mercoledì 26 aprile 2017

La libertà di stampa nel mondo nel 2017

Secondo il report di Rsf, i paesi con maggiore libertà d'informazione sono Norvegia e Svezia. L'Italia recupera 25 posizioni ed è 52esima. Ultima la Corea del Nord

“Abbiamo raggiunto l'età della post-verità, della propaganda e della soppressione delle libertà”, si legge nel documento. Credit: Rsf.org

Il rapporto del 2017 sulla libertà di stampa realizzato da Reporters sans Frontieres (Rsf) “riflette un mondo in cui gli attacchi contro i media sono diventati ordinari e gli uomini forti sono in ascesa. Abbiamo raggiunto l'età della post-verità, della propaganda e della soppressione delle libertà, soprattutto nelle democrazie”. Inizia così il rapporto dell'organizzazione che tutti gli anni evidenzia la situazione di tutti i paesi del mondo in riferimento alla libertà di stampa.

Credit: Rsf.org

Nell'indice, in cui si evidenzia la libertà d'informazione in paesi come Norvegia (prima), Svezia (seconda) e Finlandia (terza), si assiste a una risalita dell'Italia: dal 77esimo posto del 2016 all'attuale 52esimo.

Nonostante il balzo in avanti di 25 posizioni, restano però “intimidazioni verbali o fisiche, provocazioni e minacce” e “pressioni di gruppi mafiosi e organizzazioni criminali”. Tra i problemi indicati anche l'effetto di “responsabili politici come Beppe Grillo che non esitano a comunicare pubblicamente l'identità dei giornalisti che danno loro fastidio”.

Nel rapporto 2017 si sottolinea che “sei giornalisti italiani sono sempre sotto protezione della polizia 24 ore su 24 dopo minacce di morte da parte di mafia o gruppi fondamentalisti”.

Credit: Rsf.org

“I giornalisti subiscono pressioni da parte dei politici e optano sempre più per l'autocensura: un nuovo testo di legge fa pesare su chi diffama politici, magistrati o funzionari, pene che vanno da 6 a 9 anni di carcere”, si legge ancora nel capitolo dedicato all'Italia.

L'indice realizzato da Reporters sans Frontieres si basa su alcuni criteri che sono il pluralismo dei media, l'indipendenza, la qualità del quadro giuridico e la sicurezza dei giornalisti in 180 paesi del mondo. È stilato mediante la compilazione di un questionario in 20 lingue inviato a esperti di tutto il mondo. Nell'indice minore è il punteggio, maggiore è la libertà di stampa nel paese.

L'ossessione per la sorveglianza e le violazioni dei diritti hanno contribuito a un continuo declino di paesi precedentemente ritenuti virtuosi, secondo Rsf. Tra questi paesi sono inclusi gli Stati Uniti (scesi di due posti, ora al 43esimo), il Regno Unito (due posizioni in meno), il Cile e la Nuova Zelanda.

Secondo il rapporto, l'ascesa di Trump e la campagna per la Brexit sono responsabili di una “bastonata” ai media e di una campagna tossica contro i media stessi che ha portato il mondo “nell'era della post-verità, della disinformazione e delle fake news”.

Critiche dal rapporto arrivano nei confronti del governo polacco e di Jaroslaw Kaczynski e verso l'Ungheria guidata da Viktor Orban.

Sempre più complicata si fa la situazione in Turchia, dopo il tentato colpo di stato del luglio 2016. Il presidente Recep Tayyip Erdogan viene accusato di aver instaurato un “regime autoritario” che lo rende “l'uomo che detiene più professionisti dei media in prigione”. In basso nella graduatoria, poco davanti rispetto alla Turchia (155esima) c'è la Russia di Vladimir Putin, in 148esima posizione.

Dopo sei anni al primo posto, la Finlandia ha ceduto la testa della classifica in seguito a pressioni politiche e a casi di conflitto d'interesse. Il primo posto va alla Norvegia, seguita dalla Svezia che guadagna quattro posizioni. I giornalisti continuano a subire minacce in Svezia, ma “le autorità hanno inviato segnali positivi nel combattere i responsabili”.

In fondo alla graduatoria si trova invece l'Eritrea (179esima) che ha però lasciato l'ultimo posto per la prima volta dal 2007. A fare peggio ora c'è la Corea del Nord, un paese che “continua a tenere la sua popolazione nell'ignoranza e nel terrore”. Nelle ultime posizioni anche il Turkmenistan e la Siria.

La libertà dei media, secondo quanto si legge ancora nel report, non è mai stata così minacciata e “l'indicatore globale” di Rsf non è mai stato così alto. Nell'ultimo anno, quasi due terzi dei paesi (62,2 per cento) ha fatto registrare una deteriorazione della situazione, mentre il numero di paesi in cui la libertà dei media si può definire “buona” è scesa del 2,3 per cento.

Il Medio Oriente e il Nord Africa restano i luoghi con più difficoltà al mondo e le regioni più pericolose per i giornalisti. Situazione complicata anche tra l'est Europa e l'Asia centrale.

La zona dell'Asia Pacifica vive una situazione globalmente meno drammatica, ma detiene molti record negativi. Due dei suoi paesi, Cina e Vietnam, sono tra le più grandi prigioni per giornalisti e blogger. In quella zona ci sono inoltre alcuni dei paesi più pericolosi per i giornalisti, come Pakistan, Filippine e Bangladesh.

A seguire troviamo l'Africa e le Americhe, dove Cuba è l'unico paesi segnato nella “zona nera” dell'indice.

Le regioni in cui la libertà dei media è maggiore sono l'Unione europea e i Balcani, nonostante l'indicatore regionale ha fatto registrare il più grande incremento degli ultimi anni tra il 2016 e il 2017.

Credit: Rsf.org

Il paese che è sceso di più nella classifica nel 2017 è il Nicaragua, perdendo 17 posizioni e arrivando al 92esimo posto.

In un quadro di declino generale, Rsf sottolinea nel rapporto due paesi in cui i miglioramenti continuano e lasciano ben sperare. Sono la Gambia e la Colombia.

L'Italia è un altro dei paesi segnalati per i suoi miglioramenti, in particolare in riferimento al caso dei due giornalisti “che erano stati accusati nel caso Vatileaks 2”. L'Italia rimane comunque “uno dei paesi europei dove più giornalisti sono minacciati”.

La Francia è risalita di sei posizioni ma si tratta semplicemente di un “recupero rispetto all'eccezionale caduta di cui ha sofferto nel 2016 in seguito al massacro di Charlie Hebdo”.

Il paese viene definito come uno in cui “i giornalisti si battono per difendere la loro indipendenza in un crescendo di violenza e in un'ambiente ostile”.

Fonte: The Post Internazionale

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