(LaPresse - Massimo Paolone)
Sono passati più di tre mesi dalla sentenza con cui la Corte Costituzionale ha bocciato due importanti pezzi dell’Italicum, la legge approvata dal Parlamento su iniziativa politica dell’ex governo di Matteo Renzi. Da allora non ci sono state notizie particolari sul tema legge elettorale, ma moltissime discussioni: e questo è uno di quei casi in cui le varie prese di posizione messe tutte insieme fanno una notizia, vista l’incertezza sulla durata della legislatura in corso e la possibilità che si vada a votare nel corso dei prossimi mesi: la legislatura scadrà comunque nel febbraio del 2018, ma la situazione è ancora molto confusa.
I tempi
Tra la fine di aprile e la fine di maggio le cose potrebbero cominciare a muoversi davvero: domenica 30 aprile ci saranno le primarie del PD per la scelta del nuovo segretario e il 2 o 3 maggio il relatore alla Camera, Andrea Mazziotti del PD, che è anche il presidente della commissione Affari costituzionali, porterà in commissione un testo base di riforma della legge elettorale. Dopo gli emendamenti da presentare entro il 12 maggio, la proposta dovrebbe essere votata il 25 maggio e arrivare in aula, come deciso dai capigruppo della Camera, il 29 maggio. Qualche giorno fa il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha invitato Camera e Senato ad affrontare il tema e ad arrivare a risultati concreti in tempi brevi.
Di quali riforme si parla?
Rispondere a questa domanda è molto complicato. La discussione sulla legge elettorale procede nella commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati dallo scorso febbraio. Ci sono molte proposte (una trentina) ma non è ancora chiaro a quale sistema elettorale si intenda arrivare. Tra i progetti di legge presentati all’inizio, alcuni propongono una versione aggiornata del Mattarellum, la legge in vigore tra il 1993 e il 2005; una legge maggioritaria con alcuni correttivi proporzionali che incentiva le coalizioni pre-elettorali. La maggior parte delle altre proposte sembra puntare invece a sistemi proporzionali con (eventuale) premio di maggioranza. Il Mattarellum modificato è stato fin dall’inizio la proposta ufficiale del PD e piace anche al segretario della Lega Nord Matteo Salvini. Potenzialmente potrebbe piacere anche ai partiti più piccoli, con cui le formazioni più grandi sarebbero incentivate ad allearsi. Non piace invece a Silvio Berlusconi, perché rischia di costringerlo ad allearsi con la Lega Nord che, probabilmente, finirebbe con l’esprimere il candidato presidente del Consiglio dell’intera coalizione.
Le discussioni in commissione e l’impossibilità di un accordo su una nuova versione del Mattarellum hanno portato a una modifica delle posizioni iniziali e negli ultimi giorni le prevalenti sembrano essere due, ma la situazione è molto confusa: alcune forze politiche (compreso il PD, Forza Italia, e anche la Lega) sembrava che avessero trovato un compromesso nel cosiddetto “Provincellum”: un sistema che assomiglia alla vecchia legge elettorale per le province, con tanti collegi uninominali proporzionali. Vuol dire che ciascun partito può presentare un unico candidato per collegio. I seggi verrebbero assegnati sulla base dei voti presi da ciascuna forza politica a livello nazionale e verrebbero eletti i candidati del partito con la percentuale di voti più alta nei singoli collegi, ma non in base al confronto dei candidati all’interno del collegio. Il Movimento 5 Stelle non è favorevole ai collegi uninominali e sta lavorando sull’Italicum modificato dalla Consulta, definito “Legalicum”, con l’introduzione di alcuni correttivi di governabilità: premio alla lista che ottiene almeno il 35 per cento a livello nazionale, soglia di sbarramento al 5 per cento per eliminare i piccoli partiti (attualmente è al 3 per cento alla Camera), seggi attribuiti in modo decrescente ai partiti che prendono meno voti.
Una settimana fa in commissione Affari Costituzionali alla Camera il capogruppo del PD, Emanuele Fiano, aveva detto che il suo partito era disposto ad accantonare il Mattarellum per arrivare a un diverso sistema elettorale basato però su tre «imprescindibili pilastri»: premio di lista, collegi uninominali, soglie di sbarramento omologate per Camera e Senato. Sempre Fiano aveva spiegato che il Provincellum poteva «produrre delle distorsioni nell’assegnazione dei seggi» e che «per questo si sta discutendo sul numero dei collegi e sulla loro ampiezza. Oppure si potrebbe passare a collegi con più candidati». Con il Provincellum i partiti dovrebbero abbandonare la possibilità (in vigore per la Camera) di scegliersi dei deputati sicuri con i capilista bloccati. Dopo una prima apertura su questa proposta in commissione, alla fine Matteo Renzi ha stroncato il Provincellum dicendo «che è un sistema che non ha preferenze, che fa finta di avere i collegi, ma poi non si sa se passa il tuo candidato o no».
Le principali questioni che dividono i vari partiti sulle differenti proposte sono: il premio di maggioranza (il PD e anche il M5S lo vorrebbero alla lista, Forza Italia alla coalizione), le soglie di sbarramento (i partiti di centro le vorrebbero al 3 per cento sia alla Camera che al Senato, mentre sia il PD che il M5S sono favorevoli a soglie più alte) e i capilista bloccati che, se si scegliessero i collegi uninominali, verrebbero di fatto eliminati.
Il problema di Forza Italia
Al di là della forma della nuova legge elettorale, Forza Italia vorrebbe allungare i tempi dell’approvazione della legge e dunque allontanare possibili elezioni anticipate. Il ricorso di Silvio Berlusconi alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo – contro la legge Severino, che ne ha sancito la decadenza da senatore – sarà infatti esaminato nei prossimi mesi dalla Grande Camera, che è formata da presidenti, vicepresidenti e da altri 14 giudici (17 membri in totale). Il ricorso di Berlusconi si basa sull’argomento che l’articolo 7 della Convenzione europea impedisce la retroattività delle leggi. I problemi sono i tempi: Berlusconi vorrebbe infatti aspettare l’arrivo della sentenza e vorrebbe dunque evitare il voto almeno fino al prossimo autunno.
Da tenere presente
In teoria sarebbe possibile andare a votare immediatamente, con la legge elettorale Italicum modificata dalla Corte Costituzionale alla Camera, e con il Consultellum valido al Senato, risultato della modifica del 2014 alla legge elettorale voluta dal governo Berlusconi nel 2006 (il famoso “Porcellum”). Se si votasse con le due leggi attualmente in vigore, probabilmente non ci sarebbe una maggioranza chiara in nessuno dei due rami del Parlamento. Nessuna forza politica sembra in grado da sola di raggiungere il 40 per cento necessario a ottenere il premio di maggioranza alla Camera. Potrebbe essere un obiettivo più facile per un’ampia coalizione, ma l’attuale premio è assegnato alla singola lista. In questo caso, i partiti che volessero allearsi dovrebbero accettare di presentarsi alle elezioni con un unico elenco di candidati, rendendo meno identificabili le singole formazioni che compongono la lista.
Fonte: Il Post
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