Matteo Renzi, Michele Emiliano e Matteo Orfini. (ANSA/GIUSEPPE LAMI)
Domenica si è riunita l’assemblea nazionale del Partito Democratico – cioè una specie di parlamento interno al PD, e la riunione del partito a cui partecipano più persone, elette in larga parte con le ultime primarie – all’hotel Parco dei Principi di Roma. Le dimissioni di Matteo Renzi da segretario del partito sono state ufficializzate e si è aperto formalmente il congresso del PD, che terminerà entro quattro mesi con le primarie per la scelta del nuovo segretario.
Da giorni si parlava, con concretezze maggiori del solito, della possibilità che la minoranza del partito o almeno una sua parte lasciasse il PD. In particolare si aspettava di sapere cosa avrebbero deciso Enrico Rossi, presidente della Toscana, Michele Emiliano, presidente della Puglia, e Roberto Speranza, deputato della parte cosiddetta “bersaniana” della minoranza del partito, che tutti e tre avevano annunciato nei mesi scorsi la volontà di candidarsi alla segreteria del partito, e con loro Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema, due storici dirigenti della sinistra italiana tra i più critici nei confronti di Renzi. Nonostante sia Rossi che Emiliano che Speranza fino a poco tempo fa chiedevano a Renzi di indire il congresso il prima possibile – soprattutto quando sembrava che Renzi volesse portare il paese alle elezioni politiche prima della scadenza naturale del suo mandato di segretario – tutti e tre negli ultimi giorni hanno chiesto di non anticipare il congresso rispetto all’autunno, quando si sarebbe dovuto tenere se Renzi non si fosse dimesso da segretario, ufficialmente per il timore che si finisca per indebolire il governo Gentiloni.
Durante l’assemblea, per la minoranza ha parlato l’ex segretario Guglielmo Epifani, criticando le modalità con cui Renzi ha gestito la sua leadership e il rapporto con le componenti del partito in disaccordo con lui. Epifani non è stato molto attivo nella politica di queste ultime settimane e nel suo discorso non ha fatto esplicite richieste a Renzi e non ha annunciato l’uscita del partito in maniera chiara.
Bersani non intervenuto, ma nel corso dell’assemblea ha concesso un’intervista al programma In Mezz’ora, su Rai Tre. Emiliano è stato l’unico altro esponente della minoranza a intervenire. Il suo è stato un intervento a sorpresa, non concordato con gli altri leader della minoranza. Emiliano si è iscritto a parlare poco prima del suo intervento e ha fatto un discorso molto conciliante, in cui chiedeva a Renzi di fare un ultimo tentativo di evitare la scissione. È sembrato emozionato e ha detto di avere fiducia in Renzi e nella sua capacità di evitare lo scontro. Il giorno prima, Emiliano aveva usato toni molto più combattivi in un’assemblea con Rossi e Speranza (il deputato Giacomelli, che ha parlato subito dopo, si è detto contento di parlare «dopo il sosia di Emiliano»). Emiliano probabilmente si aspettava una replica di Renzi al termine dell’assemblea, che però non è arrivata.
L’intervento imprevisto di Emiliano ha gettato nella confusione molti tra giornalisti e delegati del PD e alcuni hanno iniziato a chiedersi se la scissione non stesse rientrando, complice anche la scarsa chiarezza delle dichiarazioni dei leader della minoranza che si erano succedute nel corso della giornata. Poche ore dopo l’assemblea, però, Rossi, Emiliano e Speranza hanno pubblicato un comunicato congiunto in cui accusano Renzi di aver provocato la scissione nel partito, dandola per già avvenuta. Sembrerebbe quindi che tutti e tre abbiano deciso di abbandonare il PD, ma agonie e tentennamenti durano da giorni quindi è ancora tutto incerto. Questa mattina i giornali parlano giù del possibile nome che avrà la nuova formazione e il numero di parlamentari sui quali può contare. Restano però ancora molte incognite, la prima è cosa deciderà di fare il presidente della Puglia Emiliano.
«Anche oggi nei nostri interventi in assemblea c’è stato un ennesimo generoso tentativo unitario. È purtroppo caduto nel nulla. Abbiamo atteso invano un’assunzione delle questioni politiche che erano state poste, non solo da noi, ma anche in altri interventi di esponenti della maggioranza del partito. La replica finale non è neanche stata fatta. È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima»
Lorenzo Guerini, vicesegretario del PD, ha detto che di essere «esterrefatto ed amareggiato per la presa di posizione di Emiliano, Rossi e Speranza. Chiunque abbia seguito il dibattito della assemblea nazionale si è potuto rendere conto che esso andava in tutt’altra direzione, intervento dopo intervento. Segno che questa presa di posizione, del tutto ingiustificata alla luce del confronto odierno nel Pd, era evidentemente una decisione già presa».
Durante l’assemblea non hanno parlato altri dirigenti del partito a nome di chi minaccia di andarsene, né quelli che minacciano di andarsene; tra gli altri interventi, sono stati particolarmente applauditi quelli di Teresa Bellanova e Walter Veltroni, primo segretario del Partito Democratico.
Probabilmente si saprà qualcosa martedì, quando è stata convocata una riunione della direzione nazionale che, a sua volta, convocherà una commissione incaricata di stabilire le regole del congresso. Non si sa ancora quando si svolgeranno le primarie, ma si parla del 7 maggio. Renzi vuole che siano prima delle elezioni amministrative e dei referendum del prossimo giugno, mentre la minoranza in questi giorni ha chiesto più tempo: ma a questo punto non è chiaro nemmeno cosa si intende per “minoranza”, visto che alcuni suoi dirigenti minacciano di andarsene e non è ancora chiaro quanti e chi li seguiranno.
Fonte: Il Post
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