte Costituzionale ha di fatto riscritto era stata approvata definitivamente nel 2015 e aveva lo scopo di produrre in ogni circostanza una netta maggioranza alla Camera. Questo obbiettivo era garantito dal premio di maggioranza che veniva assegnato a chi otteneva il 40 per cento dei consensi su base nazionale o al vincitore di un ballottaggio tra i due partiti più votati. L’italicum era pensato per agire in sintonia con la riforma costituzionale, bocciata al referendum dello scorso dicembre. Grazie all’eliminazione della necessità per il governo di chiedere la fiducia al Senato, prevista dalla riforma, l’Italicum avrebbe garantito in ogni circostanza una robusta maggioranza al partito principale.
La sentenza della Corte Costituzionale era attesa da circa un anno, da quando, nel febbraio del 2016, il tribunale di Messina chiese di valutare sei potenziali “profili di incostituzionalità” dell’Italicum. In seguito sono arrivate richieste simili da altri quattro tribunali. La Corte si sarebbe dovuta esprimere il 4 ottobre 2016, ma lo scorso settembre annunciò che la decisione sarebbe stata rimandata a gennaio. La scelta della Corte era legata alla volontà di non prendere una decisione prima del referendum costituzionale – secondo alcuni per evitare di influenzarne l’esito, secondo altri in modo da prendere una decisione che tenesse conto della Costituzione effettivamente in vigore.
Fonte: Il Post
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