(BRENDAN SMIALOWSKI/AFP/Getty Images)
Oggi, sabato 29 aprile, sono cento giorni che Donald Trump è presidente degli Stati Uniti: la sua cerimonia di insediamento si è tenuta infatti il 20 gennaio 2017. Di recente Trump ha ammesso che pensava che fare il presidente «sarebbe stato più facile», ma anche che i primi 100 giorni della sua amministrazione sono stati quelli «più di successo nella storia del paese».
Al di là di questa dichiarazione poco condivisa da osservatori e giornalisti, i primi 100 giorni di ogni nuovo governo o amministrazione sono spesso considerati sufficienti per tracciare un primo bilancio: non sono abbastanza per progetti strutturali e a lungo termine, ma sono sufficienti per dare un’idea di quale direzione prenderà l’amministrazione negli anni successivi. Specialmente quando, come nel caso di Trump, è lo stesso candidato presidente a promettere cambiamenti radicali e ad elencare una serie di misure che avrebbe fatto entro i primi tre mesi di governo: cosa che Trump fece nell’ottobre 2016, in un documento intitolato “Contratto con l’elettore americano” (a-ehm).
Molti siti e giornali – tra cui Vox e l’Atlantic – hanno analizzato e commentato i primi tre mesi di Trump proprio a partire da questo documento. Trump si prese una trentina di impegni. Ne ha rispettati tre, circa un decimo. In altri casi ha cambiato idea, non ci ha nemmeno provato o non ha ottenuto risultati concreti.
Cosa ha fatto Trump
Tra le cose che Trump è riuscito a fare c’è la nomina in tempi piuttosto rapidi di Neil Gorsuch per il seggio vacante della Corte Suprema, il più importante organo giuridico americano. Il seggio era vacante dalla morte del giudice conservatore Antonin Scalia, e per via dell’ostruzionismo del partito Repubblicano il Senato non aveva mai esaminato e ratificato il giudice proposto da Barack Obama. È una scelta che lascerà il segno, perché Gorsuch è piuttosto giovane – ha 49 anni – e la nomina a giudice della Corte Suprema dura a vita.
Trump ha anche mantenuto la promessa di ritirarsi dal trattato TPP, cioè il Trans Pacific Partnership (Partnerariato Trans-Pacifico, da non confondersi con altre cose con sigle simili). Il TPP è uno dei più grandi accordi commerciali mai sottoscritti, firmato nel 2015 da 12 paesi: Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Vietnam e Stati Uniti, che però dovevano ancora ratificarlo. Il Congresso a maggioranza Repubblicana aveva già fatto sapere di non volerne sapere: quindi per Trump è stata una vittoria facile, più che altro simbolica, ma comunque una vittoria.
Secondo Vox la terza promessa mantenuta di Trump riguarda l’immigrazione: «ha fatto passi significativi per rendere più dure e intimidatorie le misure sull’immigrazione», e grazie ai suoi numerosi divieti è riuscito a creare effettivamente un clima più ostile per gli immigrati, nonostante le successive sospensioni dei decreti ordinate dai tribunali. Trump aveva detto di voler espellere dal paese 2 milioni di immigrati illegali e di voler rendere molto più difficile l’ingresso di stranieri negli Stati Uniti. Gli immigrati espulsi sono stati molti meno di 2 milioni, ma ci sono state altre misure – come la sospensione del programma di accoglienza per i richiedenti asilo siriani – che hanno fatto capire che l’approccio è cambiato.
Cosa non ha fatto Trump
Vox ha scritto che «c’è una gran quantità di leggi che Trump ha detto avrebbe fatto approvare e che non sono diventate leggi e, in molti casi, non sono nemmeno state proposte nella forma di qualcosa che somigli anche solo lontanamente a una legge».
La più grande sconfitta di Trump è però quella sull’Obamacare, la storica riforma sanitaria introdotta dal suo predecessore Barack Obama nel 2014. In campagna elettorale Trump puntò molto sulla proposta della sua abolizione, e promise che l’avrebbe rimpiazzata entro tre mesi. In realtà in marzo ha ritirato la sua confusa proposta di riforma prima ancora che venisse votata dalla Camera, capendo che sarebbe stata bocciata perché una trentina di deputati Repubblicani avevano fatto sapere che non l’avrebbero votata.
Trump non è nemmeno riuscito – ma questo era oggettivamente più difficile – a convincere il Messico a pagare totalmente il muro che intende costruire tra Messico e Stati Uniti e, per la verità, non ha nemmeno iniziato a costruirlo (nel Contratto aveva promesso di trovare i finanziamenti entro i primi 100 giorni). Trump aveva anche detto di voler tagliare da subito i fondi alle cosiddette “sanctuary cities”, cioè le città che scelgono di non considerare come reato l’immigrazione clandestina. Come successo per i divieti sull’immigrazione, Trump ha firmato un ordine esecutivo a riguardo, ma un giudice federale ha bloccato il provvedimento.
Per quanto riguarda invece il clima, Trump aveva detto di voler togliere i finanziamenti miliardari degli Stati Uniti all’ONU (e in generale di impegnarsi meno per combattere il cambiamento climatico), per investire quei soldi per sistemare le infrastrutture degli Stati Uniti. Non l’ha fatto, ma ha comunque firmato un ordine esecutivo per cancellare buona parte delle iniziative adottate dall’amministrazione Obama per contrastare il cambiamento climatico, che però al momento rimane sulla carta.
Nel documento sui suoi primi 100 giorni da presidente Trump non parlò molto di politica estera, ed è quindi difficile dire se ha mantenuto o meno quanto promesso. Trump però fu molto duro nei confronti della Cina – disse di volerla mettere nella lista di paesi che manipolano la propria valuta – ma da presidente ha cambiato decisamente idea, e al momento sembra voglia collaborare con la Cina per provare a gestire la situazione in Corea del Nord.
Trump inoltre aveva detto di voler imporre un limite di mandati per ogni membro del Congresso, e di voler prendere una serie di provvedimenti per limitare i costi della politica e per semplificarne i meccanismi (parlò ad esempio di voler imporre l’eliminazione di due norme federali per ogni nuova norma approvata): anche in questo caso, la promessa non è stata mantenuta, e non è chiaro a che punto siano gli sforzi dell’amministrazione per rispettarla.
Cose da leggere sui primi 100 giorni di Trump
Il New York Times ha chiesto ai suoi lettori di raccontare se e come questi 100 giorni li hanno cambiati e ha raccolto i suoi titoli sui primi 100 giorni da presidenti di Trump, Barack Obama e George W. Bush; il Washington Post ha analizzato i tweet di Trump e ha scritto in un editoriale che ci sono state cose allarmanti ma che «il sistema sta funzionando» e per ora non si è «entrati nella realtà distopica che molti, noi compresi, temevano». Il Guardian ha scritto invece che «tutte le prove di questi 100 giorni mostrano che il futuro sarà profondamente imprevedibile».
Fonte: Il Post
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