venerdì 23 ottobre 2015

Raid delle forze speciali statunitensi in Iraq per liberare gli ostaggi dello Stato islamico

I militari del governo regionale del Kurdistan vicino a un cartello del gruppo Stato islamico ad Hawija, nel nord dell’Iraq, il 9 marzo 2015. (Marwan Ibrahim, Afp)

Un soldato delle forze speciali statunitensi è morto durante l’incursione per liberare un gruppo di ostaggi che rischiavano l’esecuzione da una prigione del gruppo Stato islamico, sette chilometri a nord della città di Hawija, nella provincia irachena di Kirkuk. La zona è controllata dai jihadisti e si trova nel nord dell’Iraq, vicino al Kurdistan iracheno. I reparti scelti della Delta force sono intervenuti in aiuto di un’avanguardia di peshmerga per l’operazione di salvataggio, avvenuta nella notte tra il 21 ottobre e il 22 ottobre. Tra le 69 persone liberate non c’erano però venti militari curdi, che i servizi segreti del Kurdistan si aspettavano di trovare.

I prigionieri tratti in salvo erano tutti arabi: venti soldati iracheni, cinque jihadisti accusati di tradimento e gli altri abitanti della zona. Hawija, già colpita da raid aerei guidati dall’aviazione statunitense, è una roccaforte del gruppo Stato islamico, che ha catturato decine di peshmerga curdi nei recenti combattimenti.

Secondo l’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr), un numero sempre più alto di persone sta cercando di lasciare la città, ma i jihadisti puniscono o uccidono chiunque tenti di scappare. Undici giovani uomini, parenti di agenti di polizia o di militari iracheni, sono stati uccisi questa settimana, secondo una fonte locale del New York Times. I loro corpi sarebbero stati esposti su un ponte dopo l’esecuzione.


La dinamica dell’attacco

Il colonnello Steve Warren, portavoce della coalizione guidata dagli Stati Uniti in Iraq, ha spiegato che era previsto che le forze statunitensi si limitassero a fornire consulenza ai combattenti curdi, e che sono intervenute in combattimento a causa delle difficoltà incontrate dagli alleati. Warren ha precisato che l’intervento non è stato motivato dal fatto che ci potessero essere cittadini statunitensi tra i prigionieri. Lo ha confermato anche il portavoce del Pentagono Peter Cook.

Decine di soldati statunitensi hanno preso parte all’operazione, appoggiati da cinque elicotteri decollati da Erbil, la capitale del governo autonomo del Kurdistan. Prima del raid nella struttura usata dai jihadisti come prigione, un attacco aereo ha distrutto le strade attraverso cui sarebbero potuti arrivare i rinforzi dello Stato islamico. Successivamente all’azione di terra, l’edificio è stato bombardato.

Secondo il consiglio di sicurezza del Kurdistan, più di venti combattenti del gruppo Stato islamico sono rimasti uccisi nei combattimenti e sei sono stati catturati. Tre soldati curdi sono rimasti feriti. I jihadisti hanno diffuso la notizia che curdi e statunitensi avrebbero ucciso alcuni dei prigionieri, ma il Pentagono ha smentito. 

Il primo soldato statunitense caduto in Iraq dal 2011

È la prima volta che un militare statunitense perde la vita in Iraq da quando il presidente Barack Obama ha ordinato il ritiro delle truppe nel 2011. Ed è la prima volta che accade in un combattimento sul terreno contro il gruppo Stato islamico. Il soldato è stato colpito a Hawija e poi trasportato all’ospedale di Erbil, dove è deceduto. Nella guerra in Iraq sono morti più di quattromila militari statunitensi. Attualmente circa 3.300 unità delle forze armate degli Stati Uniti sono dislocate nel paese.

Durante una conferenza stampa, Peter Cook ha detto che l’intervento non indica alcun cambiamento nella strategia degli Stati Uniti contro il gruppo Stato islamico.

Secondo una fonte del ministero della difesa iracheno, citata dal Washington Post, il governo iracheno non era stato informato dell’operazione di salvataggio. Gli Stati Uniti cercano di mantenere un difficile equilibrio diplomatico tra le autorità del Kurdistan e quelle irachene, che combattono entrambe contro lo Stato islamico nonostante i dissidi interni. Dall’anno scorso diversi consiglieri militari e istruttori statunitensi sono tornati in alcune zone dell’Iraq per addestrare le truppe irachene e i combattenti curdi.

Fonte: Internazionale

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